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Made in italy, italiani pronti a spendere ma il tricolore non basta più

Consumatore

Il 75% dei consumatori di casa nostra, dice Nielsen, è disposto a spendere di più per un prodotto che dà la certezza dell’origine italiana. L’80%, poi, ritiene che l’origine delle materie prime dovrebbe essere facilmente ricavata dal packaging. E il 78% afferma di sentirsi rassicurato dalla certificazione di origine 100% italiana. I dati sono serviti alla società di ricerche per imbastire un dibattito tra i manager del Largo consumo che hanno partecipato all’Linkontro 2019, il workshop annuale di Nielsen sulle prospettive del retail. Ma danno indicazioni utili anche alla filiera farmaceutica, dove la carta dell’italianità non sempre viene giocata con convinzione: eppure “vende”, perché il consumatore la considera garanzia di qualità e genuinità. Vale innanzitutto per quelle gamme di prodotto che sono più spesso associate alla nostra tradizione (gli alimenti, per esempio), ma anche in diverse delle categorie che abitano usualmente in farmacia (come cosmetici e integratori/erboristici) l’italianità può avere il suo valore.

E’ un’indicazione da valutare soprattutto alla luce del significato che oggi il consumatore tende ad attribuire al made in Italy: abusi e imitazioni hanno generato uno scetticismo diffuso e quindi, dice Nielsen, «bandierine tricolori, aggettivi e formule che rimandano alla tradizione italiana non sono più elementi distintivi». Chi acquista, così, tende a cercare la certezza dell’italianità nelle etichette, nella provenienza delle materie prime, in quel “Km zero” che qui significa filiera rigorosamente tricolore.

Se si vuole fare leva sull’italianità, è quindi l’avvertimento di Nielsen, bisogna «presidiare il differenziale competitivo con una comunicazione in etichetta immediata e soprattutto con determinate garanzie: tracciabilità (nella filiera), territorialità (del prodotto e del distributore) e sistema (efficiente e trasparente)». Può essere impegnativo, ma non sarebbe in cambio di niente: come riferiscono i dati di Osservatorio Immagino, a fronte di una crescita dei prodotti genericamente “italiani” dell’1,9%, nel 2018 i prodotti “100% italiani” e con certificazioni di italianità crescono del 4,8%. «All’estero il made in italy è un brand richiestissimo anche nel beauty» commenta Srefano Fatelli, presidente del Gruppo cosmetici in farmacia di Cosmetica Italia «agli occhi del consumatore italiano, invece, il made in italy acquista interesse quando è sinonimo di green, naturale, ingredienti locali e filiera corta». E anche in questo caso, un’adeguata comunicazione sul punto vendita diventa cruciale.

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