Negli ultimi giorni due notizie hanno attirato l’attenzione del mondo farmacia: la possibile cessione di 27 farmacie da parte di Q Farma, la società nata dalla joint venture tra Cef e Unico, e le trattative (peraltro smentite dalle parti) per l’acquisizione del gruppo Farmacie Italiane da parte di Dr.Max. Due episodi apparentemente distinti che raccontano, in realtà, una stessa trasformazione di fondo: il modello della farmacia come investimento finanziario sta lasciando spazio a una logica di gestione dinamica, di rete e di valore operativo.
Dalla proprietà alla performance
Per anni la crescita nel settore è stata legata alla proprietà del punto vendita. Oggi invece si parla di gestione efficiente del portafoglio: chi ha molte farmacie sta ridefinendo cosa tenere, cosa valorizzare e cosa eventualmente dismettere. Non è un segnale di crisi, ma un cambio di paradigma: si sta passando da un’economia della quantità a una logica di qualità e marginalità.
In altre parole, il valore non è più “avere tante farmacie”, ma avere farmacie performanti.
Le grandi catene sotto pressione
Le dinamiche finanziarie sono chiare: fatturati importanti ma ebitda compressi e indebitamenti crescenti. Farmacie Italiane, secondo i dati pubblicati dal quotidiano Milano Finanza (che aveva dato notizia delle presunte trattative), sviluppa circa 250 milioni di fatturato ma con un utile netto di poche centinaia di migliaia di euro. Nel frattempo, la rete di Q Farma è geograficamente dispersa e complessa da gestire, con costi organizzativi e di personale che incidono fortemente sulla marginalità. Da qui la necessità per entrambi di rifocalizzarsi sul core business, magari cedendo gli asset meno strategici per investire su nuove direttrici di sviluppo.
Cosa significa per i titolari indipendenti
Ogni volta che un grande gruppo vende, il mercato si muove. E quando tanti vendono, i valori cambiano: il moltiplicatore sull’ebitda tende a scendere e i fondi cercano opportunità a prezzo più basso. Per i titolari indipendenti è un’occasione: rafforzare il proprio posizionamento locale e differenziarsi attraverso competenze, servizi e customer experience. Ma soprattutto, i farmacisti hanno l’opportunità di accrescere la loro consapevolezza imprenditoriale: analizzare i propri numeri, capire cosa genera valore reale e costruire una farmacia che non si limiti a vendere prodotti, ma offra un’esperienza distintiva e fidelizzante.
Il valore della farmacia si costruisce, non si eredita
In un contesto dove anche i big ripensano i propri modelli, la farmacia del futuro non sarà definita da chi la possiede, ma da come la gestisce. Il valore, in particolare, nasce da:
- competenze manageriali;
- lettura dei dati;
- capacità di innovazione;
- qualità dello store;
- formazione continua del team.
In altre parole, occorre evolversi da titolare a imprenditore. Chi saprà investire in competenze oggi, domani sarà in grado di scegliere se vendere o crescere, e non di subire il mercato.
Un nuovo ciclo è già iniziato
Le operazioni di questi giorni sono solo il segnale di superficie di un movimento più profondo: il mercato farmaceutico sta entrando in una nuova fase evolutiva. Chi saprà leggere questi segnali, investire nel proprio capitale umano e rinnovare la propria visione strategica, non dovrà temere il futuro, ma potrà guidarlo.
