Una buona parte degli italiani è convinta che anche nel futuro prossimo gli integratori aiuteranno a tenere le persone in salute. Lo dice una survey condotta da Future Concept Lab per Unione Italiana Food e presentata la scorsa settimana all’Assemblea annuale di Integratori & Salute, l’associazione che rappresenta le imprese del settore. Intitolata “Immaginati nel 2040”, la ricerca ha indagato su opinioni e attese degli italiani riguardo alla loro salute tra 15 anni: più di un intervistato su due (55,3%) ammette di guardare al futuro con un po’ di ansia, due su dieci (19,3%) si dice senza esitazione preoccupato, uno su quattro è ottimista (25,4%). Per quanto concerne la quotidianità, invece, il 73% ritiene che nei prossimi 15 anni la ciò he conterà più di tutto sarà la salute, seguita dall’ambiente (64,8%) e dal cibo, inteso come alimentazione sana e sostenibile (59,4%).
Riguardo a questo specifico tema, in particolare, gli italiani si aspettano che in futuro sarà sempre più bisogno dell’integrazione alimentare per sostenere le difese immunitarie (60%), per aiutare cuore e pressione (42%), per tutelare il benessere psicofisico (32,4%), per la salute intestinale (27,1%), ma anche per l’aspetto fisico (23,8%). Gli integratori, inoltre, saranno utili in futuro anche per compensare eventuali carenze di prodotti alimentari legate al cambiamento climatico (27,8%) e come alleati del sistema sanitario nella prevenzione (26,2%), per una salubre dieta alimentare quotidiana (25,8%) e infine per ottimizzare la corretta assunzione di nutrienti essenziali (20,2%).
La fotografia che ne emerge mostra un’evidente continuità con il presente: secondo un’altra indagine condotta da Future Concept Lab, questa volta nel 2022, sono quasi 30 milioni (cioè il 73% della popolazione adulta) gli italiani che hanno consumato almeno una volta un integratore alimentare e più di 8 su 10 (83%) coloro che li hanno usati nel corso della propria vita. «Oggi registriamo una crescita del settore più contenuta rispetto agli anni passati» commenta Germano Scarpa, presidente di Integratori & Salute «ma parliamo comunque di un mercato che è ormai divenuto molto più solido e maturo. Le persone che si avvicinano agli integratori sono sempre di più e chi li usa dimostra una fedeltà crescente».
Conferma l’analisi di Unione Italiana Food su dati New Line: nel 2023 il fatturato del comparto ha raggiunto i 4,5 miliardi di euro e le vendite in unità hanno sfiorato le 300mila tonnellate. L’Italia si conferma il primo mercato europeo, con una quota del 26% del fatturato totale, seguita da Germania (19%) e Francia (15%). Il canale di vendita di gran lunga prevalente rimane quello delle farmacie, con un valore di 3,5 miliardi di euro (per una quota di mercato del 78%), seguono a grande distanza la gdo (7,7%), le parafarmacie (7,6%) e l’e-commerce (6,9%).
Ma il mercato è in forte crescita anche a livello mondiale: secondo dati che Intesa Sanpaolo ha presentato all’Assemblea di Integratori & Salute, gli scambi internazionali sono quasi triplicati negli ultimi quindici anni. L’Italia ha acquisito nel tempo una crescente specializzazione e nel 2023 le esportazioni hanno raggiunto un valore di 1,9 miliardi di euro, con un saldo commerciale ampiamente positivo (894 milioni). Nei primi sei mesi del 2024, nonostante il rallentamento generalizzato del commercio mondiale, l’export italiano di integratori alimentari ha mantenuto una crescita a doppia cifra, meglio dei principali competitor europei.
«Un utilizzo più strutturato degli integratori nei prossimi anni» ricorda il presidente di Integratori & Salute, Germano Scarpa «può costituire un’importante risorsa per i sistemi sanitari nazionali. L’integratore alimentare ha un ruolo cruciale nell’allungare il tempo di salute delle persone. Come ha dimostrato una recente ricerca di PwC su dati Food Supplements Europe, l’adozione su larga scala di Omega 3 potrebbe far risparmiare alla spesa sanitaria dei Paesi europei circa 20 miliardi di euro».
Tuttavia, imprese e produttori sono impensieriti dalla situazione normativa a livello europeo. «È auspicabile una regolamentazione della materia armonizzata a livello europeo» osserva Scarpa «per rendere le imprese italiane sempre più competitive e all’avanguardia. Oggi invece ci troviamo di fronte a una regolamentazione frammentata che penalizza l’innovazione. Anche i processi di registrazione di nuovi nutrienti, come i “novel food”, vengono gestiti con metodologie ormai superate rispetto alle attuali conoscenze; una loro semplificazione comporterebbe enormi benefici sia per il settore che per i cittadini».