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Nel retail 4.0 ciò che conta più di tutto è godere di una buona “advocacy”

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Hotel e taxi non avrebbero mai immaginato che un giorno i loro concorrenti sarebbero stati privati cittadini che affittano appartamenti o vetture tramite Airbnb o Uber. Né librerie e videoteche si sarebbero aspettate che un giorno Amazon e Netflix li avrebbero spazzati via o quasi, e le case discografiche che Spotify o Apple Music avrebbero trasformato il mondo della distribuzione musicale. Tutti questi esempi dimostrano una cosa sola: se vogliamo pensare alla farmacia di domani, dobbiamo partire dai bisogni reali dei clienti e dalla constatazione che il nostro mondo cambia a una velocità ipersonica.

Non ci sono più certezze e fare previsioni è un grosso rischio: si è detto che internet ucciderà il “bricks and mortar” – il negozio fisico – poi Jeff Bezos nel 2017 ha aperto AmazonGo, un supermercato pieno di tecnologia ma pur sempre in calce e mattoni, e in molti hanno cominciato a dire che sì, forse il retail non morirà. Dovrà cambiare profondamente, ma non sparirà.

Di certo non potrà fare a meno delle nuove tecnologie: le persone, i loro stili di vita, le loro abitudini di acquisto, sono cambiate rapidamente e profondamente e la cosiddetta digitalizzazione ha avuto in questo un ruolo di primo piano. Pensiamo soltanto a quante scelte di acquisto, oggi, maturano o sono influenzate dai social, oppure all’uso che sempre più spesso si fa dello smartphone per fotografare prodotti, confrontare prezzi, trovare informazioni.

Vedo che a volte le farmacie cercano di stare al passo con il cambiamento adottando strumenti che replicano modalità e applicazioni della digitalizzazione. Tutto giusto, a patto però che l’innovazione non sia una scelta fine a se stessa – giusto per stupire – ma sia davvero in sintonia con i cambiamenti del cliente e con le sue nuove necessità.

Parliamo per esempio degli scaffali virtuali, gli schermi piatti che riproducono un segmento di gondola aggiungendo  i vantaggi dell’interattività e dell’ipertesto. L’esperienza di chi li ha adottati dimostra che se si installano nell’area di libero servizio funzionano poco, perché i clienti fanno fatica a vincere le proprie remore e a sfogliarne le schermate. Sono invece un valido supporto alla vendita se posti nel retrobanco, perché consentono di vedere bene il prodotto anche a distanza, mantengono l’esposizione ordinata e aiutano il farmacista a rispettare i protocolli per il consiglio.

Un altro gruppo di innovazioni che senz’altro rispondono alle nuove esigenze del consumatore – e sul quale forse le farmacie devono ancora investire con convinzione – è quello che punta a velocizzare l’uscita dalla farmacia: casse veloci, casse automatiche, self scanning, Rfid (Radio frequency identification) per il riconoscimento automatico dei prodotti, pagamenti tramite mobile (“Just walk out”) tramite app. Ridurre code e attese alle casse è un elemento vincente e molto gradito dal consumatore, come confermano le esperienze condotte in altri canali del retail. Come posso fidelizzare i miei clienti fino a portarli all’advocacy? Mi riferisco alle 4 A di Derek Rucker:

  • Aware: il cliente scopre la farmacia.
  • Attitude: si fa un’opinione positiva della farmacia.
  • Act: se gli piace, decide di venire ad acquistare in quella farmacia.
  • Act again: soddisfatto, torna ad acquistare.
  • Advocacy: nell’era digitale, parla bene della farmacia in modo spontaneo.

Oggi il cliente è molto meno sensibile ai richiami del markteting, perché presta maggiore ascolto al fattore “F”: Friends (amici), Families (familiari), Facebook Fans (amici di Fb) e Twitter Followers (seguaci su Twitter). E’ il retail 4.0, quello in cui si realizza la perfetta fusione tra esperienza offline e online. In passato per avere successo nel retail bastava scegliere la location giusta e selezionare l’assortimento giusto, la parola d’ordine oggi invece è reinventarsi, fondendo perfettamente il canale fisico con quello digitale. E beneficiare al massimo livello dell’advocacy.

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