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Vaccinazioni in farmacia, vinta la scommessa. Ma troppe difformità tra regioni per scelte della politica

Filiera

Ora ci sono anche i numeri a confermare: prova vaccinazioni superata a pieni voti per la farmacia italiana, che nel 2023 ha assicurato poco meno di un quarto delle dosi di vaccini covid somministrate complessivamente nel nostro Paese e nella prima parte di quest’anno si avvicina a quasi un terzo. Il bilancio arriva dai dati che Andrea Siddu, funzionario della Direzione generale prevenzione sanitaria del ministero della Salute, ha mostrato la settimana scorsa a Milano, al convegno organizzato dall’Accademia lombarda di sanità pubblica per parlare appunto di vaccinazione in farmacia: se nel 2021 i presidi dalla croce verde hanno somministrato in totale solo l’1,9% delle dosi (comprensibilmente, visto che l’accordo quadro è stato firmato da Ministero, Aifa e farmacie soltanto alla fine di marzo e a seguire ogni Regione ha dovuto procedere al recepimento), nel 2022 tale quota è già salita al 7,9%, l’anno dopo è schizzata al 23,% e quest’anno viaggia sopra il 30%.

 

Vaccinazioni covid, le somministrazioni nelle farmacie in % sul totale

Fonte: elaborazione Pharmacy Scanner su dati ministero della Salute. In giallo i valori sotto la media nazionale dell’anno

 

Ma i numeri del dicastero lasciano chiaramente trasparire anche un’altra evidenza: anche in questo caso come già per altre prestazioni della farmacia dei servizi, le medie nazionali nascondono valori di dettaglio molto lontani tra loro. E se in alcune Regioni le farmacie sono diventate nel tempo la colonna portante della vaccinazione contro covid, in altre le somministrazioni neanche sono partite. Eloquente la tabella con cui Pharmacy Scanner ha rielaborato i dati del Ministero, dove per ogni anno le regioni vengono messe in ordine decrescente per quota di vaccinazioni effettuate nelle farmacie del territorio: messo da parte il primo anno di rodaggio (il 2021), nei tre anni successivi il terzetto di testa resta invariato, con Liguria, Lombardia e Marche a svettare su tutte le altre.

Dall’altra parte dell’elenco, si ripete di anno in anno pressoché invariato anche il gruppo delle regioni/province autonome dove la vaccinazione in farmacia è rimasta al palo: Trento, Bolzano (che però quest’anno balza a metà classifica), Basilicata, Molise e Sardegna, cui si aggiunge la Val d’Aosta per gli ultimi due anni. Ma lasciano anche stupiti le prestazioni non proprio esaltanti dell’Emilia Romagna (dove le vaccinazioni in farmacia si fermano al 5,9% del totale nel 2023 e al 12,8% nel 2024) e della Toscana (4,6 e 7,2% nei due anni). Più in generale, rispetto alla media complessiva del 23% stanno sotto ben diciassette regioni, nel 2024 sedici.

L’obiettivo di queste statistiche, ovviamente, non è quello di dividere  la proverbiale lavagna tra buoni e cattivi. È evidente, però, che se si vorrà far crescere ulteriormente la vaccinazione in farmacia anche nelle stagioni che verranno (in particolare l’antinfluenzale, che in questo primo anno ha visto passare dai presidi con la croce verde solo il 5% delle somministrazioni totali) occorrerà lavorare innanzitutto nelle regioni dove i risultati sono rimasti sotto la media. E capire che cosa non ha funzionato o ha funzionato meno delle attese.

Diventa allora cosa buona e utile andare a dare un’occhiata là dove invece le farmacie hanno “macinato” dosi per provare a capire quali condizioni ambientali o quali scelte organizzative hanno contribuito ai numeri che ritroviamo nella tabella del Ministero. E la prima tappa non può che essere la Liguria, la regione dove non solo le farmacie hanno cominciato a vaccinare per prime (quando ancora l’accordo quadro nazionale non era stato firmato) ma anche l’unica ad avere adottato l’originale soluzione del Punti vaccinali territoriali, che le farmacie (circa 50 le prime ad aderire, 170 a regime) potevano istituire all’interno dei loro locali o in sedi distaccate, da sole o associandosi ad altre farmacie. E con le vaccinazioni affidate materialmente a medici inquadrati in regime libero-professionale. «Non credo che la scelta di far vaccinare i medici sia stata quella cui va ascritto il successo della campagna covid nella nostra regione» dice a Pharmacy Scanner Francesca Massa, direttore generale di Federfarma Liguria «anche perché con il tempo, man mano che i farmacisti completavano la formazione, il numero dei medici vaccinatori si è ridotto. Anche se, almeno all’inizio, la loro presenza ha senz’altro contribuito a rendere gli assistiti consapevoli della possibilità di vaccinarsi pure in farmacia».

