Quasi 1.500 “impressioni” (cioè caricamenti del video) sulla piattaforma Vimeo, oltre mille visualizzazioni soltanto su Linkedin. Sono alcuni dei numeri raccolti dal webinar con cui venerdì 25 maggio Pharmacy Scanner è tornato a parlare assieme a esperti e addetti ai lavori delle novità più recenti che arrivano dall’online (la sentenza Ue sui marketplace, la parafarmacia acquistata da Amazon a Milano), per riflettere sui cambiamenti che si potrebbero profilare per l’intera filiera. Trasmessa in streaming sulle due vetrine social della nostra rivista (Linkedin e Facebook), la tavola rotonda ha messo tutti d’accordo riguardo a un punto: Amazon è celebre in tutto il mondo per la sua abitudine a “provare” prima di buttarsi in un nuovo mercato; questa è la chiave di lettura con cui occorre ragionare sulla sua mossa di Milano (l’acquisto della ex Pulker di piazzale Cadorna) e sulle “contromosse” che le farmacie dovrebbero mettere in campo in una delle più difficili partite a scacchi che il canale ha mai giocato.
Partita difficile perché tra i giocatori al tavolo c’è anche l’Unione europea, dalla quale arrivano di tanto in tanto indicazioni o interpretazioni decisamente discordi dall’orientamento prevalente nel nostro Paese. È il caso della recente sentenza della Corte di giustizia Ue sui marketplace, che interviene su un contenzioso insorto in Francia tra un portale di e-commerce e un’associazione dei farmacisti titolari. «In sintesi» ha spiegato Quintino Lombardo, avvocato ed esperto di legislazione della farmacia «la Corte dice che se un marketplace non fa altro che mettere in contatto l’utente finale con i siti dei soggetti autorizzati a vendere farmaci, il legislatore nazionale non può vietarglielo».
La sentenza della Corte di giustizia Ue, dunque, diventa interessante per quelle farmacie che, anche in Italia, vendono da vetrine “dedicate” sui principali marketplace generalisti, incluso Amazon: attualmente, visti i limiti dettati dal ministero della Salute, da tali vetrine è possibile commerciare soltanto prodotti dell’extrafarmaco, ma con questa sentenza ci potrebbero essere evoluzioni. «Io sostengo da sempre che se le cose si fanno non è perché ce lo chiede l’Europa ma perché il Paese ritiene opportuno dare la precedenza a certi valori piuttosto che ad altri» ha ricordato Lombardo «a oggi abbiamo delle certezze, e cioè che si può vendere a distanza solo il farmaco senza ricetta e lo può fare solo chi è già autorizzato a commercializzarlo nel fisico, da un sito con il proprio indirizzo internet e il logo comune europeo. Alcune di queste cose le dice una circolare ministeriale che però ormai è vecchia di dieci anni e quando c’è di mezzo la tecnologia dieci anni sono tanti. Non resta dunque che attendere e vedere».
È dunque in questo contesto in evoluzione che si inserisce la notizia dell’acquisizione da parte di Amazon di una parafarmacia nel centro di Milano. Un’operazione che di fatto vede l’arrivo di una nuoiva potente pedina sulla scacchiera del mercato della farmacia. Oppure no? «In realtà con Amazon stiamo giocando a scacchi già da molti anni» è il parere di Francesco Ghibaudo, chief marketing di Dr.Max «ci sono farmacie che vendono sul suo marketplace, industrie che fanno altrettanto da vetrine che pubblicizzano il loro brand, e infine i consumatori che comprano in base alle opportyunità che si presentano. In Italia oggi Amazon è il primo motore di ricerca con oltre il 70% dei consumatori che in prima battuta interrogano il suo motore di ricerca, nessun altro Paese europeo arriva alla stessa percentuale. Negli acquisti di Beauty e Pharma, siamo al 36%. Quindi l’ingresso di questo colosso nel mercato della parafarmacia e del medicinale è sicuramente una notizia ma non sconvolge il mercato. Almeno non quello di un gruppo come il nostro, che quindi conferma il suo approccio omnicanale: puntiamo a raggiungere il cliente, il consumatore, il paziente dove si trova, fornendogli per quanto possibile tutti i tipi di servizi che una farmacia può fornire online e offline, e sfruttando poi quello che è effettivamente l’elemento differenziante, ossia i nostri farmacisti e il loro consiglio».
Per Vincenzo Masci, commercial & marketing director di Phoenix Pharma Italia e Benu Farmacia, la lettura da dare alla notizia dell’arrivo di Amazon invece è un’altra: «La novità va presa come un cambiamento importante del mercato, come avviene spesso in tanti altri mercati, e quindi non con preoccupazione ma anzi ottimismo: se Amazon, che è il player numero uno del commercio digitale, decide di entrare nel mercato della salute vuol dire che questo mercato è attrattivo, e questo è già un punto importante. Poi, altra cosa molto importante, se decide di farlo aprendo un punto di riferimento fisico è evidente che vuole dare un segnale ben preciso, e cioè che in questo settore, in questo canale, il farmacista è ancora un punto di riferimento e Amazon ne è perfettamente consapevole: vuole accreditarsi, vuole essere conosciuto anche come distributore di farmaci ma ha capito che per farlo è fondamentale la figura del farmacista, che rimane quindi il riferimento più importante. Di conseguenza, la farmacia che vuole giocare a scacchi con Amazon deve lavorare ancora di più sul fisico».
