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La domanda da non fare a un colloquio di lavoro: «Perché dovremmo scegliere lei?»

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Di solito i consigli per un buon colloquio di lavoro sono indirizzati a chi in questi frangenti si presenta nei panni del candidato. Ma ci sono regole e linee guida anche per chi sta dall’altra parte del tavolo, ossia l’azienda che il colloquio lo organizza. Negli ultimi tempi sempre più farmacie ci contattano per avere un supporto nella selezione del personale. I nostri clienti mi raccontano spesso le difficoltà che incontrano nella ricerca e i dilemmi che li assillano: come capire se il candidato che hanno davanti è la figura giusta? Come accertare che una volta assunto, rimarrà fedele all’azienda e non se ne andrà dopo poco?

Di solito rassicuro ricordando che il colloquio è lo strumento migliore per trovare risposta a questi dubbi, a patto però che sia preparato, non sia lasciato all’improvvisazione e che sia funzionale a un’analisi ben perimetrata. Mi spiego meglio: mi capita sempre più spesso di dover affiancare materialmente il cliente nei colloqui di selezione perché c’è il forte rischio che questo, lasciato solo, cominci a divagare con domande ai candidati poco attinenti o addirittura bizzarre, quindi inefficaci rispetto all’obiettivo.

Ecco alcune domande-tipo che trovo fuorvianti e andrebbero ripensate:

  1. La più inflazionata: «Perché dovremmo scegliere lei?». Sappiamo tutti che in farmacia il mercato del lavoro si è ribaltato. Avrebbe quindi più motivi il candidato, oggi, a chiedere alla farmacia «perché dovrei venire a lavorare qui»? Conviene allora che il cliente si chieda quali informazioni vuole ottenere con quella domanda e la riformuli. Per esempio: «Dal suo punto di vista, quali caratteristiche del suo profilo collimano di più con la nostra esigenza? Quali meno?». Dalla risposta, potremmo valutare la consapevolezza che il candidato ha di sé e se si evidenziano eventuali gap formativi da colmare.
  2. La domanda evergreen: «Dove si vede fra 5 anni?». Nell’ultimo biennio abbiamo affrontato una pandemia che ha stravolto il mondo, è evidente che nessuno è in grado di rispondere a una domanda come questa. Se – com’è probabile – lo scopo è quello di capire se può puntare sul candidato nel lungo periodo, allora potremmo chiedere: «Cosa la motiva al lavoro?», «Quali sono i suoi obiettivi professionali futuri?», «In quale tipo di farmacia vorrebbe lavorare?». Si potranno poi confrontare le risposte del candidato con quanto offre la farmacia per contesto e prospettive e valutare le corrispondenze.
  3. La domanda quiz: «Mi indichi tre suoi pregi e tre difetti». Anche in questo caso è opportuno chiedersi prima qual è l’informazione che vogliamo ottenere: ci preme capire in quale modo potrebbe comportarsi il candidato nei momenti critici? Allora si potrebbe riformulare così: «Mi racconta un episodio in cui si è trovato a gestire una situazione stressante in farmacia? Come si è comportato?». Oppure: «Mi racconta un episodio in cui si è trovato a gestire un cliente difficile?».

La linea che consiglio sempre è di procedere per gradi: innanzitutto vanno individuate le competenze che si vogliono valutare nel colloquio; quindi occorre trasformare queste competenze in comportamenti da sottoporre ad analisi e valutazione. Le domande devono essere sempre attinenti al ruolo per cui si sta selezionando. Parlare degli hobby del candidato può essere un’informazione aggiuntiva e complementare, ma è importante trasmettere innanzitutto la consapevolezza che il colloquio si sta svolgendo in modo pragmatico e professionale. A chi volesse approfondire, suggerisco questo articolo sul tema L’intervista comportamentale che ho pubblicato su Linkedin.

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