Pharmacy Scanner ha intervistato Damiano Marinelli, consulente delle farmacie indipendenti, per riprendere un tema molto importante, già sviscerato nel corso della nona edizione di Formamico, sui diversi ruoli che ricopre un titolare di farmacia.
Nel 2023 hai passato in rassegna le figure che popolano “l’organigramma tipo” di una farmacia: il titolare, il direttore, il collaboratore, eccetera. Ripercorriamo questa traccia per vedere le caratteristiche che nella farmacia di oggi devono avere tutte queste figure, a partire dal titolare.
«Il titolare di farmacia è fondamentalmente una “persona sola al comando” e guida una piccola/media impresa senza avere, però, il supporto di figure quali l’amministratore delegato, il direttore commerciale, il responsabile risorse umane, il responsabile finanziario, il direttore marketing. Il titolare di farmacia ricopre tutti questi ruoli e questo è un lavoro completamente diverso dalla professione del farmacista. Questo comporta che le attività che impegnano la maggior parte del tempo di un titolare, che di tutto si dovrebbe preoccupare, tranne che di trovare clienti, sono di tipo gestionale. A mio avviso ci si concentra molto sulla tattica, cioè comprare soluzioni, rifare la farmacia, senza chiedersi se quelle soluzioni possano fare al caso proprio. Vedo nella mia quotidianità farmacie piene di tutto: servizi, reparti, accessori e ognuna di queste soluzioni occupa tempo, spazio e sottrae risorse.
La domanda che si dovrebbe fare il titolare è: “quello che metto dentro alla farmacia aiuta o non aiuta a mantenere la l’autorevolezza (primo caposaldo della vendita) di cui gode la farmacia e il suo posizionamento?»
Mi pare quindi di capire che troppe farmacie si muovono in maniera estemporanea, quando sarebbe sicuramente più opportuno avere un progetto preciso.
«A mio avviso è necessario fare un passo indietro sulla visione personale del titolare che ha una sua storia, una famiglia, dei bisogni e la prima domanda che dovrebbe porsi è quanto gli occorre per vivere in termini economici. Una volta determinato questo, stabilire tutto il resto, in quanto poi investimenti sbagliati possono generare debiti, poi fidi, quindi costi maggiori, una resa minore e così via.
Se, quindi, accanto alla visione personale del titolare si guardassero i numeri del bilancio mese per mese, si potrebbero prendere decisioni basate sui numeri senza rischiare di fare passi falsi. Il banco genera il 99% del fatturato. Ogni altro “add on” richiede sforzi, costi, risorse che occorre valutare dati alla mano. Le farmacie dal punto di vista gestionale sono tutte uguali. Cambia, però, per ciascuna farmacia, la sfera finanziaria, il suo background, la sua storia».
Stai quindi dicendo che se il titolare non fa errori madornali la farmacia va e andrà avanti bene, corretto?
«Sì, perché il titolare acquista prodotti che venderà prima di doverli pagare ai fornitori. Non ha, quindi, bisogno di affidarsi a istituti finanziari se non per investimenti importanti che però devono essere fatti se ragionati e giustificati, basati sui numeri. Quando il titolare non è al banco dovrà occuparsi di questioni prioritarie, definite in base all’impatto economico che quelle attività hanno per la farmacia. Il titolare dovrebbe dare un valore orario al suo tempo, ottenuto dividendo gli utili annuali per le ore che passa in farmacia: otterrà, così, il valore del suo tempo. Ecco: tutte le attività che stanno sotto a quel valore dovrebbe delegarle/demandarle.
Per esempio, il titolare medio passa molto tempo a parlare con fornitori e rappresentanti e questo per ottenere magari 50/100 euro di sconto extra. I collaboratori producono un fatturato (per una media di 40 ore settimanali) che va dai 200 ai 500 mila euro all’anno. I 300 mila euro di differenza sono funzione del tempo che il titolare dedica alla crescita della sua squadra; voglio dire che il titolare dovrebbe dialogare in modo funzionale con i suoi collaboratori, individuando aree di miglioramento/aree critiche, ricoprendo il ruolo di direttore commerciale che ha il fine di ottenere il meglio dai suoi collaboratori».
Tu pensi che questa linea di condotta del titolare medio possa essere risultato di un errore di immagine che si ha della figura del titolare?
«Il principio dell’acquistare bene viene da un retaggio del passato. Un tempo il mercato era diverso da quello di oggi, dove c’è molta più offerta rispetto alla domanda per via dei diversi canali distributivi. Una volta c’era molta più domanda rispetto all’offerta. Ecco perché il mio motto è: “non vendi bene ciò che compri bene, ma compri bene ciò che vendi bene”. Numeri alla mano non è tanto un vantaggio comprare bene, quanto saper vendere bene. Senza avere un Modello di lavoro e senza lavorare sulla squadra, sulle persone, non si può pensare di ottenere molto dei 300 mila euro di prime.
In passato si consigliava ai titolari di avere un farmacista collaboratore ogni 400 mila euro di fatturato. La media di oggi è di un collaboratore ogni 275 mila euro di fatturato. Questo comporta una resa della farmacia completamente diversa, bassa, assenza di un modello di lavoro e nessuna strategia.
Ho sottoposto un questionario ai titolari chiedendo quanto margine produce ogni collaboratore: l’80% o non conosce tale valore o ha rappresentato valori bassi. I numeri sono fondamentali da conoscere».
Il titolare che vuole fare il farmacista e non il manager che soluzioni ha oggi?
«Io penso che ognuno debba fare il lavoro che sa fare, quello che non piace o che si fa mal volentieri dovrebbe essere delegato. Se, ad esempio, si fa fatica a scrivere le procedure andrebbero delegate ai collaboratori, i conti li può fare il commercialista; certo, questo ha un prezzo, ma forse ne vale la pena. Chiudiamo dicendo che la più importante domanda da porsi è: “Quanto ti serve per vivere?” è da questa che si deve partire».