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Tassi d’interesse euro, settimo aumento (al 3,75%) dal 10 maggio. I consigli dei commercialisti

Mercato

E fanno sette: mercoledì prossimo, 10 maggio, la Banca centrale europea aumenterà un’altra volta i tassi d’interesse in area Euro, dal 3,5 al 3,75% (sulle operazioni principali di rifinanziamento). La decisione, come riferisce la stampa finanziaria, è legata ancora una volta all’andamento tendenziale dell’inflazione, che negli ultimi mesi ha mostrato sì un rallentamento ma non abbastanza da allentare la pressione sui prezzi. «Le prospettive dell’inflazione continuano a essere troppo elevate per troppo tempo» scrive in particolare la Bce «allo stesso tempo gli aumenti dei tassi già adottati si stanno trasmettendo con forza alle condizioni finanziarie e monetarie dell’area dell’euro, mentre i ritardi e la forza della trasmissione all’economia reale rimangono incerti».

 

Costo del denaro, sei aumenti in nove mesi

Data Aumento punti base Tasso d’interesse risultante
21 luglio 2022 50 0,5%
8 settembre 2022 75 1,25%
27 ottobre 75 2%
15 dicembre 2022 50 2,5%
2 febbraio 2023 50 3%
16 marzo 2023 50 3,5%
10 maggio 2023 25 3,75%

 

Come detto, quello che scatterà mercoledì sarà il settimo intervento della Bce in 10 mesi, dopo anni di tassi negativi. Si tratta di un’escalation senza precedenti nella storia della moneta europea, che ha riportato il costo del denaro a livelli che non si vedevano dal 2008. Ancora una volta, gli effetti più vistosi si sentiranno sui mutui a tasso variabile e dunque il consiglio che arriva dagli esperti è quello di aggiornare valutazioni e analisi. «Occorrerà che le farmacie aggiornino le riflessioni sugli investimenti a venire già fatte in concomitanza con i precedenti aumenti» è il parere del commercialista Arturo Saggese «il che non significa che non si possa più investire, ma che i progetti vadano rivalutati in modo più prudenziale». Quanto a mutui e prestiti già accesi, continua Saggese, «il consiglio è di parare il colpo lavorando sulle voci del bilancio, per incrementare i ricavi – magari da attività che finora sono state poco considerate – oppure ridurre i costi». «Questi aumenti dei tassi d’interesse» osserva dal canto suo il commercialista Vito Luna «vanno intesi dai farmacisti titolari come uno stimolo a governare le loro imprese con i numeri. A Cosmofarma ho visto farmacisti più proattivi e preparati, ma non tutti sono ancora consapevoli di quanto sia importante disporre un cruscotto che li aggiorni in tempo reale sulle performance delle loro aziende».

I commercialisti bolognesi Marcello Tarabusi e Giovanni Trombetta, invece, prevedono effetti diversi a seconda dello stato di salute delle singole farmacie: «Le imprese sane che non hanno fatto investimenti importanti non hanno nulla di cui preoccuparsi» spiegano «quelle sane ma con investimenti in corso, soprattutto se a tasso variabile, dovrebbero effettuare un controllo di sostenibilità e riesaminare il loro business plan. Infine, le farmacie fortemente indebitate anche a causa di inefficienza gestionale farebbero bene a rivolgersi a un professionista».

Analisi differenziata, infine, anche dal commercialista Nicola Brunello: «Chi non ha debito e si trova in una posizione privilegiata non ha da preoccuparsi. Chi ha debito ma a un livello corretto e ha fatto i compiti a casa negli anni scorsi, non prelevando tutta la capacità della farmacia, ora ha una riserva di potenza da cui attingere per gestire l’aumento del costo del denaro. Terzo caso, chi è troppo indebitato perché ha comperato recentemente indebitandosi oltre una soglia salutare, deve fare qualche riflessione in più monitorando in maniera maniacale le performance e facendosi aiutare ad analizzare scenari alternativi per evitare di andare in asfissia, magari cercando anche un socio se la situazione prospettica lo richiede».

 

 

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