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La Fedeltà oggi non è più punti e premi, ma conoscere il cliente per trattenerlo e farlo tornare

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In sei anni, dice una ricerca commissionata dall’Osservatorio Fedeltà dell’università di Parma, gli italiani che utilizzano almeno una fidelity card della farmacia sono cresciuti dal 10 al 28%. E’ un segnale che non va sottovalutato e per questo motivo propongo qui di seguito alcune riflessioni di accompagnamento.

1. Le aziende tendono oggi prestare molta cura ai clienti già acquisiti, perché non comportano costi di ingaggio e offrono importanti benefici. Quindi, se prima le fidelity card erano considerate driver di traffico, oggi sono lo strumento con cui consolidare la fedeltà del cliente per farlo tornare con maggiore frequenza affinché spenda di più.

2. È indispensabile disporre di un Crm (Customer relationship management), un gestionale della clientela nel quale profilare i clienti e aggiornare le informazioni sui loro acquisti.

3. Bisogna disporre di competenze o di partner qualificati per gestire il Crm, in modo da rivolgersi a ogni singolo “shopper” con il linguaggio giusto.

4. I comportamenti d’acquisto e le esigenze che portano i clienti all’acquisto o al non acquisto vanno analizzati e codificati.

5. Si deve disporre di una tecnologia che permetta di digitalizzare gran parte dei processi, in modo che ci sia un notevole risparmio di tempi e un’importante ritorno dall’attività svolta.

Le farmacie, nella gran parte dei casi, non utilizzano attivamente il proprio programma di loyalty, che finisce per essere usato solo allo scopo di registrare i punti della spesa e assegnare i premi. Ma questa pratica non è altro che una sorta di “sconto posticipato”, una forma di promozionalità ormai superata. La vera differenza tra un uso obsoleto o maturo dei programmi fedeltà la fanno i dati raccolti dalla farmacia, dati che servono a profilare puntualmente il cliente e quindi comunicare adeguatamente con lui, con contenuti che corrispondano davvero ai suoi bisogni.

Lo stravolgimento che questo periodo sta palesando dovrebbe portare tutti i titolari a rimappare la propria clientela, profondamente modificata dall’emergenza sanitaria e dal lockdown. Sono spesso cambiati i comportamenti d’acquisto e il farmacista che vuole rivedere di conseguenza le proprie strategie deve prima analizzare cosa è cambiato, come e perché. Meglio si conosce il cliente, più dati utili si hanno a disposizione, maggiore sarà la capacitò di ingaggio attivo.

Ritorna prepotentemente il tema “digitalizzazione”, che oggi diventa un progetto assolutamente indispensabile per organizzare o sviluppare l’azienda farmacia, che nulla ha di diverso con altri mondi del retail organizzato. Nell’intervista a Pharmacy Scanner, la responsabile scientifica dell’Osservatorio Fedeltà di Parma, Cristina Ziliani, osserva giustamente che gruppi e network hanno la possibilità di creare progetti di fidelity evoluti, perché dispongono di una propensione all’investimento superiore e le loro dinamiche favoriscono lo sviluppo di software finalizzati alla gestione del dato. Io mi permetto di dire che una farmacia privata di medie dimensioni può fare appello alle stesse risorse per dotarsi di un ottimo Crm e proporre una comunicazione interattiva efficace. Ma soprattutto, è in grado di intercettare efficacemente le abitudini d’acquisto del proprio portafoglio clienti e il suo personale (se ben formato) ha una vantaggio competitivo enorme che deve sfruttare.

La disruption da pandemia è una grande opportunità per chi, con lungimiranza, saprà muoversi rapidamente, per volgere a proprio favore il cambiamento radicale che è ancora in atto in tutto il mondo e non solo in farmacia. Mi piace concludere con un confronto tra farmacia ed e-commerce; quest’ultimo canale spende ingenti capitali nel reclutare nuovi clienti, proprio perché gestire la fedeltà d’acquisto è molto difficoltoso a distanza. Tutt’altra cosa per la farmacia tradizionale, che ha a suo vantaggio il rapporto fisico che il paziente-consumatore deve allacciare con il professionista al banco. Attenzione però: i dati dicono che oggi su 100 interazioni farmacista/cliente solo il 5% comporta davvero uno scambio di parole, il restante 95% si può definire attività di dispensazione e basta. Esorto quindi tutti i farmacisti a cambiare la loro visione del cliente, che rappresenta sempre l’unica fonte di sostentamento e crescita.

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