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Sorpresa, Amazon è un influencer che ispira anche il cliente offline

Consumatore

Dici “Amazon” e pensi “e-commerce”, ma la verità è che il colosso guidato da Jeff Bezos è molto di più: sì certo, è il dominatore incontrastato del commercio elettronico (nel 2016 ha calamitato il 35% degli acquisti online degli americani) ma per la grande maggioranza dei consumatori è anche uno straordinario catalogo da sfogliare per mettere a confronto prodotti, informarsi, comparare prezzi. Al punto che, negli Usa, parecchie aziende propongono i loro prodotti sulla piattaforma di Bezos per spingere non le vendite online, che interessano solo marginalmente, ma quelle nei negozi fisici, cioè le vendite offline. Ed è una strategia che anche le aziende e i retailer italiani dovrebbero cominciare a considerare, perché i consumatori di casa nostra usano sempre più spesso Amazon allo stesso identico modo.

A rivelarlo una ricerca condotta da Find, agenzia milanese di Search & performance marketing, in collaborazione con Duepuntozero Doxa su un campione di circa 500 individui, rappresentativo degli utenti maggiorenni settimanali di internet per età, quote di sesso, area geografica e istruzione. L’evidenza che emerge dall’indagine è netta: Amazon non è soltanto il sito di commercio elettronico più frequentato dagli italiani (9 connazionali su 10 acquistano online sulla sua piattaforma, secondo i dati di PwC1), ma è anche un motore di ricerca che influenza sempre più spesso gli acquisti, a prescindere a dove poi viene completata la transazione: su altri siti di e-commerce oppure in un negozio fisico sul territorio. Detto in termini più tecnici, Amazon è ormai un “influencer” delle ricerche di prodotto, un ruolo nel quale il colosso di Seattle è ormai entrato in competizione diretta con un altro gigante del web, Google.

I dati non lasciano dubbi: per quasi il 77% degli italiani che navigano, una ricerca su Amazon è ormai parte del processo di acquisto. Google segue distaccato di quasi 10 punti percentuali, ma attenzione: quando vuole saperne di più su un prodotto, il 50% dei consumatori online visita comunque entrambi i portali, spesso per cercare nell’uno riscontri o approfondimenti su quanto trovato nell’altro.

 

 

Per un canale, come la farmacia, frequentato in prevalenza da clientela anziana è interessante anche un’analisi dei comportamenti per fascia d’età: grazie forse alla semplicità d’uso che lo contraddistingue, Amazon è più spesso un riferimento per i navigatori 55-64enni, tra i quali eBay finisce addirittura per fare concorrenza a Google.

 

 

La ricerca, poi, rivela che Amazon non è soltanto leader indiscusso del cosiddetto “ultimo miglio”, ossia il tratto di percorso che copre il consumatore quando ha deciso il “che cosa” comprare e deve scegliere il “dove”. Lo è anche nelle altre fasi del percorso d’acquisto, in particolare quando le idee sono ancora poco chiare e conta molto la capacità di scoperta. Per il 91% degli italiani che navigano, in particolare, Amazon è utile (o molto utile, 43%) nella fase di ricerca, per l’87% nella fase di valutazione e confronto e per il 93% (la quota più alta) quando si parla di acquisti.

 

 

Ma quali sono le informazioni che gli italiani cercano su Amazon? La prima leva è ovviamente il prezzo: Amazon, d’altronde, si è costruita la propria reputazione giusto sui prezzi e dunque il suo listino è ormai un riferimento. Soprattutto per le donne e gli anziani, dice la ricerca di Find, perché gli uomini e i giovani invece tendono a prestano maggiore attenzione ad altre informazioni, come le schede tecniche dei prodotti o le recensioni. E anche questa è un’evidenza degna di riflessione: anziché andare a cercare sui siti dei produttori, gli italiani preferiscono consultare i dati tecnici su Amazon. Il perché è ovvio: «se c’è una cosa che Amazon, da sempre orientata al cliente in maniera quasi maniacale, ha capito» ricorda la ricerca «è che per vendere online occorre rispondere a qualsiasi domanda che il possibile acquirente potrebbe farsi, esplicita o implicita». Di qui la scelta di Amazon di accompagnare le pagine dei prodotti in vendita con schede sempre molto dettagliate, nelle quali gli stessi acquirenti completano l’opera con recensioni sempre seguitisime. E’ un’attenzione che molti altri player faticano a comprendere, oppure non fanno con la giustificazione che «produrre contenuti costa».

