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La disruption da coronavirus investe la ricetta. E c’è chi lavora per digitalizzare l’intero percorso medico-farmacia

Filiera

«Buongiorno dottore. La chiamo perché avrei bisogno della mia ricetta per la metformina». «Certo, due minuti e le invio la solita mail». «Grazie, così la giro subito alla mia farmacia e concordo l’ora alla quale passare. Anzi no, stavolta chiedo il recapito a casa». Sembra un dialogo tra medico curante e paziente di qualche Paese del nord Europa o d’Oltreoceano, dove da tempo si preferisce far viaggiare prima i dati e i farmaci e soltanto dopo (se proprio serve) le persone. Invece, è ciò che molto presto potrebbero dirsi dottori e assistiti del nostro Paese se non verrà sprecata l’accelerazione “disruptive” che l’emergenza da covid-19 ha impresso al vecchio percorso della ricetta rossa.

L’opportunità, come si sarà capito, arriva dall’Ordinanza della Protezione civile del 19 marzo che allarga a tutto il territorio nazionale la dematerializzazione del promemoria (per i farmaci del canale convenzionato) e della ricetta rossa (per i farmaci del Pht in distribuzione per conto nelle farmacie): in sostanza, da qualche giorno (o da qualche settimana, nelle regioni che già avevano anticipato la novità) non è più necessario recarsi personalmente dal medico per farsi prescrivere un farmaco; basta chiedere l’invio del pdf della ricetta (per mail) oppure il suo codice nre, ossia la “targa” che identifica la prescrizione (per sms, Whatsapp o simili). Con l’uno o con l’altro, si va poi in farmacia e si ritira il medicinale.

Ci voleva – purtroppo – il coronavirus perché il nostro Paese digitalizzasse davvero la ricetta rossa. Quella rivoluzione “farlocca” che un lustro fa aveva sostituito il ricettario rosso con il promemoria, infatti, non aveva dematerializzato un bel niente, perché a un pezzo di carta ne era subentrato un altro. E nulla era cambiato nel percorso che il paziente – ricetta o promemoria in mano – doveva coprire per avere i suoi farmaci.

Ora invece, con l’epidemia di coronavirus che spinge sul serio la Sanità pubblica a far camminare i dati anziché le persone, la dematerializzazione della ricetta fa davvero i suoi primi passi. Un nuovo corso sul quale cade la “benedizione” di Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale (Simg): ««Abbiamo scoperto che si possono liberare i cittadini dall’inutile percorso casa-medico-farmacia-casa per ritirare due scatole di un farmaco che prenderanno per anni. E stiamo scoprendo che – se i pazienti lo desiderano – potremmo tranquillamente consegnare i farmaci direttamente a casa. Un solo passaggio, prescrizione/invio/consegna». Per Cricelli, poi, il processo è soltanto alla prima tappa e i cambiamenti investiranno anche la medicina di famiglia: «Tutto il misurabile a distanza sarà misurato, tutto il prenotabile sarà prenotato, tutto il dematerializzabile sarà dematerializzato, tutto il digitale sarà utilizzato».

Come certi dolci, poi, quando gli italiani assaggeranno la prima fetta di digitalizzazione e ne proveranno i benefici, non vorranno più rinunciare. Anche se, al momento la dematerializzazione è un processo ancora ingessato: il medico deve allegare il pdf della ricetta a una mail oppure copia-incollare il nre su un sms, due operazioni non proprio fulminee; e il farmacista che si vedrà arrivare il paziente con lo smartphone in mano, dovrà a sua volta ridigitare la “targa” della ricetta e il codice fiscale del paziente sulla tastiera del pc, oppure armeggiare con il cellulare di chi gli sta davanti per ingrandire il pdf e leggere i codici a barre con lo scanner. Insomma, i cambiamenti veri sono ancora di là da venire.

Il vaso di pandora però è stato scoperchiato e da qui in avanti sarà gara aperta tra informatici e software house per migliorare “l’usabilità”, a beneficio tanto del paziente quanto di farmacista e medico. Con startup e catene di farmacia in prima fila: come Pharmacy Scanner riferisce in un altro articolo, qualche società dell’home delivery ha già colto la palla al balzo e ha inserito nella propria app un nuovo campo dove il cliente che ordina un farmaco e chiede il recapito a casa può inserire il”nre”. E anche in Alphega, il network di farmacie indipendenti che fa capo a Wba, stanno lavorando alla propria app per non farsi sfuggire le opportunità della dematerializzazione.

