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Mediobanca: nel 2021 gdo +1,6%. Online +60%, ma la marginalità è negativa

Extracanale

Nel 2020 la pandemia ha impresso una netta spinta ai fatturati della gdo, ma l’abbrivio comincerà a esaurirsi già da quest’anno. E’ la stima che arriva dall’ultima edizione dell’Osservatorio di Mediobanca sulla distribuzione moderna italiana e internazionale, una lettura quasi obbligata per i farmacisti titolari che vogliono conoscere stato di salute e prospettive di breve periodo del loro principale competitor. I numeri, come si diceva, rimandano luci e ombre: nel 2020 la distribuzione moderna italiana mostra una crescita che dovrebbe aggirarsi attorno al 5% (i consuntivi sono in via di definizione), quest’anno invece la progressione non dovrebbe superare l’1,6%, per una crescita cumulata sul biennio del 3,3%.

Non tutti i canali della gdo, tuttavia, chiudono in positivo il 2020: vanno bene discount (+8,7%), supermercati (+6,8%) e drugstore (gli specializzati, +6,6%), continuano invece a soffrire le grandi superfici (oltre i 2.500 mq) che nel biennio 2020-2021 dovrebbero perdere il 4,8%. Caso a parte l’e-commerce, dal quale proviene uno dei cinque punti percentuali di crescita maturati dalla gdo nel 2020: la stima di Mediobanca è che quest’anno l’online dovrebbe lievitare ancora (+60%) e raggiungere una quota di mercato del 3%. Resta però l’incognita della profittabilità, perché il commercio a distanza continua a generare margini negativi di oltre il 10% e dunque i suoi costi sono finanziati dal canale fisico.

Un’altra evoluzione che le farmacie devono tenere sotto osservazione è il livello di concentrazione del comparto: nel 2020 le prime cinque insegne coprono il 57,5% del mercato, nel 2019 era il 52,8%. E’ un progresso significativo, ma in Paesi come Francia, Gran Bretagna e Germania il gruppo dei top 5 mette assieme il 75% del mercato. In ogni caso, la prima per market share è Conad (14,8%), seguita da Selex (13,7%) e Coop (12,9%). Rispetto a una decina di anni fa il terzetto di testa rimane invariato ma cambiano le posizioni: nel 2011 sul gradino più alto c’era Coop (15,3%), seguita da Conad (10,6%) e da Selex (8,1%).

In sostanza, rimane irrisolto il maggiore problema strutturale del comparto, ossia l’erosione della redditività: nel 2019 il Roi si è assestato al 4,9% rispetto al 5,6% del 2015-2017, ma la contrazione mostra valori molto differenti da un canale all’altro. Il discount cala dal 20,1 al 16,6%, la distribuzione organizzata dall’8,8 al 7,8%, la grande distribuzione dal 6,7 al 4%. Andamenti quasi analoghi per l’ebit, ossia l’utile operativo prima di oneri finanziari e imposte: complessivamente il comparto cala dal 2,5% del 2015-2017 al 2,1% del 2019, la distribuzione organizzata scende dal 2,8 al 2,4%, la grande distribuzione dal 2,9 all’1,9%. In controtendenza il discount, che cresce dal 4,7 al 4,9%.

Dall’analisi di Mediobanca arrivano anche dati interessanti sull’andamento delle singole insegne: l’ebit di Conad cala dal 2,5 all’1,8%, Coop conserva nell’intero quinquennio un margine negativo che nel 2019 tocca il -1,4%; la categoria dei drugstore (che comprende le insegne del cura persona) mostra nel 2019 un utile operativo al 4,6% e un roi al 12,3%, con vendite in crescita del 5,1% sull’anno precedente. Sul quinquennio 2015-2019, il campione delle vendite è Lidl Italia, che in media cresce dell’8,7% all’anno; seguono Eurospin e Agorà (+7,6%) e a ruota il terzetto Lillo-MD (+6,9%), VéGé (+5,3%) e Crai (+5,2%).

In termini di redditività del capitale investito (Roi) primeggia invece nel quinquennio Eurospin (20,2%), seguita da Lillo-MD (16,5%), Agorà e Lidl Italia al 12,9% e Crai all’11,9%. Tutti i restanti operatori sono sotto la doppia cifra, capeggiati da VéGé al 9,1%. Se invece il parametro è l’utile cumulato (sempre sui cinque anni) Esselunga si riconferma al primo posto con 1,3 miliardi, seguita da Eurospin (1.016 milioni), Conad (879 milioni) e VéGé a (839 milioni). Carrefour ha cumulato perdite per 603 milioni e Coop per 252 milioni. Esselunga mantiene anche il lusinghiero primato dell’insegna che nei suoi confini nazionali detiene la quota più alta di vendite per metro quadro: 15.900 euro, davanti alle britanniche Sainsbury (13.600 euro), Tesco (11.500) e Wm Morrison (11.200 euro). E’ un parametro che anche le farmacie dovrebbero cominciare a misurare stabilmente.

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