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Cliniche e farmacie nella gdo, per un italiano su tre non sono un problema

Consumatore

Quasi un italiano su due non ha problemi ad acquistare farmaci da banco in un punto vendita diverso dalla farmacia. E più di uno su tre non proverebbe alcun disagio a effettuare un esame diagnostico o una visita medica in una clinica privata della gdo. Sono alcuni dei dati che arrivano dall’indagine Total retail survey 2017 di Pwc, società internazionale di servizi e consulenza d’impresa. Condotta su un campione di 25mila consumatori di 32 Paesi (più di mille soltanto per l’Italia), la ricerca si propone di orientare le strategie di aziende e retailer fotografando le tendenze del mercato così come di chi acquista.

Tra le evidenze, in particolare, emerge netta la crescente emancipazione degli italiani dalla “monocanalità”: «I consumatori  di oggi» spiega Erika Andreetta, partner di Pwc e Consulting leader per retail e consumer «sono sempre più informati e consapevoli. E per acquistare prodotti come farmaci e dispositivi medici oppure servizi sanitari, sono disposti ad andare non solo in farmacia ma anche in un esercizio commerciale , con una propensione inimmaginabile rispetto alle generazioni precedenti».

Alcune esperienze, in particolare, dimostrano che salute e benessere possono tranquillamente diventare parte integrante dell’esperienza “in-store”. Il report della survey di Pwc, in particolare, fa riferimento all’operazione I.denticoop, la catena Coop di ambulatori odontoiatrici che offre ai soci prestazioni a tariffe contenute e pratica orari prolungati, sette giorni su sette. «I sette ambulatori presenti sul territorio italiano» spiega Pwc «sono collocati all’interno dei centri commerciali o vicino ai punti vendita Coop, con l’obiettivo di replicare il modello del supermercato, basato sulla qualità, sulla convenienza e sulla comodità di accesso, in un settore importante come quello dell’odontoiatria».

Ma si può ricordare anche Humanitas medical care, la “retail clinic” – 1.200 mq e venti specialità mediche – che il gruppo ospedaliero Humanitas ha aperto esattamente un anno fa nel centro commerciale di Arese, in provincia di Milano. «Iniziano a diffondersi anche in Italia le cosiddette “retail clinic”» osserva non a caso il report di Pwc «ossia poliambulatori multispecialistici che nei centri commerciali offrono trattamenti per le piccole patologie o servizi per la salute e la prevenzione, secondo un format già consolidato negli Stati Uniti dove operano oltre duemila strutture (un esempio è rappresentato dal retailer Cvs)».

Il consumatore italiano, in sostanza, sarebbe maturo a sufficienza per apprezzare esperienze di sanità privata erogate da – o associate a – insegne del retail. Confermano per l’appunto i dati della survey: a parte il 44% di italiani che non mostra problemi ad acquistare farmaci da banco in un esercizio commerciale (ormai la liberalizzazione degli Otc ha una decina di anni), colpisce quel 37% di consumatori che si sentirebbe a proprio agio nell’effettuare un esame del sangue o delle urine in un retailer o quel 34% che, sempre in un retailer, si sottoporrebbe a visita medica.

Sbaglierebbe chi si mostrasse sorpreso da tali dati o li ponesse in contraddizione con le ricerche che a intervalli regolari riferiscono della grande fiducia mostrata dagli italiani per la farmacia. La verità, infatti, è che il consumatore di casa nostra mostra un approccio sempre più “laico” all’offerta e si rivela sempre meno disorientato dalla multicanalità o dall’ibridazione, alle quali anzi guarda con interesse laddove intuisce dei vantaggi. Lo mostra con chiarezza un’altra ricerca, presentata un anno fa da Nielsen Retail Growth Strategies: il 29% degli italiani vorrebbe disporre di uno sportello postale quando fa la spesa al supermercato, il 27% di una farmacia, il 25% di un benzinaio. Percentuali consistenti, soprattutto se si tiene conto che il 52% degli intervistati afferma di frequentare centri commerciali che dispongono già di una farmacia all’interno o nelle immediate vicinanze. «La richiesta di servizi aggiuntivi» aveva dichiarato Giovanni Fantasia, amministratore delegato di Nielsen Italia «si colloca all’interno di un quadro competitivo più ampio, che vede il momento dell’acquisto sempre più costituito da una molteplicità di fattori. La variabile prezzo perde allora la posizione trainante avuta negli scorsi anni, lasciando spazio anche a driver in linea con le istanze del cognitive business».

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