Il 60% degli italiani non legge neanche un libro all’anno e l’Italia è tra i Paesi in Europa dove si “consumano” meno libri. Acquista allora i toni di una “pubblicità progresso” la campagna che Bennet, catena della gdo appartenente al gruppo Végé, ha lanciato nei suoi supermercati dal 16 al 20 novembre scorso, in concomitanza con Bookcity, il festival del libro e della lettura: nei reparti del fresco e ai banchi della macelleria, pescheria e ortofrutta, i clienti dell’insegna hanno trovato accanto ai normali prodotti confezionati una selezione di titoli tratti dalla grande letteratura internazionale (Moby Dick di Melville, La fattoria degli animali di Orwell, Eva Luna di Allende e altri ancora) nell’ortofrutta, etichettati e incellofanati nello stesso tipo di vaschette utilizzate per i petti di pollo o i tranci di merluzzo.
L’effetto che ne deriva lascia il segno, assieme al nome della campagna: Hungry for culture, ossia Fame di cultura. E le associazioni d’idee fioccano: i libri sono il cibo dell’anima, le letture di qualità mantengono sano lo spirito e via a seguire. «Il nostro obiettivo» spiega Bennet «era quello di contribuire con un segnale innovativo al sostegno dei consumi culturali e alla promozione della lettura. L’idea di base è che la cultura è un bisogno primario tanto quanto il cibo, perché il consumo culturale alimenta la nostra mente, stimola la nostra curiosità, fa crescere i nostri pensieri, accende le nostre emozioni. Affiancare alimenti e libri è un modo per sottolinearne il profondo valore comune».
Hungry for culture, Fame di cultura
Oltre che nei negozi fisici, anche i reparti dell’e-commerce di Bennet alternano offerta alimentare e libri: un invito a considerare la lettura un nutrimento per lo spirito.
La campagna è stata veicolata anche sui social e sul portale di e-commerce del gruppo, dove l’offerta del reparto libri è stata raddoppiata e le pagine dell’alimentare ripropongono la commistione dei negozi fisici. «La campagna di Bennet è eccezionale» commenta Emanuele Mormino, coach e founder di Pharmaway «riesce a cogliere tutti gli obiettivi: rafforza il posizionamento, stupisce, coinvolge, informa, fa cultura, stimola esigenze latenti per spingere ad altri acquisti».
Viene allora da chiedersi se l’esempio di Bennet non possa essere d’ispirazione per iniziative analoghe in farmacia. «Il fatto è che di solito in questo canale le campagne lanciate dalle aziende mettono in primo piano il prodotto. Hungry for Culture, invece, è una campagna d’orientamento che ha rinvigorito l’immagine dell’insegna e avrà fatto sicuramente bene alle vendite di libri. In farmacia, invece, si vedono più che altro campagne di prodotto, raramente si lavora sull’immagine del brand».
Ma l’iniziativa dell’insegna accende anche altre lampadine: se l’emergenza culturale su cui Bennet accende i riflettori con la propria campagna dall’effetto “wow” è quella dei libri che non si leggono, la farmacia potrebbe fare altrettanto su emergenze culturali diverse legate per esempio alla prevenzione o all’aderenza terapeutica. Con sinergie garantite sui servizi o su specifici reparti.