 

 

Ovviamente il ruolo di “influencer” che ormai Amazon esercita sui consumatori italiani non ha lo stesso peso in tutte le categorie merceologiche: come conferma la ricerca, è preponderante nell’elettronica di consumo (tv, smartphone, informatica) dove recensioni, valutazioni e prezzo hanno un’importanza speciale nei processi di acquisto. Nei segmenti dove invece il gruppo di Jeff Bezos è concorrente diretto della farmacia – prodotti per la cura della persona e cosmetici, in particolare – la capacità di attrarre è decisamente inferiore (tra il 20 e il 30% delle risposte fornite dal campione, vedi grafico sotto). Anche in questo caso, però, a visitare non sono solo coloro i quali hanno intenzione di acquistare sulla piattaforma: chi poi effettivamente lo fa non è più dell’8-12% del campione (a seconda che si tratti di cosmetici o prodotti di personal care).

 

 

Più in generale, dice la ricerca, oltre il 60% delle italiane e quasi il 70% degli italiani ha effettuato negli ultimi sei mesi acquisti per i quali sono state cercate informazioni su Amazon ma poi il prodotto è stato materialmente comprato su un alto sito di commercio elettronico oppure in un negozio.
L’omnicanalità, in altri termini, rappresenta per molti negozi e catene un vantaggio competitivo importante. E non è poco, visto che ormai oltre la metà degli italiani, con una leggerissima prevalenza degli uomini, usa lo smartphone in negozio per informarsi su ciò che vorrebbe acquistare: quasi il 30% del campione ammette di farlo spesso, il 38% circa lo fa ogni tanto e meno del 15% dice di non farlo mai. E tra chi adotta questa modalità di comportamento “omnichannel”, Amazon è per la maggioranza del campione uno dei siti da consultare per informazioni e confronti.

 

 

A quali riflessioni invita dunque la ricerca? Come scrivono gli autori, i dati non devono essere letti come un impellente invito ad andare su Amazon: «Essere presenti o meno sul portale, nel marketplace o come fornitori, è una scelta che un produttore o un rivenditore dovrebbero pesare molto attentamente, valutandone i pro e i contro nel breve ma, soprattutto, nel medio e lungo periodo». La sola presenza, in particolare, da sola non è sufficiente: occorre essere trovati, occorre essere rilevanti, avere il giusto prezzo e, soprattutto, occorre avere sempre le idee chiare su quali siano gli obiettivi che si vogliono perseguire.

In particolare, avverte Find, «è importante comprendere dove si inserisca Amazon, e quale ruolo rivesta, in un percorso di conversione che presenta molteplici punti di contatto, on- e offline, tra utente e marca. Quindi capire quale tipo di informazioni i consumatori cerchino su Amazon e comprendere come intercettarli». Ovviamente, dirottare fuori dall’ecosistema utenti potenzialmente interessati a comprare su Amazon  non è così semplice. «È quasi più semplice fare in modo che vadano ad acquistare offline piuttosto che su un altro sito.

Cosa che, come già evidenziato, in realtà già oggi avviene, ragion per cui molte catene di negozi sono su Amazon proprio per portare poi utenti ai punti vendita, più che per vendere direttamente online. Il tutto cercando di cogliere la predisposizione all’azione di chi visita Amazon: si tratta di persone già in modalità d’acquisto, che più facilmente rispondono alle call to action».

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