Manovra, sullo 0,65% produttori e distributori ai negoziati. Dilemmi su diretti e farmacisti-grossisti

Filiera

La norma della Legge di Bilancio che con l’inizio dell’anno ha rivisto i margini della filiera sul farmaco Ssn – 66% all’industria e 3,65% ai distributori, mentre resta invariata la quota delle farmacie (30,35%) – assicura un sostegno significativo al comparto intermedio ma non risolve «il problema sistemico della sua sotto-remunerazione, risalente alla Legge 122/2010 che ha ridotto il margine spettante ai grossisti dal 6,65 al 3%». Di conseguenza, la rideterminazione delle spettanze disposta dalla Manovra andrebbe considerata «soltanto il primo passo di un percorso strutturale di attenzione e valorizzazione del servizio pubblico svolto quotidianamente dai distributori intermedi». Lo si legge nel comunicato congiunto che Adf e Federfarma Servizi, le due organizzazioni di rappresentanza del settore, hanno diffuso il 9 gennaio per rinnovare il proprio apprezzamento verso le disposizioni della Legge di Bilancio a loro rivolte. Con quel cenno al percorso da proseguire che sembra richiamare in qualche modo l’ingarbugliata matassa di rinegoziazioni e ricontrattazioni con cui le aziende della filiera stanno riassettando gli equilibri reciproci alla luce delle nuove marginalità.

Per riassumere con un certo ordine lo stato dell’arte conviene procedere per “segmenti”. Cominciamo dall’industria e in particolare dai genericisti, ossia le aziende che più hanno accusato il colpo per l’esiguità dei prezzi che contraddistinguono gli off patent: tra i produttori ci sarebbe chi nicchia (sostenendo per esempio che dal provvedimento sono esclusi gli equivalenti) e chi avrebbe già fatto sapere che si adeguerà, ai distributori però sarebbe già stato detto che – considerati i livelli risicati dei ricavi – ciò che arriverà dalle nuove quote di spettanza verrà ripreso a fine anno dalle premialità su marketing e acquisti (fascia C).

Il segmento a valle, le farmacie: nelle negoziazioni d’inizio anno, qualche retailer (titolari di farmacia, catene o reti, la cosa è relativa) avrebbe messo sul tavolo i nuovi margini per chiedere un ridimensionamento di compartecipazioni e altri addebiti fissi su consegne e servizi che i distributori hanno cominciato a richiedere da qualche anno additando costi in crescita e inflazione galoppante. Poiché – pare – qualche distributore avrebbe già deciso di incrementare o rivedere al rialzo la griglia dei propri fee, c’è da ritenere che il tema riscalderà non poco i rapporti tra distributori e farmacie in questa prima parte del nuovo anno.

Il segmento intermedio, la distribuzione: come si ricorderà, durante l’iter parlamentare della Manovra l’industria aveva sostenuto che la disposizione sullo 0,65% non avrebbe prodotto nulla perché i grossisti in un modo o nell’altro avrebbero “girato” alle farmacie anche quella quota, pur di assicurarsi qualche ordine in più. Ovviamente, tutte le aziende del settore sono ora impegnate a “curarsi” a vicenda per evitare che quella previsione si avveri. La Legge di Bilancio stabilisce che quello 0,65% in più è «incontendibile», ma non lo è quell’1% circa che sui tre punti a loro spettanti i distributori tendevano a conservare dopo le negoziazioni con le farmacie. E secondo indiscrezioni raccolte nei giorni scorsi da Pharmacy Scanner,  qualche grossista (di dimensioni nazionali, per di più) avrebbe già detto di essere pronto a giocarsi commercialmente quello 0,65%. Le associazioni di categoria, dal canto loro, promettono che vigileranno ma è anche vero che la Manovra non commina sanzioni nei confronti di chi viola l’incontendibilità.

Su tutto, poi, pesano le ombre di disposizioni che non possiedono la virtù della chiarezza. A partire, appunto, dal passaggio (articolo 1, comma 325) che sancisce «l’incontendibilità e l’incedibilità a titolo di sconto» della «maggiorazione dello 0,65%» a favore di «alcun soggetto appartenente alla filiera del farmaco». Non c’è del tutto chiaro però che cosa accade in caso di acquisto diretto da parte delle farmacie: si sarebbe tentati di concludere che in questi frangenti il produttore è legittimato a tenere per sé lo 0,65% (da cui un’ulteriore convenienza a vendere direttamente piuttosto che passare per i distributori), tuttavia c’è chi ha fatto notare che la legge impedisce ad altri soggetti della filiera di beneficiare di quella quota. Quindi nemmeno l’industria? E ancora: cosa accade se a ordinare è una farmacia con 219 (cioè un farmacista-grossista) che poi rivende al pubblico i farmaci acquistati come distributore? Come si verifica quale fine fa lo 0,65%?

Insomma, sull’applicazione delle disposizioni della Manovra che rivedono i margini di industrie e grossisti dilemmi e incertezze non mancano. È sempre più evidente, in particolare, che quei 70 milioni che secondo stime dovrebbero arrivare dallo 0,65% le aziende della distribuzione se li dovranno sudare, e forse non riusciranno comunque ad averli tutti. Ed ecco allora perché, in quel comunicato conginuto, Adf e Federfarma Servizi hanno fatto riferimento a un «percorso» che dovrà assicurare al comparto ulteriori sostegni.

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