Resta però il fatto che l’e-commerce, in Italia e non solo, rimane un canale che continua a crescere più del fisico. Lo ha ricordato Davide Casaleggio, ceo di Casaleggio Associati. «Giocare a scacchi con Amazon? È molto difficile» ha detto «soprattutto se non si ha un approccio federativo. Ricordo che in altri settori aziende e grandi catene distributive ripetevano che Amazon non sarebbe riuscita a entrare nel mercato italiano, perché era veramente difficile dal punto di vista logistico. Poi però Amazon c’è riuscito, perché se l’ostacolo è soltanto logistico vuol dire che c’è una soluzione a un certo costo: se questo costo è sostenibile, il problema si risolve». Non va poi dimenticato, ha detto ancora Casaleggio, «che il mercato dell’e-commerce farmaceutico oggi vale circa un miliardo di fatturato ed è in crescita a doppia cifra, quindi è appetibile perché clienti mostrano interesse a comprare online. E se il mercato esiste, allora ci sono anche aziende disposte a investire per prenderselo, e a mio avviso Amazon se lo vorrà prendere, questo mercato. Oggi a proteggerlo è solo la legge, ma le cose cambieranno se la tecnologia saprà offrire un servizio adeguato e sicuro».
Condivide Francesco Zaccariello, managing director di Atida eFarma. «La mia previsione è che nel giro di tre-cinque anni ci sarà un grosso cambiamento, probabilmentre tre ma se vogliamo essere iù ottimisti cinque. Il comparto del farmaco continua a essere un mercato particolarmente interessante, il valore oggi arriva a un miliardo di euro mentre negli anni in cui ho avviato la mia attività di e-commerce non arrivava neanche a cento milioni. Ma al di là del farmaco, questo è un mercato che si porta dietro tante altre opportunità: per cominciare la ricetta del medico, poi la telemedicina ma anche il mercato delle assicurazioni sanitarie, quindi non stiamo parlando soltanto di un miliardo di giro d’affari ma molto di più».
Che ad Amazon questo mercato interessi è fuori di dubbio anche per Michele Bertazzo, farmacista titolare del torinese con una farmacia che vende dal marketplace del colosso americano (solo extrafarmaco, ovviamente). Ed è fuori di dubbio che il giorno in cui lo farà, se ne avvantaggeranno anche le farmacie che, come la sua, vendono dal suo portale. «Amazon genera un traffico tale che ti conviene stare là, anche se da un punto di vista tecnico quando vende direttamente sarebbe un tuo concorrente. Ma a stare lì ci sono sempre opportunità e io lo vedo da tempo visto che sono su Amazon ormai da otto anni. Non c’è dubbio, loro provano sempre a vendere direttamente perché ci guadagnano, ma se sai fare il tuo lavoro riesci a fare numeri di tutto rispetto, nonostante le commissioni e i costi logistici. L’unica vera incognita è che Amazon può permettersi di vendere anche a prezzi di costo, noi no».
Per tale motivo, ha allora osservato Giulio Lo Nardo, general manager di 4K e Pharmap, è fondamentale che la farmacia competa con Amazon sul servizio ma non sul prezzo. «Per quanto si possa lavorare sull’innovazione, per quanto si possa parlare di intelligenza artificiale» ha ricordato «c’è una cosa che il digitale non può sostituire ed è appunto la prossimità. E io partirei da questo concetto: durante il periodo covid abbiamo visto una grande espressione di unione tra farmacie e comunità e abbiamo visto le iniziative legate ai camper e alle tende dove venivano offerti vaccini e tamponi e quello era una grande rappresentazione di vicinanza al territorio che il digitale sicuramente non poteva offrire. Io credo che quello lì non debba rimanere un episodio isolato, le farmacie che vogliono veramente differenziarsi sia nei confronti delle altre sia nei confronti di quello che accade a livello digitale devono molto lavorare sotto questo punto di vista. Noi lavoriamo giornalmente con oltre 2.500 esercizi, più gli oltre 16mila che fanno riferimento al gruppo Cgm, in cui siamo conflutii da qualche anno, quindi conosciamo bene qual è l’esigenza ma anche la paura che hanno certi farmacisti. Noi siamo un’azienda che offre servizi e ancora troviamo molta reticenza, titolari che pensano che non offrendo un servizio si possa evitare che il cliente-pazienta senta il bisogno di utilizzarlo. Mai ragionamento è più è più sbagliato. Noi abbiamo delle farmacie alle quali qualche anno fa abbiamo proposto l’home delivery o la gestione della loro comunicazione sui social network, piuttosto che la creazione di un sito web e che hanno declinato l’offerta e adesso tornano da noi perché si sono rese conto che la presenza online è importante. Perché non si va online soltanto se si voglono accrescere le vendite, ma anche se si desidera allacciare un rapporto duraturo con il proprio cliente. Sempre piuù farmacisti se ne stanno rendendo conto, anche se in ritardo».