Ricorrendo a una concettualizzazione, si può dire che la farmacia dei servizi sta oggi affrontando la sua terza stagione, quella della telemedicina. È un’ulteriore evoluzione che scaturisce da una chiara esigenza e fa perno sulla grande disponibilità delle farmacie a farsi carico dei bisogni sanitari delle loro comunità (come stanno facendo dall’inizio della Pandemia), ma il fatto è che questa stagione manca ancora di una compiuta visione d’insieme. Basti dire che a parole si tira sempre in ballo la parola telemedicina, ma poi numeri, convenzioni, sperimentazioni e delibere fanno sempre riferimento alla telecardiologia e poco più: va bene che il motore della terza fase è dato dalla necessità di smaltire le liste di attesa, manca però un progetto generale in cui il farmacista possa muoversi, investire e specializzarsi.
Questo “vuoto” è emerso con chiarezza la settimana scorsa nel modulo che il master executive in Management della farmacia organizzato a Torino da SAA e Skills Management ha dedicato alla farmacia dei servizi, relatori Bianca Maria Acanfora, farmacista titolare a Trieste, e Sergio Lai, ad di CP2 e direttore della Fondazione Italiana per il Cuore: da un punto di vista politico/strategico, si può dire che il progetto della farmacia dei servizi è passato attraverso tre fasi, che gli hanno dato una connotazione progressiva.
La prima fase può essere fatta risalire alla legge 69/2009, alla successiva approvazione del d.lgs 153/2009 e all’emanazione dei decreti attuativi, che hanno individuato nuovi servizi erogabili dalle farmacie. Si tratta di prestazioni che arricchiscono il patrimonio professionale del farmacista senza stravolgerne il ruolo, da eseguire in autocontrollo o con il supporto di un operatore sanitario, oppure ancora con dispositivi strumentali messi a disposizione dalle farmacie e per nulla invasivi.
La seconda fase stravolge invece il ruolo tradizionale del farmacista (non a caso ha dato origine a numerose problematiche nella gestione dei collaboratori di farmacia) ma è da inserirsi in una fase emergenziale legata alla pandemia da covid-19. Intervenuta l’emergenza pandemica, con la legge 178/2020 è stata introdotta per la prima volta la possibilità per il farmacista di eseguire prelievi di sangue capillare (per rilevare la presenza di anticorpi IgG e IgM) ed effettuare test per uso professionale (fino ad allora utilizzabili soltanto dagli operatori sanitari), che comportano una diagnosi.
Sempre durante la pandemia, è stata poi prevista – dapprima dalla legge 178/2020, successivamente dal d.lgs 41/2021 – la possibilità per il farmacista di somministrare direttamente i vaccini anti Sars-CoV-2 e quelli antinfluenzali, nonché di effettuare test diagnostici che prevedono il prelievo del campione biologico a livello nasale, salivare od orofaringeo, senza la supervisione di personale medico. Come tutti i cittadini hanno compreso, è cambiato così il ruolo del farmacista e non a caso di recente la Fip (Federazione farmaceutica internazionale) ha lanciato la campagna “Think Health, Think Pharmacy” per ricordare all’opinione pubblica che le farmacie sono luoghi di assistenza sanitaria primaria e a promuovere i farmacisti come professionisti sanitari.
La terza fase, quella che stiamo vivendo adesso, non è più emergenziale e conviene dunque analizzarla da un punto di vista politico e strategico, e solo successivamente da un punto di vista normativo e operativo. L’evoluzione, infatti, si inserisce nella crisi del modello tradizionale di Servizio sanitario pubblico, basato sul medico di famiglia e sugli ospedali, e dall’incompleta ristrutturazione del sistema di cure territoriali come disegnata dal Pnrr/Missione 6 (Salute) e basata sul modello delle Case di comunità.
Il Piano prevedeva «una nuova strategia per il Ssn» con un «nuovo modello organizzativo proiettato verso una sanità più vicina alle persone e al superamento delle disuguaglianze». Questo ha portato al dm 77/2022, che ha definito i modelli e gli standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale del Servizio sanitario. L’attuazione del Piano però procede a rilento (Agenas, nell’ultimo aggiornamento, parla di 187 Case di comunità attive sulle 1.430 previste) mentre la sperimentazione di un progressivo ampliamento e accreditamento della farmacia dei servizi avanza a passo più spedito.
C’è un motivo: il cittadino continua a vedere al centro del Sistema il medico di famiglia, ma denuncia anche che è sempre più difficile vederlo a causa di una ridotta disponibilità. A questo punto mmg e farmacia, la cui crescente autorevolezza è attestata da tutte le ricerche più recenti (Iqvia, Doxa Pharma, Ipsos), si candidano a diventare insieme il perno del sistema di cure territoriali. Esprime lucidamente tale evoluzione “in potenza” la delibera XII/2405 approvata l’altra settimana dalla Regione Lombardia, che come già hanno fatto altre amministrazioni lungimiranti prolunga il percorso di maturazione della farmacia dei servizi con un cronoprogramma che include riconciliazione farmacologica e telecardiologia.
Ed eccoci allora al punto: se tutti i farmacisti hanno le idee chiare sulla telecardiologia (lo si è visto anche al Corso) e molti si stanno organizzando per offrirla, lo stesso non si può dire per le altre prestazioni che rientrano nella categoria “telemedicina”, per quanto siano anch’esse implementabili in farmacia. Come confermano contatti e ricognizioni tra farmacisti, consulenti legali, provider di telemedicina (Htn, Cardio on Line, @Clinica Digitale, MeDea), catene e network, valicato il perimetro delle “cardiorefertazioni” prevalgono dubbiosi e scettici: la teledermatologia è considerata interessante ma la sua diffusione è a macchia di leopardo; la spirometria, refertata da pneumologo, sembra non suscitare interesse (la laboriosità delle procedure è l’ostacolo citato più spesso dalle farmacie); l’ecografia è considerata da molti al di là delle possibilità della farmacia ma ci sono esercizi che offrono articolare, addominale, del collo, della tiroide, dei testicoli, e altre che propongono l’ecografia mammaria in giornate di prevenzione del tumore al seno. Sulle televisite (in sperimentazione nel Veneto, sia con il mmg sia con lo specialista) l’incertezza è ancora maggiore.
Diventa allora evidente che per orientare farmacisti, operatori e cittadini verso un vero sviluppo della farmacia dei servizi occorrerà lavorare a un quadro giuridico ancora più chiaro e strutturato. E servirà anche poi una comunicazione decisa ed efficace verso il pubblico, che trasmetta il concetto di una farmacia formalmente eletta presidio territoriale del Ssn e quindi luogo della prevenzione e del monitoraggio, con l’ospedale a svolgere invece il ruolo di luogo della Cura. Quando il ddl Semplificazioni avrà completato il suo iter, allargando le opzioni vaccinali in farmacia e aumentando il numero dei servizi proponibili (con la possibilità anche di sfruttare locali distaccati e ricorrere all’insegna della “Farmacia dei Servizi”), dovremmo cominciare a vedere un’effettiva maturazione anche della terza fase del modello.