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Carenza di personale, Survey Pharmacy Scanner-Profili: per i farmacisti remunerazione e orari indiziati principali

Secondo i farmacisti sono la retribuzione, data dai più per inadeguata, e un’organizzazione dei turni di lavoro che non si concilia con la vita privata i due principali fattori che rendono sempre più difficile per tante farmacie coprire gli organici. È quanto rivela la survey online “Farmacia, il problema è Personale”, lanciata da Pharmacy Scanner e Profili il 13 giugno con l’obiettivo di sondare collaboratori di farmacia, direttori e farmacisti titolari su dimensioni e cause del fenomeno. In due settimane hanno risposto al questionario di 15 domande 1.300 professionisti e gli esiti sono stati presentati venerdì scorso, 15 luglio, in un webinar organizzato con il contributo non condizionato di Eg Stada e Lafarmaciapunto (nel momento in cui scriviamo, il video ha già registrato più di duemila visualizzazioni sui profili Linkedin e Facebook di Pharmacy Scanner).

 

Il sondaggio: la stratificazione dei rispondenti

 

Il campione risultante è costituito per il 18,5% da titolari di farmacia, per l’11,5% da direttori, per il 7,6% da responsabili di catena (store manager o area manager) e per il 62,4% da farmacisti, collaboratori o liberi professionisti. I rispondenti, inoltre, risultano ben distribuiti per anzianità: il 21,9% dice di ricoprire la posizione attuale da tre anni o meno, il 25,2% da tre a sette anni, il 28,1% da sette a quindici anni e il 24,8% da più di 15 anni.

 

La prima evidenza: la farmacia ha davvero un problema di personale

 

La prima domanda del questionario ha cercato innanzitutto di misurare la rilevanza del problema e le risposte del campione fugano ogni dubbio: quasi l’80% dei rispondenti condivide moltissimo (54,3%) o molto (23,7%) l’affermazione che oggi per le farmacie fanno sempre più fatica a trovare collaboratori. «Sono numeri che parlano da soli» commenta Giulio Muro, head hunter di Profili e creatore della ricerca «è fuori di dubbio cioè che il problema è reale e non è soltanto un’opinione».

 

La seconda evidenza: remunerazione e orari le criticità più citate

 

Assodata la concretezza del fenomeno, è stato quindi chiesto al campione di mettere in ordine di rilevanza le cause che sono all’origine. A tale scopo è stata utilizzata la stessa scala da 1 a 5 della domanda precedente, dove uno sta per molto poco e cinque per moltissimo, e le risposte forniscono un quadro estremamente nitido degli orientamenti dei farmacisti. Per l’86% dei rispondenti (ossia la somma delle risposte di valore 4 e 5), all’origine del problema c’è innanzitutto la retribuzione inadeguata dei collaboratori di farmacia. Quindi seguono nell’ordine l’orario di lavoro che difficilmente si concilia con la vita privata o familiare (82,9%), l’esiguità delle prospettive di carriera e sviluppo professionale (81,4%), il mancato riconoscimento del ruolo sanitario del farmacista (80,6%), la debolezza della rappresentanza di cui gode la categoria ai tavoli di concertazione (80,1%), l’assenza – nel salario – di una parte variabile agganciata al raggiungimento di specifici obiettivi (76,2%) e via a seguire.

Ma quando parlano di salari inadeguati, a quali valori fanno riferimento i farmacisti? «In media» spiega Muro «si parte da un “entry level” che si aggira sui 26mila euro di Retribuzione annua lorda (Ral), ossia 1.450 netti per 14 mensilità; lo stipendio di un direttore di farmacia, invece, vale circa 40mila euro di Ral, ossia duemila euro netti al mese. Ma sono soltanto valori medi, perché ci sono farmacisti che hanno trattamenti migliori o peggiori».

Da non dimenticare che sul livello degli stipendi effettivamente offerti dalle farmacie incide parecchio il costo della vita: «Se il posto di lavoro che viene offerto è a Milano» ricorda Muro «è frequente l’aggiunta di un superminimo, se è in provincia il discorso cambia». In ogni caso i tassi di risposta (75,5% per la cinque e 10,5% per la quattro) dicono che il problema è reale. «Lo conferma la mia esperienza di recruiter» aggiunge Muro «la maggior parte delle ricerche per un’assunzione non si chiude a causa dell’offerta economica, che il candidato considera insufficiente». Questo però non significa che la colpa sia sempre di chi cerca: «I farmacisti non sono manager» avverte Muro «non conoscono il giro d’affari della farmacia con cui stanno trattando e non sono in grado di individuare qual è entro il quale è sostenibile un rilancio. E poi, non va dimenticato che lo stipendio giusto non lo decide né il titolare né il collaboratore, lo decide il mercato.

 

Analisi delle variabili: carriera e percorso professionale

 

La survey tocca un altro nervo scoperto quando affronta il tema delle prospettive di carriera: l’81,4% dei rispondenti è moltissimo o molto d’accordo con l’affermazione che individua nella mancanza di sviluppo professionale la causa delle attuali difficoltà in cui s’imbatte chi assume. «In questo caso le catene di farmacie risentono meno del problema» osserva Muro «perché hanno spesso strutture aziendali estese che consentono percorsi di crescita più ampi: il farmacista entra come collaboratore e se è bravo può diventare direttore, quindi area manager e poi salire ancora. Nel caso della farmacia indipendente le prospettive rischiano di essere ridotte, sovente si entra da collaboratore e si rimane tale. Anche in termini di competenze, manca spesso uno sviluppo né verticale né orizzontale: in sostanza, si rimane al banco e non si cresce».

