“Io penso positivo” è il nuovo mood post-pandemico degli italiani, che in quasi 7 su 10 osservano il futuro prossimo con fiducia. Ma c’è anche la consapevolezza che qualcosa è cambiato definitivamente e certe abitudini acquisite nella pandemia, come il lavoro a distanza o l’home delivery, resteranno per sempre. E’ il ritratto del Paese tracciato dall’anteprima digitale del Rapporto Coop 2021, la ricerca dell’Ufficio Studi di Ancc-Coop che ogni autunno anticipa cambiamenti e umori degli italiani per l’anno a seguire.
Post-pandemia, per gli italiani la salute più importante del denaro
Farmacie e farmacisti hanno buoni motivi per rallegrarsi delle indicazioni che arrivano dall’indagine. Per cominciare, la survey condotta da Nomisma nell’ambito del Rapporto dice che oggi, tra i consumatori di casa nostra, salute e benessere personale vengono prima di lavoro e successo: prendersi cura di sé e ritrovare la serenità vengono citate tra i valori da perseguire (dal 47 e dal 42% degli intervistati rispettivamente) più del denaro o della carriera (22 e 21%).
Nel 2022 spese familiari per la salute ai livelli pre-covid
Riflettono i nuovi valori le previsioni degli italiani sulle spese di cui si faranno carico: quasi un italiano su quattro stima che nel nuovo anno aumenterà la propria spesa per lo star bene, a fronte di un 17% che prevede invece di diminuirla; la differenza tra i due gruppi è un +7% che colloca la salute al primo posto tra le voci di spesa con differenziale positivo (ce n’è soltanto un’altra, quella per le utenze come acqua ed elettricità), chiudono invece a zero alimentari e bevande (18% da una parte e dall’altra) e mostrano il segno meno mentre tengono il segno meno telefonia, viaggi e vacanze e prodotti tecnologici.
Ma non va trascurata l’area del disagio sociale
Attenzione però: la pandemia ha comunque messo a dura prova molte famiglie, e se il 24% degli italiani prevede di spendere di più per la salute nel 2022, c’è un 38% che quest’anno, sempre in tema di star bene, ammette di avere avuto difficoltà o ha dovuto fare rinunce. E sono in totale 18 milioni (ossia il 29%) gli italiani che temono di dover sperimentare le stesse ristrettezze anche il prossimo anno, con una netta prevalenza degli under 30 (43%) e dei residenti al Sud (33%).
Smart working, piace alla maggioranza di chi lo fa
Ci sono invece altri cambiamenti che la pandemia ha portato con sé e che non se ne andranno quando l’emergenza sanitaria sarà rientrata definitivamente. Innanzitutto lo smart working o lavoro a distanza: nel 2020/2021, dice il Rapporto Coop, lo hanno provato almeno una volta 13 milioni di italiani, tra i quali circa 6 milioni che hanno lavorato da casa quasi stabilmente. Gli effetti sui flussi di traffico e, quindi, sui percorsi di acquisto sono ben noti alle farmacie così come agli altri canali del retail, dunque è una indicazione da segnare in rosso quella che arriva dalla ricerca: nove milioni di lavoratori (il 69% di quei 13 milioni di home worker di cui si diceva prima) pensano che nel 2022 continueranno a lavorare da casa e soltanto 4 milioni (il 31%) ritiene che tornerà al tempo pieno in ufficio. Non solo, il 95% del campione “executive” (dirigenti, manager, professionisti e opinion leader, interpellati a parte nell’ambito della ricerca) è convinto che smart working e lavoro agile cresceranno ancora.
Fuga dalle grandi città, provincia è bello
Complementare al fenomeno dello smart working è la crescenteattrazione degli italiani per la provincia e le città di piccole o medie dimensioni, un’altra novità che è facile mettere in relazione con la pandemia e la fuga dalle folle: quattro milioni di famiglie vorrebbero vivere in un borgo di paese e il 32% si trasferirebbe in un centro abitato più piccolo di quello dove risiede attualmente. Il 67% dei 18-39enni che oggi vive in un comune delle aree interne è orientato a restare dov’è.
Disruption digitale, gli ottimisti prevalgono sui pessimist
Tra le trasformazioni generate dalla pandemia, infine, c’è anche la disruption digitale, altra novità per la quale gli italiani non prevedono marce indietro. Anche perché chi ha accolto a braccia aperte la trasformazione tecnologica prevale sui renitenti: il 65% si dice soddisfatto del suo rapporto con la tecnologia, per il 47% il digital offre la possibilità di stare più vicini ai propri cari e per il 37% di acquistare in qualsiasi momento tutto ciò che si vuole. E ancora: per il 44% è migliorato il modo di fare consumi e acquisti (per il 16% è peggiorato), il 41% dice che si gestisce meglio il tempo (peggio per il 22%), il 30% ritiene che è diventato più facile trovare l’equilibrio tra lavoro e vita privata (più difficile per il 22%). Prevalgono i giudizi negativi, invece, sugli effetti della digitalizzazione per le relazioni sociali e lo stress.
Roberto Valente