Smart working, non ci sarà dietrofront. Quali contromisure per le farmacie penalizzate

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Le farmacie dei centri urbani dovranno fare i conti con le perturbazioni dello smart working a pendolarismo e spostamenti degli italiani ancora per parecchio, almeno sino alla fine dell’anno e forse oltre. Il ministero del Lavoro, infatti, sta per presentare un emendamento al decreto Riaperture – attualmente all’esame della Camera per la conversione in legge – che prorogherà al 31 dicembre le norme sul lavoro agile in regime semplificato  nelle aziende private (cioè senza gli accordi individuali previsti dalla legislazione ordinaria), come già era stato fatto per il pubblico a fine aprile. Secondo una ricerca condotta dall’Osservatorio del Politecnico di Milano e da Randstad Research, la proroga interesserà potenzialmente una platea tra i 3 e i 5 milioni di lavoratori: nel primo lockdown – dati Inapp – erano in smart working 6,5 milioni di italiani, attualmente se ne contano più di 5 milioni, il 54% dei quali è inquadrato in una grande impresa.

Sono noti gli effetti del lavoro agile sulle farmacie delle stazioni ferroviarie o delle aree cittadine affollate di studi e uffici: secondo un recente studio di Eurostat, l’istituto europeo di statistica, in Italia il numero dei passeggeri che usano il treno è crollato del 61% nel quarto trimestre del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. E un’inchiesta condotta a Milano dal Sole 24 Ore nel settembre dell’anno scorso, quando cioè la prima ondata di covid si era ormai esaurita e la seconda ancora doveva arrivare, ha rivelato un calo medio del 30% nelle presenze in uffici e grattacieli della “city”, una contrazione del 56% nei fatturati dei ristoranti e una riduzione del 30% nelle corse dei taxi.

Il fatto però è che lo smart working è quasi sempre piaciuto a chi lo ha provato (solo il 12% ne farebbe a meno, dice il Rapporto Coop 2020) anche se la preferenza prevalente (58%) è quella di una settimana in cui i giorni di lavoro a distanza si alternano con quelli in presenza: secondo uno recente studio di Fondirigenti, l’ideale sarebbe una settimana divisa a metà, 2,6 giorni in ufficio e i restanti 2,4 a casa. Per questo motivo, già è aperta la discussione su cosa fare dal 2022: appurato che indietro non si torna e che lo smart working è destinato a rimanere, occorrerà una concertazione tra governo e sindacati, così come tra Governo e forze politiche, per aggiornare la legislazione ordinaria.

Intanto, i farmacisti titolari che fino al gennaio 2020 vivevano in buona parte di pendolarismo e ceto impiegatizio, possono soltanto porsi un quesito: come sfrutto quei due giorni e mezzo in cui il dipendente sarà in ufficio per recuperare anche i consumi dei due giorni e mezzo in cui lavorerà da casa? «Le soluzioni per sfruttare quei due giorni e mezzo come se fossero cinque ci sono» risponde Damiano Marinelli, consulente di marketing e gestione della farmacia e ideatore del modello Farmacia delle persone «ma prima occorre che le farmacie messe a mal partito dallo smart working azionino il freno d’emergenza. E cioè procedano con una razionalizzazione di tutti i costi fissi, per eliminare spese e sprechi che già prima erano ingiustificabili e oggi lo sono ancora di più. L’imperativo, in altre parole, è recuperare risorse perché serviranno per recuperare i clienti allontanati dal lavoro agile».

Tra gli interventi da mettere in campo a questo scopo, continua Marinelli ci possono essere home delivery e digital, ma prima ancora vanno fatte scelte di campo sull’offerta. «Visto che chi è in smart working usa internet, cellulare e posta elettronica» osserva Marinelli «si può anche pensare di raggiungere questi clienti con i canali digitali, che non necessariamente vogliono dire e-commerce. Attenzione però: i clienti sono a casa loro, non nella farmacia, quindi ogni messaggio di marketing rischia di indirizzare l’attenzione altrove; se sono al mio computer e ricevo la pubblicità di un prodotto dalla marca ben nota, potrei trovare più comodo andare su Amazon o sul sito del produttore». Per evitarlo, è il suggerimento di Marinelli, occorre che il farmacista titolare selezioni l’assortimento per proporre soltanto prodotti “incomparabili”: «Il brand della farmacia è il farmacista al banco, che propone e consiglia. Occorre offrire prodotti che non ha nessun altro, perché così il cliente soddisfatto ritorna. E a molte delle farmacie che seguo, suggerisco di ricorrere “all’abbonamento” per fidelizzare: ripristino automatico del prodotto ogni mese, oppure quando è finito». Si possono mettere in campo anche altri servizi, osserva Marinelli, ma c’è comunque un errore che le farmacie penalizzate dallo smart working non possono più ripetere: «Oggi» è l’avvertimento «non è pensabile che una farmacia non abbia gli indirizzi dei suoi clienti».

Per Nicola Posa, senior partner di Shackleton Consulting, la leva da azionare è quella della loyalty: «In fondo stiamo parlando di un cliente che di volta in volta deve optare tra la farmacia sotto casa o quella vicino al lavoro» osserva «per entrambe allora l’obiettivo è quello di fare in modo che non sia una lotteria ma una scelta consapevole. Sono convinto che alla fine sarà una competizione dove a prevalere saranno le farmacie più brave». Per spiegare, Posa cita i dati che arrivano dall’Osservatorio sulla loyalty di Parma: «Durante la pandemia il 27% dei consumatori italiani ha cambiato insegna e si è rivolto ai negozi che meglio interpretavano i suoi bisogni, che davano più sicurezza o che proponevano maggiore convenienza. Per i farmacisti questo deve significare una cosa soltanto: la pandemia ha senz’altro sconvolto traffico e ingressi, ma ci sono anche un sacco di opportunità da afferrare. Come? Occorre parlare un nuovo vocabolario, scrivere con nuove parole». Il digitale fa senz’altro parte di questo nuovo alfabeto, ma prima va cambiato paradigma. «Le farmacie devono conoscere i loro clienti» raccomanda Posa «non si capisce perché i farmacisti non chiedono la mail ai loro clienti quando questi ultimi la forniscono senza remore a un marketplace come Amazon. L’esperienza della pandemia ha fatto crescere ulteriormente la fiducia degli italiani nei confronti della farmacia, il farmacista sfrutti questa fiducia per conosocere meglio i sduoi clienti, uno a uno. Siamo in uno scenario di grandi cambiamenti, le opportunità ci sono ma vanno colte nel giusto modo».

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