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Marca privata, nella gdo non serve più a inseguire il brand ma fidelizzare e fare storytelling

Extracanale

Era nata come un’alternativa al prodotto di marca posizionata esclusivamente sul prezzo, oggi invece la private label è un brand vero e proprio che genera loyalty verso il retailer o l’insegna dov’è commercializzata. E’ l’ultima di cinque generazioni di marca privata, che negli anni si sono succedute sugli scaffali della distribuzione moderna man mano che cambiavano strategie e obiettivi di markting. E così dalla “private label 1.0”, nata per consentire al retailer di dare convenienza ai consumatori senza pesare sulla marginalità, siamo oggi alla “5.0”, che sfida i brand leader sul terreno della qualità e dell’innovazione e si posiziona più sull’esclusività che sul prezzo. Ne ha parlato Marco Repezza, docente a contratto alla Business School dell’università di Bologna, nel webinar organizzato giovedì primo luglio da Retail Hub per dibattere di innovazione e marginalità nella private label.

La mdd (marca del distributore) rappresenta ormai nella gdo una solida realtà: nel 2020 il 28% delle vendite sommate di ipermercati, supermercati, libero servizio, discount, specialisti casa&persona ed e-commerce è arrivato dalle marche private. E l’uso strategico che le diverse insegne ne fanno è diventato nel tempo sempre più sofisticato. A confronto il canale farmacia – dove la private label è arrivata molto più tardi e genera una quota di mercato inferiore all’1% – sta ancora studiando la grammatica delle prime generazioni anziché l’ultima. Ma visto che ormai la gdo ha cominciato a sfornare linee a marchio anche per l’otc e l’healthcare (Coop e Conad, per esempio), buttare un occhio nel giardino del concorrente è un esercizio senz’altro opportuno.

 

La crescita generazionale della private label

1ª generazione 2ª generazione 3ª generazione 4ª generazione 5ª generazione
Ruolo del brand Generico “Me too” Brand del retailer Brand di categoria o segmento Brand originale e innovativo
Qualità Bassa Standard o bassa Prossima al brand leader Uguale al leader o migliore Migliore del leader
Innovazione Nessuna Da follower distanziato Da follower incalzante Da leader Prima dei concorrenti
Posizionamento Prezzo Qualità/prezzo Value for money Il migliore nella categoria/segmento Esclusivo
Copacker (produttore) Fornitori locali Produttore nazionale Produttore leader Produttore leader o azienda internazionale Specialista

 

«La private label» è la prima considerazione messa sul tavolo da Repezza «sta assumendo nella gdo ruoli sempre più differenziati tra le insegne. In altri termini, la strategia che fa perno sulla mdd tende a cambiare da un retailer all’altro a seconda degli obiettivi che persegue». Ma l’evoluzione più cospicua riguarda il ruolo della marca privata, il cui ruolo non è più quello di fare da follower del brand leader, ma di essere essa stessa leader facendo leva sull’innovazione di prodotto e di categoria. «Nella gdo» ha osservato in particolare Repezza «si sviluppano oggi linee a marchio che servono non più soltanto a migliorare la marginalità del retailer, ma anche a sviluppare la fedeltà al punto vendita e fare storytelling, in breve giocare sul marketing esperienziale».

 

Obiettivi della mdd, evoluzione delle priorità

 

La tendenza oggi emergente tra le catene della gdo, quindi, è quella di sviluppare un ecosistema di linee a marchio con cui brandizzare (ossia presidiare con il proprio marchio) tutti i segmenti di mercato. «In questo contesto» è la riflessione di Repezza «sono cambiati i parametri sui quali si valuta l’efficacia delle private label: nelle prime generazioni di mmd il focus era sulla brand competition e la marginalità, oggi che siamo alla quinta generazione contano in prima battuta differenziazione e loyalty e soltanto dopo viene la marginalità».

Si può insomma dire che nella gdo la private label tende progressivamente a uscire dalla “comfort zone” del marchio generico (che lavora sulla scia del brand leader secondo lo schema classico del me too) per cercare una propria originalità. «E’ qui che entra in gioco l’innovazione» ha concluso Repezza «che oggi significa sostenibilità, riscoperta dei territori, ricerca di un nuovo contatto con il consumatore». C’è di che riflettere anche per i farmacisti titolari.

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