La farmacia di Milano che è Alphega fuori e Hippocrates dentro. Ma due brand non è meglio di uno

Mistery Shopper

Qualsiasi consumatore che entrando in un McDonald’s si vedesse offrire un Double Whopper (di Burger King) oppure, alla cassa di un Conad, si vedesse proporre la Fidaty Card di Esselunga sarebbe un po’ confuso. In farmacia invece le linee di demarcazione sono più evanescenti ed è tutt’altro che raro – come hanno confermato di recente Trade Lab e Iqvia – imbattersi in un titolare che aderisce contemporaneamente a più network, e quindi offre ai clienti la carta fedeltà di Valore Salute e la promozione di Aboca, oppure mette in vetrina le proposte di +Bene e all’interno le proposte promozionali della linea Farmacisti Preparatori. Non parliamo poi dell’infedeltà verso il grossista di riferimento: non è infrequente che il farmacista aderisca a più gruppi di acquisto nello stesso momento.

Non sarà così ancora per molto. Anche nel canale farmacia si sta affermando la logica – ormai consolidata nel resto del retail – per cui l’insegna comunica un’identità e quindi una proposta commerciale, un certo livello di servizio, un progetto fidelizzante. Basta vedere la comunicazione pubblicitaria di Lloyds, l’insegna per eccellenza nel canale farmacia. Ma altre seguiranno a ruota e ognuna si differenzierà dalle concorrenti per identità e posizionamento. E ai farmacisti chiederanno di scegliere: o con loro, o con un altro network.

 

La farmacia Procaccini di Milano. E’ passata da oltre un anno a Hippocrates, ma mantiene ancora il format Alphega. Però brochure e manifesti recano il brand Lafarmacia (con il punto rosso), una sovrapposizione di machi che non aiuta il cliente.

 

In questo contesto, lasciano stupite le scelte di alcune insegne che trascurano o mettono in un cassetto le regole più elementari del brand. Abbiamo già parlato di recente della farmacia della Stazione Centrale di Milano: appartiene ad Alliance Healthcare, vende i prodotti a marchio Boots ma non reca l’insegna della catena. Sempre a Milano, però, si può osservare un caso ancora più singolare, quello della Farmacia Procaccini, che prende il nome dalla via dove risiede. L’esercizio militava nel circuito Alphega, la rete di farmacie indipendenti che fa capo a Wba, e con l’ingresso nel network ne aveva adottato anche il format, sia all’esterno (insegna) sia all’interno (lay out e category).

 

Stessa sovrapposizione all’interno: il category è quello di Alphega (prima foto) ma l’espositore della promozione reca il logo Lafarmacia (seconda immagine).

 

Da più di un anno però la farmacia è passata al gruppo Hippocrates, il cui brand come noto è Lafarmacia (col punto rosso in chiusura). A tutt’oggi, però, l’esercizio veste ancora integralmente il precedente format, con il risultato di inviare al cliente due comunicazioni sovrapposte e quindi confuse: insegna, colori, vetrine e category sono Alphega, proposte commerciali, comunicazioni, rivista e carta fedeltà sono di Lafarmacia. E’ come se due voci diverse parlassero una sopra l’altra, viene da chiedersi che cosa capisce il consumatore. Ne viene fuori un danno tanto per l’identità di Alphega (che avrebbe dovuto far rimuovere i suoi segni distintivi) sia di Lafarmacia, che dopo avere inaugurato il flagship di Milano Cordusio avrebbe dovuto forse dare la precedenza alla ristrutturazione dei punti vendita acquisiti da altre reti.

 

Ancora una commistione: il layout è Alphega (prima foto), rivista e carta fedeltà sono Lafarmacia (seconda immagine).

 

E’ evidente che la nascita di un’insegna richiede tempo e investimenti. Non è realistico pensare che Hippocrates ristrutturi all’istante tutte le farmacie che compra. Ma un po’ più di attenzione a ciò che comunica ai suoi clienti andrebbe prestata, almeno se c’è l’intenzione di dare un’identità al brand. Se invece il progetto fosse quello di rivendere a breve tutte le farmacie, come continuano a ripetere gli esperti di gossip, allora andrebbe bene così.

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