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Vetrine digitali: in Italia le hanno circa 1.200 farmacie, oltre la metà di catene. Ma il mercato promette

Filiera

Vuoi la diffusione delle catene, vuoi la contaminazione di esperienze da altri format del retail, fatto sta che capita sempre più spesso di imbattersi in farmacie che alle vetrine non mettono più espositori o vetrofanie grandi come lenzuola ma monitor e ledwall. Siamo nel campo del cosiddetto “dooh”, digital out of home, ossia l’insieme delle tecnologie e dei servizi per l’advertising in zone ad alto traffico come aree urbane pedonali, stazioni e aeroporti, strade, centri commerciali, ristoranti, palestre e, appunto, vetrine dei negozi. I numeri riferiscono in effetti di un mercato in ascesa, con investimenti che a livello globale dovrebbero raggiungere i 34 miliardi di dollari entro il 2025 (fonte Market Insights Reports) e scalzare quindi l’advertising outdoor tradizionale. Anche le farmacie daranno un contributo, visto che oggi sono più di 24mila in tutto il mondo gli esercizi farmaceutici che utilizzano sistemi dooh.

E in Italia? Come si sarà capito, siamo ancora ai primi passi: secondo un censimento di Bluway, media agency del settore farmaceutico che lavora con alcune delle principali insegne del canale, sono oggi circa 1.200 le farmacie che fanno advertising digitale, poco più della metà appartenenti a una catena oppure organizzate in un network: soltanto per citare le principali, Cef – La farmacia italiana conta 310 monitor, Lafarmaciapunto 187 (tra monitor e ledwall, più grandi), Farmacie Italiane 54 (ledwall), Lloyds-Benu 60 (monitor e ledwall). «Il censimento» spiega a Pharmacy Scanner Mauro Pichierri, founder di Bluway – Open network 4.0 «si basa su dati che arrivano direttamente dalle stesse reti e sono state condivise con agenzie, concessionarie pubblicitarie di settore, direttori marketing e retail e addetti ai lavori».

 

Censimento Bluway: Cef l’insegna di farmacia che fa più “dooh”

 

L’immagine che se ne ricava, come detto, è quella di un mercato ancora ai primi passi ma promettente, che procede sulla spinta soprattutto di network e catene. «Anche se» avverte Pichierri «attualmente si contano circa 580 farmacie non organizzate che utilizzano strumenti dooh. La differenza tra loro e le insegne sta principalmente nella rilevazione dell’audience e nella programmazione dei contenuti: monitor e ledwall utilizzati da Cef, Lafarmaciapunto, Farmacie Italiane e altri dispongono di videocamere e software professionali dedicati che contano il pubblico di passaggio e quindi misurano la “pedonabilità”, ossia l’audience dei messaggi pubblicitari, le vetrine digitali delle farmacie non organizzate invece non raccolgono, al momento, questi dati. L’altra differenza è data dal programmatic: le insegne mettono a disposizione alcuni slot in modalità “open deal” all’interno dei propri palinsesti, dove è possibile quindi pianificare i flight pubblicitari pubblicitari dei brand in base a una griglia che si rinnova ogni 14 giorni e prevede mediamente 220 passaggi giornalieri; le farmacie che non sono organizzate sotto un’insegna, invece, propongono usualmente contenuti non programmatic, nella modalità “private deal”». Quest’ultima è una modalità di pianificazione che ha per destinataria una sola rete di farmacie; l’open deal invece è per chi vuole programmare nei palinsesti dooh di più network contemporaneamente.

Ovviamente, queste differenze hanno il loro peso: con le loro immagini in movimento e la retroilluminazione, monitor e ledwall attirano l’attenzione molto più di vetrofanie e cartelloni, ma gli inserzionisti vogliono comunque misurare il traffico sul marciapiede (le Ots, la pedonabilità, gli accessi nei pdv, ossia la platea raggiungibile) e disporre di palinsesti nei quali pianificare le uscite. Attenzione però a non arrivare alla conclusione che il digital out of home sia cosa soltanto per le farmacie (e i negozi) dei centri commerciali o delle grandi città. «Anche una farmacia rurale può servirsi della vetrina digitale» osserva Pichierri «magari con un’attenzione più specifica per campagne di educazione o di informazione sulla salute, oppure per pubblicizzare i servizi sanitari disponibili sul territorio. Anzi, ritengo che nel futuro prossimo le vetrine digitali saranno uno dei canali più efficaci per la cosiddetta disease awareness, l’informazione sulle patologie».

L’equazione insomma è chiara: più monitor, più campagne d’informazione, più advertising e quindi più ricavi per i circuiti che dispongono di vetrine digitali nelle loro farmacie. Anche se, al momento, il mercato italiano è ancora “acerbo” e non vale più di circa due-tre milioni di euro all’anno. «Ma il potenziale» assicura Pichierri «è enorme».

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