Ma la vera “disruption” dovrebbe arrivare dalle software house che producono gestionali, per la farmacia così come per il medico di famiglia. «Finora la dematerializzazione completa della ricetta rossa non era mai riuscita a superare i tavoli della concertazione governo-regioni» osserva Leonardo Soldati, vicepresidente Business development groups and key accounts di Cgm Italia «e il mondo della farmacia non ha potuto far altro che subire questi ritardi. Ora l’epidemia è riuscita a “stappare” il collo di bottiglia e la nostra intenzione è quella di afferrare l’opportunità».

L’obiettivo è quello di fare leva sulle soluzioni digitali per semplificare ulteriormente il percorso della ricetta tra medico, paziente e farmacia. Con benefici e comodità significative per tutti. «Il progetto al quale stiamo lavorando» spiega Giuseppe Moretti, vicepresidente Pharmacy information systems di Cgm, che produce software tanto per i medici quanto per i farmacisti «punta a realizzare una web application che faccia da ponte tra i tre attori: il curante, dal suo gestionale, prescrive la ricetta e con un semplice comando invia al paziente una mail con il nre della ricetta; il destinatario decide se stamparla e recarsi di persona in farmacia, oppure cliccare su un pulsante generato automaticamente nella mail e raggiungere una pagina web, dove selezionare la farmacia di fiducia e trasmettere i dati della prescrizione. Il farmacista, infine, riceve questi stessi dati sul proprio gestionale, scarica la ricetta e, sempre via mail, comunica al paziente quando venire a ritirare i farmaci». La digitalizzazione, poi, consentirà l’aggiunta di ulteriori opzioni. «Nel messaggio che l’assistito riceve dal medico e invia alla farmacia» conferma Moretti «è presente una casella da convalidare nel caso si voglia il recapito a casa del farmaco, sempre che la farmacia offra il servizio, ovviamente».

Tra qualche settimana, assicurano a Cgm, la web application verrà fornita a una decina di farmacie pilota per verificarne la funzionalità, quindi – dopo una quindicina di giorni di test – potrà essere presentata al mercato. «E sarà soltanto il primo passo» aggiunge Soldati «perché gli sviluppi che si prospettano sono parecchi: attraverso un sistema di delega a distanza, per esempio, il paziente cronico potrà affidare alla sua farmacia di fiducia il refill dell’intera terapia farmacologica, con il medico che – a distanza – vigilerà su aderenza e rinnovo delle forniture. E non solo: fatti i dovuti adattamenti legati alle differenze legislative, un giorno le farmacie potranno offrire un servizio non molto lontano da quello che Pillpack eroga ai cronici americani».

Tra le aziende che già lavorano alla digitalizzazione totale della ricetta c’è anche Pharmagest, che in Italia produce gestionali per la farmacia e per le aziende della distribuzione intermedia. «La dematerializzazione del promemoria» è la valutazione di Renato Calonghi, ceo del gruppo «apre prospettive importanti e noi abbiamo già pronti diversi strumenti che consentono di afferrarle. I nostri gestionali Sophia e Easyfarma, per esempio, sono già abbinati a un’ app che l’assistito può utilizzare per inviare alla farmacia il nre della ricetta. Basta aggiungere all’app l’identificativo del medico, e il percorso è completo». Per Calonghi, tuttavia, gli scenari che si aprono sul medio periodo sono ben altri. «A Marsiglia il nostro gruppo è coinvolto in un progetto sperimentale di respiro europeo che coinvolge più di 300mila pazienti, qualche centinaio di farmacie, sette ospedali e svariati laboratori. Tutti sono collegati a una piattaforma cloud che è in grado di dialogare con i software e gli ambienti di ogni struttura e condividere informazioni sanitarie, cartelle cliniche, referti e ovviamente ricette mediche. Secondo noi è questa la base di arrivo, e il nostro auspicio è che la sanità italiana, come quelle degli altri Paesi, lavori in questa direzione».

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