 

Analisi delle variabili: esiguità della formazione offerta

 

Si può invece scartare l’ipotesi che tra le cause della carenza di personale ci sia un’insufficiente offerta di formazione da parte dei datori di lavoro: «Le risposte sono equamente distribuite su tutta la scala» osserva Muro «quindi non c’è un consenso polarizzato. D’altronde, le catene fanno formazione in proprio – molte insegne hanno sviluppato la loro academy – e le farmacie indipendenti sfruttano i corsi di aggiornamento organizzati dai loro network oppure la formazione proposta gratuitamente da fornitori e aziende produttrici».

 

Analisi delle variabili: mancanza di premi e incentivi

 

Anche la mancanza di una retribuzione variabile legata agli obiettivi è un tema sentito che però va calato nelle singole realtà: le catene di farmacie sono abituate a fissare premi e incentivi al raggiungimento di determinati obiettivi di vendita o performance, sia ai direttori sia ai dipendenti dei livelli sottostanti. «In una farmacia indipendente invece» spiega Muro «può essere più difficile farlo, perché è complicato individuare degli obiettivi che siano in linea con il suo ruolo di presidio sanitario».

 

Analisi delle variabili: insufficienza di laureati in farmacia

 

La survey ha il merito di sfatare un altro luogo comune: se è sempre più difficile assumere personale laureato non è perché ci sono pochi farmacisti: soltanto il 27% dei rispondenti è molto o moltissimo d’accordo con l’affermazione, rispetto alla quale gli scettici sono la netta maggioranza. «È vero che oggi è cresciuta la domanda di personale» osserva Muro «e quindi c’è dall’altro lato un’offerta inadeguata, ma di certo siamo di fronte a una variabile secondaria».

 

Analisi delle variabili: orari e turni

 

È fuor di dubbio, invece, che l’inconciliabilità di orari e turni di lavoro con la vita privata del farmacista sia – dopo la retribuzione – il problema più sentito: secondo la survey lo ritiene l’82,9% dei rispondenti, con un livello di adesione che va da moltissimo a molto. «Negli ultimi anni gli orari delle farmacie si sono sensibilmente estesi» ricorda Muro «e questo ha reso sempre più difficile conciliare lavoro e vita privata. Attenzione però, è anche legittimo chiedersi se nel 2022 sia ancora possibile permettersi di fare il farmacista senza lavorare nel week end: la concorrenza, anche extracanale, è cresciuta sensibilmente e oggi una farmacia non può più permettersi di restare chiusa nel week end».

Un altro tema diffusamente sentito è quello del welfare aziendale: per quasi il 60% del campione, l’assenza di benefit e bonus (come buoni spesa o benzina, abbonamenti o servizi) è uno dei motivi che rendono poco allettanti le offerte di assunzione delle farmacie. «Alcune aziende, le catene in particolare, hanno deciso di puntarci per rendere più attraente il trattamento economico» commenta Muro «ma va detto che non tutti i candidati sono in grado di cogliere il valore di un’offerta che allo stipendio aggiunge un programma di welfare aziendale».

La survey registra invece una sensibilità particolarmente diffusa su due temi di pertinenza sindacale: il fatto che il contratto di lavoro dei farmacisti di farmacia privata non rientri tra quelli del comparto sanitario è segnalato come un problema dall’80,6% dei rispondenti, mentre l’80,1% individua tra le cause delle attuali difficoltà di reclutamento una rappresentanza di categoria debole ai tavoli di concertazione. «È ovvio che stiamo parlando di fattori sui quali le singole farmacie non hanno alcuna possibilità di incidere» osserva Muro «possono però essere considerati un’ulteriore spiegazione del calante appealing che caratterizza oggi il lavoro in farmacia. Lo vedo nei colloqui di lavoro cui partecipo: il candidato non cambia posto di lavoro se le mansioni e lo stipendio sono gli stessi, né cambia se il contesto lavorativo è il medesimo».

 

Remunerazione e orari si confermano i due nodi prioritari

 

Ai candidati è stato chiesto allora di indicare i tre fattori sui quali, se potesse, inciderebbe per cambiare lo stato delle cose. Le risposte confermano la fotografia già scattata in precedenza: l’82% interverrebbe sulla retribuzione, il 61,8% sugli orari, il 43,8% sulle prospettive di carriera. In aggiunta, la survey ha invitato i partecipanti a formulare per esteso le loro proposte e i risultati offrono uno spaccato più che interessante delle sensibilità che caratterizzano le singole categorie.

 

Le soluzioni di titolari, catene e farmacisti collaboratori

 

«I titolari» spiega Muro «sono disponibili ad aumentare lo stipendio dei collaboratori ma solo se è qualcun altro a intervenire, il Ssn o lo Stato con il taglio del cuneo fiscale. La stessa disponibilità arriva dalle catene, che però si dichiarano pronte a metterci del loro in un’ottica manageriale, cioè incentivi (parte variabile dello stipendio), pacchetti di welfare, partecipazione agli utili. I farmacisti collaboratori, infine, chiedono il riconoscimento del ruolo sanitario, sviluppo professionale, riduzione degli orari di apertura».

Lo scoglio ineludibile, in ogni caso, resta la remunerazione. «I titolari devono rendersi conto che il lavoro in farmacia non ha più l’appeal di un tempo» conclude Muro «per accrescere l’appetibilità occorre lavorare sulla leva economica, anche se negli ultimi anni le farmacie hanno visto peggiorare la loro marginalità. C’è bisogno di un’altra mentalità, e non da oggi».

 

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