Per difendersi dal capitale e dalle catene, le farmacie indipendenti devono aggregarsi. E’ il mantra del momento. Tutto giusto, a patto però di non dimenticare i corollari che ne discendono: si fa squadra per tenere fuori il nemico da un territorio, ma la squadra vince se c’è un progetto. E il progetto viene annunciato e comunicato dall’elemento che lo presenta al pubblico, l’insegna. Forse non sempre le reti di farmacia hanno colto la reale funzione dell’insegna: non è un gagliardetto con cui esplicitare l’appartenenza oppure un mero simbolo estetico, l’insegna è una promessa. Proprio così: l’insegna è un brand e come tale rappresenta una promessa al consumatore. E tanto più tale promessa sarà esplicitamente comunicata e mantenuta in tutti i negozi che la espongono, tanto più l’insegna diverrà qualcosa di riconoscibile, valoriale e differenziante.
Per costruire un’insegna bisogna partire dalla conoscenza delle leve del retailing-mix, ossia da quelle variabili che definiscono in modo inequivocabile la differenza tra i punti vendita dalla prospettiva del consumatore. Gli esercizi di una stessa insegna dovrebbero promettere (garantire) scelte omogenee in ciascuna di queste aree. Vediamole.
1. Place location (ubicazione). Centro città, periferia, paesino o capoluogo di provincia; ogni territorio ha il suo specifico mix di clientela, con bisogni, aspettative e soprattutto possibilità di spesa differenziati. Non si può presentare la stessa offerta a clientele tanto diverse, quindi sarebbe opportuno aggregare soltanto farmacie omogenee per ubicazione e profili di potere di acquisto.
2. Product (assortimento). Ampiezza e profondità dell’offerta, livello di sovrapposizione della stessa con i punti vendita dei canali concorrenti. Quante e quali categorie di prodotto si decide di trattare? Con quale profondità, in termini di numero di marche, numero di referenze, ampiezza delle fasce di prezzo? Non esiste una formula magica che esprima la migliore scelta, esiste “la scelta” che diventa elemento centrale della promessa.
3. Place lay-out&display. Come si organizzano gli spazi dedicati alle diverse categorie (lay out); come si dispongono le diverse referenze sugli scaffali (display). Dalla promessa iniziale discendono scelte coerenti che ovviamente devono essere rispettate da tutti gli esercizi dell’insegna.
4. Prezzo. Anche il posizionamento di prezzo definisce la promessa dell’insegna. Una pratica da consigliare, al riguardo, è che fin dall’inizio i partecipanti mettano sul tavolo i dati del proprio negozio. Per esempio lo scontrino medio, suddiviso per categoria: tu quanto fai nei solari? Quali marche esponi e a quanto le vendi? Come ti presenti al cliente? Perché sei così bravo nel cross selling? Fare squadra significa credere nel concetto che scambiare le rispettive eccellenze porta ad accrescere le proprie performance e a rimuovere le debolezze.
5. Promotion (comunicazione). Campagne, giornate a tema, promozioni. La promessa prende corpo e si concretizza anche e soprattutto in quest’area.
6. Livello di servizio. Parcheggi riservati (se l’aggregazione unisce farmacie del centro città, è un’opzione da considerare), tempi di attesa, servizi di autoanalisi, assistenza e consiglio, presenza di addetti per specifiche aree di prodotto, recapito a domicilio eccetera. E’ quello che nell’insieme si chiama “shopping experience”. Ed è determinante per la riconoscibilità dell’insegna: io scelgo i punti vendita di quella rete perché so che lì c’è uno specifico livello di servizio.
Arrivato a questo punto, il lettore avrà capito che il concetto di promessa introdotto in apertura non è altro che il posizionamento. Corretto: ogni insegna deve nascere da un progetto e il progetto definisce il posizionamento. E se a qualcuno il significato del termine non era chiaro, forse tradurlo con il concetto di “promessa” è stato di aiuto. Anche perché così, diventa più intellegibile un’altra regola delle aggregazioni: come ci sono promesse più vincolanti e altre meno, ci possono anche essere posizionamenti più o meno forti. Cioè declinati su alcune delle leve del retail mix anziché su tutte. Anche questa è un’opzione, basta che si sia consapevoli: la promessa è con il consumatore, il giudice supremo della consistenza di una promessa, della sua rilevanza e della sua credibilità. In fondo, ormai lo sappiamo, alla fine l’ultima scelta spetta a lui.