Il copione si ripete: la Bce continua a innalzare i tassi d’interesse per contrastare l’inflazione (l’ultimo scatto, dal 3,75 al 4%, è del 21 giugno, ma già si ipotizzano nuovi interventi) e i grossisti del farmaco adeguano di riflesso le condizioni di pagamento praticate alle farmacie clienti. È il caso per esempio di Cef, che dal primo di luglio ha adeguato il tasso mensile sui pagamenti superiori ai 30 giorni allo 0,083%. Dal 23 giugno, poi, la cooperativa era passata alla fatturazione settimanale con emissione ogni 8, 15, 23 e 30 del mese. «Le attuali dilazioni/scadenze di pagamento rimangono invariate» aveva avvertito la cooperativa nella lettera inviata alle farmacie per annunciare la novità «inoltre in un’ottica di ottimizzazione del circolante proponiamo una serie di nuove opportunità che consentiranno a entrambi (farmacie e distributore, ndr) di gestire al meglio liquidità e conto economico». In sintesi, Cef propone da un paio di settimane un extrasconto dello 0,05% su tutto l’acquistato alle farmacie che accettano di saldare tramite sdd/rid, oppure un extrasconto dello 0,03% se il pagamento avviene tramite riba. In entrambi i casi, avverte Cef, le dilazioni decorreranno dalla data della fattura.
In aggiunta, la cooperativa propone alle farmacie clienti che hanno «liquidità da investire» due ulteriori opzioni: un ulteriore extrasconto dello 0,12% ai titolari che accettano una dilazione ridotta a 15 giorni (e hanno scelto il pagamento con sdd/rid); per chi ha optato pt il riba, invece, la proposta è di un extrasconto da 0,25% in cambio di pagamenti con dilazione ridotta a sette giorni, sempre su tutto l’acquistato. «A titolo esemplificativo» scrive Cef «su un fatturato mensile di 50mila euro si riceverà un extrasconto annuo complessivo pari a 1.500 euro per l’opzione che riguarda la dilazione a sette giorni, oppure 720 euro nell’altro caso».
Nella lettera, la cooperativa motiva le nuove condizioni con la congiuntura finanziaria: «La Bce è all’ottavo rialzo dei tassi da luglio 2022 e ulteriori aumenti sono già stati annunciati. La maggior parte dei costi impliciti ed espliciti addebitati dal sistema bancario sino a oggi è stata assorbita dalla cooperativa, ma l’ultimo rincaro impone una riflessione a tutto il sistema farmacia e distribuzione».
Prima di Cef era toccato a Sofarmamorra intervenire sulle condizioni del servizio alle farmacie clienti. In una lettera risalente ai primi di giugno, il distributore campano aveva infatti rivisto le condizioni del fee sulle consegne introdotto a primavera: il contributo logistico di un euro, che in precedenza era applicato alle consegne per ordini mensili sotto i 5mila euro, viene addebitato da giugno alle farmacie che hanno sviluppato nel mese precedente un fatturato inferiore a 10mila euro; i clienti che hanno sviluppato nel mese precedente un fatturato mensile tra 10mila e 30mila euro si vedono invece addebitare una quota di 0,50 euro a consegna. In quest’ultimo caso, «non sarà previsto alcun contributo se la farmacia opta per una dilazione pari o inferiore a 30 giorni, con fatturazione e riepilogo quindicinale».
Anche la lettera di Sofarmamorra chiama in caso la difficile congiuntura finanziaria: «L’incremento esponenziale dei costi del denaro, una sempre maggiore richiesta di elevati standard di qualità non supportata da congrui margini e il necessario sostegno economico ai partner logistici» scrive il distributore «rendono il nostro lavoro sempre meno sostenibile». «Con gli attuali tassi di interesse» spiega a Pharmacy Scanner Ettore Morra, general manager del gruppo «stimiamo di ritrovarci a fine anno con un extracosto di sei milioni di euro sulle anticipazioni bancarie».
Anche altri distributori stanno riflettendo sulle contromosse più opportune per rispondere all’insopportabile pesantezza del costo del denaro. «In questo 2023» dice a Pharmacy Scanner Stefano Golinelli, presidente di Farmacentro «abbiamo visto crescere in proiezione il costo del denaro di ben quattro volte. L’incremento si va a sommare alla crescita dei costi energetici e a quello del personale e, da solo, si mangerà gli utili raggiunti lo scorso anno. Quindi è impossibile che le nostre aziende continuino a riversare marginalità ai soci senza reciprocità. Dico questo perché in un mondo in cui tutto aumenta a causa della difficile congiuntura economica, in cui leggiamo di rincari in ogni settore, sembra che alcuni si aspettino che le cooperative abbiano la bacchetta magica e riescano a non addebitare costi come fanno tutte le altre aziende che, come noi, fronteggiano gli aumenti delle materie prime».
Intanto dagli economisti arriva un segnale d’allarme: proseguisse, la stretta monetaria vedrebbe cadere per prime le imprese più indebitate, tra le quali figurano molte aziende controllate dai fondi di private equity e acquisite spesso con la tecnica del “leveraged buyout”, cioè con capitali a credito. Ma l’aumento rapidissimo del costo del denaro ha preso in contropiede molti fondi che non hanno provveduto per tempo a coprire il rischio sul tasso sul debito delle controllate.