Quando è il momento migliore per cambiare? Prima che farlo sia una scelta obbligata. I farmacisti si guardino attorno: il mercato accelera su più fronti, il cliente è più informato ma con capacità di spesa in contrazione e quindi si fa più attento e selettivo; la concorrenza si organizza (catene, network, parafarmacie, e-commerce); le abitudini d’acquisto mettono assieme canale fisico, online e ibridi come il click&collect; intanto i costi lievitano silenziosi (canoni, pagamenti, logistica) e il costo del capitale, insieme alle scorte bassa rotazione, pesano sulla cassa. Restare fermi significa lasciare che siano gli altri a decidere la nostra traiettoria. Muoversi prima, invece, vuol dire tenere il timone.
La prima leva è la consapevolezza economico-finanziaria. La farmacia vive di relazione e salute, ma si governa con i numeri. Non serve farne una religione: bisogna far parlare le cifre con rigore e regolarità. Cassa, utile, composizione del margine, rotazioni, giorni di giacenza, scorte morte, debiti e crediti (con le rispettive scadenze) sono gli strumenti per distinguere valore da volume, da leggere in appuntamenti fissi, prestabiliti e non derogabili. Un dato che pesa: il reddito medio del farmacista è sceso da 117.700 euro (2017) a 107.098 euro (2023), –9% (fonte: Osservatorio sulle entrate fiscali 2025, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, pubblicato su Il Corriere della Sera dell’altro ieri). Come dice un accorto farmacista ligure: «Non avremo la complessità della Fiat, ma siamo pur sempre un’azienda da gestire».
Dall’analisi di bilanci e Kpi delle farmacie che cominciano con noi un percorso di assistenza, emerge che nel 71,2% dei casi si rilevano ampi spazi di miglioramento: margine che scivola, conti non allineati, magazzino che soffoca la cassa, processi disomogenei, organici sovradimensionati, canoni/commissioni mai rinegoziati. Nel 13,4% emergono criticità importanti da mettere subito in sicurezza; solo il 15,4% rivela di non avere problemi.. Caso reale: in un recente incontro con una nuova una farmacia, si scopre che il titolare dispone di un affidamento bancario con costi da 11mila euro l’anno, anche se non l’ha mai usato. È un segnale: i costi invisibili erodono utile e cassa se che nessuno li metta a fuoco. Ci capita spesso di incontrare titolari entusiasti per un aumento del fatturato: peccato che, scavando, si scopre che l’utile in realtà è calato perché nel frattempo sono entrati nuovi costi — piattaforme, servizi, sconti, logistica — che hanno mangiato silenziosamente la marginalità; oppure fanno zavorra condizioni d’acquisto non aggiornate, o ancora giacenze lente che immobilizzano cassa. E’ necessario rendere visibili i numeri, trasformarli in decisioni (chiudere ciò che non serve, rinegoziare ciò che pesa) e liberare risorse per il cuore della farmacia.
La seconda leva è l’aggregazione. Non significa perdere identità: significa guadagnare forza dove da soli si è troppo piccoli: condizioni d’acquisto, potere negoziale, strumenti, competenze e dati condivisi. Il parallelismo con il canale della gdo non è una provocazione, è una bussola. I dettaglianti che si sono consorziati sotto un’unica insegna hanno semplificato processi e acquisti, migliorando i margini; molti negozi “di famiglia” hanno guadagnato metodo e scala senza perdere identità.
Oggi quindi l’interrogativo cui la farmacia deve rispondere non è “se” aggregarsi ma con “chi”, cioè con quale modello e a quali condizioni. Occorre scegliere il partner giusto, che offre le condizioni migliori (sconti, premi, dilazioni), che dà più forza nelle negoziazioni con i fornitori, assortimento e planogrammi che girano, logistica e riordino più efficienti con meno rotture di stock, costi condivisi su tecnologia e marketing, dati e benchmark per decidere, formazione e procedure comuni. In sintesi: meno costo unitario, più margine trattenuto, cassa che respira.
La terza leva sono le persone: benessere del team e welfare. I dati parlano chiaro: il 49% di chi lavora patisce stress correlati alla sua occupazine, 76% con segnali di burnout e 28% con diagnosi; l’84% dei leader garantisce di “ascoltare” i suoi collaboratori, ma tra questi ultimi lo conferma solo il 42% (Osservatorio Mindwork–Bva Doxa 2025; fonte: Il Sole 24 Ore). In farmacia, politiche di welfare e pratiche semplici migliorano il clima: un team allineato significa meno stress, risposta più rapida al banco e maggiore coesione; il titolare guadagna serenità gestionale e migliore work–life balance, e l’azienda-farmacia trattiene più valore.
Un segnale positivo arriva anche dalle nuove generazioni: affiancano i genitori e guardano la farmacia attraverso i numeri, senza perdere il cuore della professione. Così cadono alcune illusioni: un reparto che “gira” può consumare margine; una promo che “piace” può erodere valore; una consegna “comoda” può costare più del previsto se disegnata male. Con i numeri chiari, le decisioni sono più leggere.
In un’era in cui il cambiamento non chiede permesso, l’obiettivo è guidare: scegliere alleanze, togliere ciò che non serve, potenziare ciò che rende, investire dove conta. Liberiamo ore dalla rincorsa operativa e riportiamole sulla relazione professionale. Spostiamo il focus da “quanto abbiamo fatturato” a “quanto valore abbiamo trattenuto”, puntando a serenità gestionale e miglior work–life balance.
Cambiare prima di doverlo non è fretta: è serenità programmata. Acquistare tempo, mettere i conti in ordine, scegliere alleanze utili, fare cose semplici con costanza. Il resto — fatturato più sano, utile più stabile, cassa che respira — viene di conseguenza. Consapevolezza per vedere, aggregazione per crescere, disciplina per durare: il mercato cambierà comunque. La differenza è tra chi lo subisce e chi lo guida. Meglio guidarlo.