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Votino: nell’era della multicanalità fidelizzare conta più che esporre

Consumatore

Tra gli effetti di maggiore impatto della multicanalità, c’è quello di avere emancipato i percorsi di acquisto dall’esposizione a scaffale: svincolato dai limiti di spazio e tempo del retail fisico, il consumatore può vivere la fase della scelta (del prodotto da acquistare) come un’affermazione di libertà e comodità. Per chi vende, tale rivoluzione obbliga a una radicale riscrittura della relazione con il cliente, che oggi va sostenuta con l’informazione e la fidelizzazione. Ne è convinto Antonio Votino, capo della divisione loyalty & direct marketing di IcTeam Lutech group, che a Pharmacy Scanner spiega perché la risposta dei retailer alla multicanalità deve passare per forza da un riorientamento delle strategie commerciali.

Votino, la multicanalità ha ridimensionato il ruolo del canale fisico nella relazione tra rivenditore e consumatore. Quali sono le conseguenze?
Negli anni ’90 le tre priorità del retail erano proporre, esporre, ridurre: propongo prodotti sempre nuovi, li espongo (a scaffale, ripiano, gondola) in modalità sempre nuove anch’esse, razionalizzo gli assortimenti in base ai comportamenti dei clienti.

E oggi?
Oggi la multicanalità ha svincolato la fase di scelta dalle logiche dell’esposizione fisica; il consumatore, così, matura le sue decisioni sulla base principalmente di un’offerta informativa che internet e social hanno reso ipertrofica. Di conseguenza le tre priorità del retail sono ora informare, coinvolgere, fidelizzare. Perché la transazione rappresentata dalla vendita è ormai la tappa intermedia di un percorso che comincia parecchio a monte, quando il cliente inizia a cercare informazioni, e si chiude molto più a valle, ben dopo l’acquisto, quando scatta la valutazione di ciò che si è comprato.

In che senso «coinvolgere»?
Il cliente è sempre più instabile e infedele, la digitalizzazione invoglia i clienti a cercare un’informazione preacquisto sempre più personalizzata, consulenziale e interattiva. Coinvolgere significa questo, accompagnare il consumatore alla scoperta del brand o del punto vendita. Il retailer che cerca di farlo con contenuti standardizzati, remoti, a basso costo, rischia seriamente di mancare il bersaglio.

Allora, come personalizzare e rendere coinvolgente l’informazione?
Serve una profilazione della clientela estremamente affinata che consenta di conoscere il cliente prima e dopo l’acquisto. E per questo i soli dati che si raccolgono dall’attività di vendita non bastano più. Si deve disporre di un sistema informatico aziendale che integri i dati provenienti dal database delle vendite con quelli del programma fedeltà; in questo modo, è possibile formulare e proporre un’esperienza di pre e post-acquisto ritagliata sul singolo individuo, cioè veicolata dai canali che lui preferisce e dai device che utilizza.

Possibile?
Per arrivarci occorre segmentare dinamicamente la clientela, valutare oggettivamente il potenziale di ciascun individuo in base non soltanto al suo comportamento nel punto vendita, ma anche a ciò che cerca navigando nel sito del retailer, nella sua app aziendale, nelle sue pagine social. Oggi la costruzione di una customer experience positiva passa dall’integrazione di transazione e relazione, soddisfacimento di esigenze e offerta personalizzata.

Quanti retailer sono pronti oggi a lavorare in questo modo?
Non saprei, di certo nel mass market c’è ancora un’ampia fetta di clientela sulla quale le insegne hanno una vista soltanto parziale. I modelli statistici che misurano la propensione all’acquisto sono ancora basati principalmente sull’analisi comportamentale, ma sempre più spesso si arricchiscono di indicatori esterni alla relazione di vendita, perché cresce la ricerca di profili di consumo potenziale inespressi. Siamo solo all’inizio.

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