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TradeLab: prima urgenza della fase 2, rinsaldare il rapporto con il cliente

Consumatore

Quasi tre mesi di lock down da covid, in cui i farmacisti hanno dovuto lavorare in condizioni di quasi perenne emergenza per assicurare da un lato la continuità delle forniture e dall’altro la sicurezza di collaboratori e assistiti, hanno sottoposto l’abituale rapporto fiduciario tra professionista e cliente a un logorio che ora sta facendo sentire i suoi effetti. Li misura, con la consueta lucidità, il terzo aggiornamento dell’indagine firmata da Metrica Ricerche per TradeLab con l’obiettivo di esplorare comportamenti e opinioni degli italiani in piena epidemia.

Rispetto ai due precedenti sondaggi (effettuati tra il 7 e il 9 marzo e tra il 28 e il 30 dello stesso mese), quest’ultimo rimanda l’immagine di una farmacia che, con l’avvio della fase 2, avrà bisogno di lavorare soprattutto sulle paure e sul bisogno di sicurezza delle persone. L’evidenza emerge da alcune delle risposte fornite dal campione (mille individui tra i 18 e i 65 anni, contattati tra il 9 e l’11 maggio con metodologia Cawi) ad alcune delle domande di Metrica Ricerche: l’affermazione che «la farmacia è stata per tutto il lock down un luogo dove trovare professionisti affidabili cui rivolgermi», per esempio, trova molto o del tutto d’accordo poco meno del 40% degli intervistati. «Il valore è senz’altro positivo» commentano gli autori della ricerca «ma è comunque inferiore alle attese e alla storica “reputation” del canale». Se non altro, la media varia sensibilmente in base all’età del campione: tra i baby boomers (over 56) è molto o totalmente d’accordo il 51% dei rispondenti, tra i 46-55enni (generazione X) il 41%, tra i millennials (26-45 anni) il 35%, tra i 18-25enni (generazione Z) il 31%.

 

 

Invitano a riflessioni ancora più urgenti le risposte offerte dal campione in tema di sicurezza: un italiano su quattro (il 25%, ma tra i baby boomers scende al 23%) è molto o del tutto d’accordo con l’affermazione che «frequentare la farmacia aumenta il rischio di contagio». E’ vero che poco più di un altro quarto degli intervistati (il 26%) risulta di avviso diametralmente opposto, ma non c’è dubbio che la consistenza del primo gruppo è un invito per la farmacia «a mettere in atto interventi pratici e di comunicazione, finalizzati a rassicurare i consumatori e a ripristinare in modo completo lo storico rapporto fiduciario».

 

 

Il dato, peraltro, non va letto come un segnale di diffidenza nei confronti del farmacista e della sua farmacia: all’affermazione dei sondaggisti che le farmacie «hanno attuato tutte le procedure per garantire la sicurezza dei clienti», il 56% del campione replica dicendosi molto o del tutto d’accordo (tra gli intervistati del Centro-sud l’incidenza supera il 60%, tra i baby boomers sale al 64%). L’impressione, in altri termini, è che non si tratti di sfiducia generata da mancanze o superficialità del farmacista, quanto piuttosto dal fatto che – forse – covid ha rispolverato la vecchia associazione tra luogo (la farmacia) e persone che la frequentano (i malati).

 

 

Quei segnali di logoramento di cui si diceva in apertura si avvertono anche nelle valutazioni degli italiani sull’efficienza logistica della filiera farmaceutica. Infatti, l’affermazione secondo la quale «nel periodo di chiusura delle attività la farmacia è stata un luogo dove recarmi per i medicinali di cui non posso fare a meno e prodotti per la mia sicurezza» trova del tutto o molto d’accordo soltanto il 43% degli intervistati (meno di uno su due, ma tra i baby boomers salgono al 52% e nella X-Generation al 46%).

 

 

L’effetto di questa recuperata associazione tra farmacia e malattia (in fondo la stessa cosa è capitata agli ospedali, dove molti malati non covid hanno rifiutato ricoveri ordinari e visite) potrebbe spiegare anche la reazione non proprio “entusiastica” degli intervistati all’affermazione secondo la quale le farmacie sono uno dei possibili luoghi dove effettuare test e tamponi: soltanto il 46% si dice molto o del tutto d’accordo con l’affermazione, mentre se a farli sono il medico di famiglia o il pediatra il consenso arriva al 56%.

 

 

Offre spunti di riflessione anche l’approfondimento che la ricerca dedica all’e-commerce: rispetto al precedente sondaggio del 28-30 maggio, aumenta di tre punti (dal 23 al 26%) la quota di coloro che promettono di incrementare gli acquisti online di prodotti della farmacia (ma al Nord l’incremento è addirittura di cinque punti). Forse, è un altra manifestazione indiretta di insicurezza alla vigilia della fine del lock down.

 

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