Massa, piuttosto, individua nella digitalizzazione e nel sostegno delle autorità regionali le due molle che hanno fatto decollare i numeri della campagna ligure. «Fin dall’inizio abbiamo trovato davanti a noi un interlocutore pubblico che credeva nelle potenzialità della farmacia e ci ha messo nelle condizioni di lavorare» osserva Massa «il presidente Toti, in particolare, ha spesso ripetuto di voler fare perno sulla farmacia per agevolare l’accesso dei cittadini alle prestazioni del servizio sanitario regionale». Rientra in questa collaborazione la scelta di inserire fin da subito le farmacie fornite di Punto vaccinale nel portale Prenoto Liguria. «Siamo stati subito messi accanto ad hub e strutture vaccinali» sottolinea Massa «così gli assistiti potevano trovare velocemente giorni e orari per loro più comodi. Per Federfarma regionale e le associazioni provinciali è stato un lavoro consistente, perché siamo noi che ogni 15 giorni inviamo a Liguria Digitale gli slot messi a disposizione dalle singole farmacie, però questo ha sicuramente agevolato le prenotazioni in farmacia».

Dà da pensare che la stessa inclusione nelle agende digitali del sistema sanitario sia avvenuta in Lombardia: «Pur avendo messo in piedi un consistente numero di hub vaccinali» spiega a Pharmacy Scanner Giampiero Toselli, segretario di Federfarma Lombardia «la Regione ha comunque voluto avvalersi anche delle farmacie del territorio nella consapevolezza che la prossimità che assicurano queste ultime non la garantisce nessun’altra rete». Anche per Toselli, dunque, a fare la differenza è innanzitutto il livello politico. «Forse» osserva «non si dovrebbe andare a vedere che cosa ha funzionato in Liguria e Lombardia, perché direi che in entrambi i casi le cose sono semplicemente andate come dovevano andare: siamo stati chiamati, sono stati definiti di comune accordo protocolli e regole e le farmacie hanno dato il loro contributo. Piuttosto, allora, andrei a vedere quali sono i motivi per cui altrove si è vaccinato molto di meno. È stato forse perché lì il livello politico ha dimostrato di credere poco nelle farmacie? Si è ritenuto che bastassero hub e strutture vaccinali pubbliche? E che dire dei costi, considerato che – come ci hanno ripetuto più volte i funzionari della nostra Regione – vaccinare in farmacia costa nettamente meno che vaccinare in ospedale?».

E allora andiamo a bussare alla porta di Achille Gallina Toschi, componente del consiglio di presidenza di Federfarma e presidente dell’Unione regionale dell’Emilia Romagna: «Per prima cosa vorrei sottolineare l’ottimo risultato che le farmacie conseguono a livello nazionale» dice a Pharmacy Scanner «siamo riusciti a mettere in pochi anni a regime un servizio che, non dimentichiamolo, è partito nel pieno della pandemia. Quanto ai numeri della mia regione, non bisogna dimenticare che siamo una delle regioni più efficienti per servizi sanitari, con una rete di case della salute molto sviluppata e ospedali finanziati e strutturati. Fin dall’inizio, così, alle farmacie è stato affidato un ruolo più di qualità che di quantità: agli hub vaccinali il grossi delle somministrazioni, a noi la copertura di quelle nicchie di popolazione che per fragilità o per resistenze culturali si faceva fatica a vaccinare. Obiettivo raggiunto, ma come detto il grosso l’hanno fatto altre strutture. Ora cercheremo in incrementare i nostri numeri con le vaccinazioni che a breve si aggiungeranno grazie al ddl Semplificazioni, come l’herpes zoster. Ma resta il fatto che ci dobbiamo confrontare con una regione che di suo è molto più organizzata della media del Paese». La questione costi, visto che per gli anni a venire si prevede un calo dei finanziamenti al Fondo sanitario, potrebbe giocare a favore delle farmacie.

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