Quella farmacia dove tutto è perfetto e professionale, ma manca l’empatia

Mistery Shopper

Farmacia del centro Italia, situata in uno dei magnifici paesi che caratterizzano in particolare Marche, Umbria e Toscana, unica nel centro abitato. Di passaggio – più o meno – da quelle parti, ne ho approfittato per visitare una farmacia particolarmente attiva sui social. Dispone di circa 70 -80 mq al pubblico, con una vetrina fronte strada e una nella via laterale, senza particolari problemi di parcheggio e troppo piena di espositori. Due farmacisti al banco e – mi sembra – uno nel retro, più o meno la farmacia media italiana rilevata da tutte le ricerche di mercato. Le specializzazioni enfatizzate sui social riguardano alimentazione dietetica, integrazione sportiva e fitoterapia. Ma la comunicazione in farmacia non parebbe confermare.

Entro e trovo alcune persone in attesa. Mi metto in coda e ne approfitto per guardarmi attorno in tranquillità, ma subito percepisco nell’aria una sorta di “tensione”. Mi metto ad ascoltare cosa dicono i farmacisti al banco ai clienti che vengono serviti, domande e risposte si susseguono a un ritmo sostenuto ma senza essere sbrigative, la coda scorre abbastanza veloce.

Man mano che mi avvicino al banco inizio a comprendere: la relazione che il farmacista imposta con i clienti è soltanto tecnica; parla correttamente di prodotti, uso, controindicazioni, principi attivi, consiglia gli acquisti complementari nei modi dovuti. Tutto giusto. Ciò che non si sente è l’interesse verso i problemi del cliente, verso il suo bisogno di sentirsi al centro dell’attenzione.

Quando è il mio turno tutto ciò che avevo percepito si conferma: alla mia richiesta il farmacista recita a memoria il perfetto copione proposta-consiglio, con un tono tanto professionale quanto distaccato e freddo. Ma è sufficiente la competenza professionale se non è accompagnata dalla competenza “sociale”?

Daniel Goleman, psicologo e scrittore americano, definisce «intelligenza emotiva» una qualità fondamentale che deve possedere l’essere umano per interagire e vivere in ambito sociale come in ambito lavorativo. Senza questa caratteristica, altrimenti nota come “empatia”, tutte le altre qualità come il quoziente intellettivo, una memoria solida o una logica ferrea possono risultare inefficaci o addirittura inutili, anche a metterle tutte assieme. Osservare e capire davvero gli altri per interagire nel modo migliore con loro è una capacità sociale indispensabile e sempre più ricercata, studiata e… isegnata.

La comprensione empatica, a differenzia da quella intellettuale che si concentra sui fatti e ricostruisce la dinamica di un evento, consiste nell’immedesimarsi nell’interlocutore per metterlo a proprio agio e comprendere il suo punto di vista, senza però assumerlo come proprio. Tutti i professionisti che utilizzano la comunicazione per svolgere le proprie attività (e non solo loro) dovrebbero essere formati sulle modalità di gestione dell’interazione. A maggior ragione, chi lavora in un ambito sanitario ed è a contatto giornalmente con persone dalle necessità specifiche deve possedere professionalità e competenza ma anche empatia: ascolto, capacità di comprendere anche il non detto e attenzione verso chi abbiamo difronte. Il livello di aspettativa dei clienti è aumentato non solo verso il livello di conoscenza dei prodotti e delle novità, ci si aspetta un’interazione di qualità elevata, una capacità di ascolto e di comprensione dello stato dell’altro importante.

Senza queste competenze relazionali le conoscenze tecniche, di prodotto, di associazione di prodotti per migliorare la terapia e la qualità di vita dei nostri clienti rischiano di non servire a nulla. Le parole d’ordine? Sorriso, Ascolto Attivo, domande e pensare ai bisogni dei clienti. Sempre.

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