Mi permetto una provocazione: dopo tanti anni trascorsi a scrivere di farmacia, ho maturato la convinzione che ai farmacisti una cosa soltanto non difetta, l’autoreferenzialità. Domina la tendenza a preferire l’opinione di chi fa parte di questo mondo piuttosto che quella di chi guarda da fuori. Anche se tutti siamo convintissimi che osservare da un’altra prospettiva sia sempre esercizio utile e giusto. Per questo, quindi, voglio riportarvi alcune osservazioni di un mio collega giornalista ben noto al mondo del marketing e della grande distribuzione: Luigi Rubinelli, fondatore del magazine Mark Up e oggi direttore responsabile di RetailWatch.
Da anni attento osservatore dei fenomeni che muovono il Largo consumo, Rubinelli ha pubblicato un articolo in cui recensisce il nuovo flagship store milanese di Walgreens Boots Alliance, la farmacia di viale Fulvio Testi. Lo abbiamo fatto anche noi di Pharmacy Scanner alcune settimane fa, con un servizio che raccoglieva i pareri di alcuni addetti ai lavori (Posa, Pacenti e Scavone) e ha avuto letture record. Quello di Rubinelli, però, è un parere in più che merita di essere registrato, perché viene da un punto di osservazione esterno che – come si dice in questi casi – rovescia la prospettiva, scruta la farmacia da un punto di osservazione inusuale.
E che dice Rubinelli? Il mio consiglio è di andare a leggervi il suo pezzo, qui mi permetto soltanto di evidenziare un passaggio: «nell’ultimo decennio» scrive Rubinelli «(le farmacie) si sono trasformate e hanno introdotto il beauty e l’extrafarmaco senza una strategia vera e propria. Complici consulenti e fornitori e grandi multinazionali, che hanno riempito di merce le farmacie quasi a casaccio: serviva invece un progetto preciso per ciascuna farmacia, per il suo singolo layout e per i suoi display. Allora sarebbe stato possibile un percorso di sopravvivenza nel caso fossero entrate le grandi catene. Che, alla fine, sono entrate». Che dite, ne vogliamo parlare?