Quanta fatica per una Rete tenere “pulito” il format quando la farmacia è di proprietà

Mistery Shopper

Cef – La Farmacia Italiana è la rete in cui sono confluiti gli esercizi del circuito +bene e dove stanno migrando anche gli affiliati dell’altro network di Cef, farmaciaINsieme. Il suo format, lanciato ormai tre anni fa, è conosciuto e veste una parte delle farmacie – una quarantina circa – che fanno direttamente capo alla Cooperativa. Tra queste le comunali di Sesto San Giovanni, popolosa città ai confini settentrionali di Milano, che abbiamo visitato a fine giugno nei panni del mistery shopper. L’esercizio prescelto, in particolare, è quello di via Tino Savi, che presidia una delle aree cittadine più prettamente residenziali ed è stato ribrandizzato con il format del network tra 2021 e ’22.

 

La Farmacia comunale di via Tino Savi, a Sesto San Giovanni (provincia di Milano). Gestita direttamente da Cef e vestita con il format del suo network “La farmacia italiana”, è stata visitata a fine giugno dal nostro mistery shopper.

 

Proprio per la sua storia, la farmacia rivela quanto spesso sia difficile per insegne e catene garantire continuativamente la corrispondenza tra concept teorico e quotidianità del punto vendita. Iniziamo dall’esterno: per il suo format Cef ha investito parecchio in vetrine digitali e merchandising e tutti questi elementi li ritroviamo puntualmente nella farmacia di via Savi. Ma si avverte anche una certa trasandatezza: i soliti cartelli disposti frettolosamente in una vetrina (li ritroviamo troppo spesso anche in molte farmacie private), un’altra che al passante mostra soltanto il retro di uno scaffale. Un peccato, anche a fronte delle scelte fatte con il nuovo format.

 

 

La stessa atmosfera si respira all’interno: all’ingresso (sono le 9.30) ci imbattiamo in un’addetta alle pulizie che sta lavando il pavimento. Se la farmacia fosse stata di un farmacista titolare, lo avrebbe consentito in un orario in cui l’afflusso dei clienti è di solito consistente? E ancora: fuori dal corner dei servizi e a pochi passi dall’ingresso un’anziana signora si misura da sola la pressione. Non è bellissimo da vedere, andrebbe riposizionato in un’area più appartata e presidiato.

 

 

Proseguiamo: si notano scaffali vuoti o riempiti soltanto in parte, box promozionali e avancassa senza merce. Forse sono sotto organico anche i farmacisti (ne scorgiamo due, una al banco e un’altra che si dispera perché non funzionerebbe il robot), resta la considerazione che si fa fatica a vendere i solari se la loro calata è mezza vuota. E che accade con i prodotti in volantino se i box promozionali ne sono sprovvisti?

 

 

La conclusione cui siamo tentati di giungere è che a parte forse Lloyds, sono parecchie le catene dove si rivela faticoso costruire team della farmacia ben solidi, disporre di direttori capaci e motivati e mettere in campo area manager spigliati. Se non si investe sulle persone, anche la catena con il format più bello non riuscirà a competere con una farmacia gestita direttamente dal suo titolare. È una consapevolezza che dovrebbe accomunare tutte le società di capitale che in questi anni hanno fatto il loro ingresso nel mercato della farmacia.

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