La farmacia di oggi? Non dà emozioni, perché lavora sull’ingresso anziché sulla continuità. Il giudizio, anzi la provocazione, è di Gadi Schoenheit, vicepresidente di Doxapharma, che dal palco del quinto Osservatorio Th.Kohl – Pharmathek (Roma, 17 novembre) lancia al farmacista titolare un ammonimento: a nuovo consumatore deve corrispondere nuova farmacia, una farmacia imperniata non più sul prodotto ma sull’emozione. «Oggi» spiega Schoenheit a Pharmacy Scanner «le persone entrano in farmacia e cercano di restarci il meno possibile. Ce lo dicono parecchie ricerche: colpa del ruolo storico della farmacia, che continua proporsi come il luogo della cura o della salute da ripristinare. Le farmacie in questi anni hanno investito moltissimo nel lay out, non c’è dubbio, ma nell’immaginario collettivo continuano a essere accostate all’ospedale o all’ambulatorio del medico: se ci vai è perché stai male o quanto meno non stai bene».
Oggi, invece, si rende necessario un cambiamento di paradigma: «La farmacia non deve più essere il luogo del curarsi ma del prendersi cura di sé» dice Schoenheit «del restare in salute anziché del tornare in salute. La gente, in altri termini, deve entrare in farmacia non perché sta male ma perché vuole continuare a stare bene».
La transizione scatta soltanto se si riesce a giocare sull’emozione e sul tempo. «Spesso l’ambiente della farmacia non crea emozione ma soprattutto manca lo spazio che inviti a non avere fretta» osserva Schoenheit «penso soltanto a cosa succederebbe se nel punto vendita si mettessero a disposizione di chi entra due poltrone e qualche brochure. I titolari ovviamente devono fare i conti con un problema non indifferente che è quello dei metri quadri, ma il tempo è uno dei fattori chiave».
L’invito insomma è quello di prendere a prestito e adattare tendenze che già si sono concretizzate in altri canali del retail, come già invitava a fare un articolo pubblicato sull’ultimo numero di Pharmacy Scanner. «Lo storytelling è uno degli strumenti con cui generare emozione nel punto vendita» conferma il vicepresidente di Doxapharma «ma forse in farmacia più che fare storytelling si dovrebbe ascoltare lo storytelling di chi abbiamo di fronte. Ancora più importante la socializzazione: sempre più spesso il punto vendita si propone, prima ancora che come luogo di vendita, come spazio di socializzazione e di relazione. Le farmacie su questo fronte hanno da lavorare. E anche il farmacista: c’è troppa formazione commerciale e poca vocazione alla consulenza».
La chiave, per Schoenheit, sta nella costruzione di una continuità di rapporto. «La farmacia non si deve occupare del cliente soltanto da quando entra a quando esce, occorre interessarsi della persona anche prima e dopo. Sono ormai diversi i canali del retail che si sforzano di costruire una continuità di relazione, facendo ricorso a tutti gli strumenti disponibili: carte fedeltà, e-mail, brochure. In tutte le esperienze l’obiettivo è sempre quello di prolungare il tempo e dare emozione».