«I tre mesi più difficili da quando è stata costituita Walgreens Boots Alliance». E’ il commento con cui Stefano Pessina, executive vice chairman e ceo di Wba, ha accompagnato i dati finanziari del suo gruppo alla chiusura del secondo trimestre dell’anno fiscale 2019, che in Usa coincide con il primo trimestre dell’anno solare: anno su anno le vendite aumentano del 4,6% e raggiungono i 34,5 miliardi di dollari, ma il risultato operativo (differenza tra ricavi e costi) cala del 23,3% a 1,5 miliardi e il risultato operativo rettificato (cioè depurato delle variazioni di natura straordinaria) diminuisce del 10,4%, a 1,9 miliardi. Segno meno anche per l’utile azionario, che si riduce dell’8,3% a 1,24 dollari per titolo e lascia prevedere per la fine dell’anno fiscale una crescita «sostanzialmente piatta, a tassi di cambio costanti».
Dietro a questi numeri, ammette Walgreens e confermano gli analisi di mercato, ci sono le difficoltà del mercato consumer health (cioè il senza ricetta) in Usa e nel Regno Unito e, ancora negli Stati Uniti, le pressioni delle assicurazioni sanitarie sui rimborsi dei farmaci con ricetta, legate anche ai prezzi dei generici che calano meno del previsto. «Eravamo al corrente di queste evoluzioni e avevamo già messo in campo le contromosse» ha ammesso il tycoon italiano «ma la nostra risposta non è stata abbastanza rapida a fronte delle condizioni del mercato».
Il riferimento, dicono agli osservatori, è alle partnership che Wba ha stretto in questi mesi con alcuni gruppi di prestigio come Microsoft o Kroger (la catena americana di alimentari): le intese rimangono promettenti, ma daranno frutti (cioè ricavi) soltanto nel tempo mentre la pioggia è già oggi. Occorrono dunque altre contromisure e il comunicato con cui il gruppo ha ufficializzato i risultati del secondo trimestre ne elencano già diverse. E per i farmacisti titolari italiani è senz’altro una lettura interessante.
Innanzitutto ci saranno un robusto ridimensionamento dei costi (1,5 miliardi di dollari all’anno anziché il miliardo preventivato) e l’ottimizzazione della rete dei punti vendita, che significa in soldoni taglio di posti di lavoro e chiusura di esercizi. Nel Regno Unito – dove Wba ha registrato vendite in calo del 2,3% nel comparto retail e dell’1,5% nell’area farmacia – se l’aspettavano già: a febbraio, infatti, Boots aveva annunciato 350 licenziamenti negli uffici del quartier generale di Beeston e la chiusura delle sue farmacie meno redditizie, in base a un piano che non ha sorpreso gli addetti ai lavori: il format della catena inglese, ha detto qualcuno, non offre più motivi convincenti ai consumatori per entrare e spendere soldi, molti punti vendita sono sovraffollati e poco attraenti. Tra gli esperti, inoltre, c’è che ha fatto notare che nel Regno Unito la concorrenza nel beauty di supermercati e specializzati si è fatta serrata, e diverse insegne hanno puntato su interazione e social media per agganciare il consumatore omnicanale.
Forse anche per questo, un altro fronte dove Wba dice di voler accelerare fin da subito è quello delle strategie digitali. Viene da pensare a quanto diceva Ornella Barra, co-chief operating officer di Wba, alla convention Alphega di Montecarlo di metà marzo: Amazon non deve far paura alla farmacia, il cliente-paziente cercherà sempre il contatto umano. Ora invece, il gruppo ammette che tra i motivi della defaillance ci sono i suoi ritardi nella “digital trasformation”. Proprio negli stessi giorni in cui il suo acerrimo concorrente – Cvs Pharmacy – annuncia il lancio di un nuovo servizio celere di recapito a domicilio dei farmaci con ricetta, entro la giornata, in circa seimila punti vendita del gruppo. Ed è di Cvs Pharmacy anche Health Hub, il nuovo format “farmacia+retail clinic” lanciato in via sperimentale un mese fa. Sembra il futuro, visto che ora anche Walgreens annuncia nuove iniziative in partnership per «lo sviluppo dei nostri store come centri per la salute, ridisegnando l’offerta retail».
Ce n’è di che riflettere anche per i farmacisti titolari di casa nostra.
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Ciò cui fa riferimento Pessina – e che invita i farmacisti italiani a osservare con attenzione le difficoltà è quella complessa trasformazione che spesso viene frettolosamente etichettata con l’aggettivo “digitale”: