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In Inghilterra boom di vendite tra le catene? È il segnale che i modelli vanno aggiornati

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C’è un dato che arriva dall’Inghilterra e che merita più di una semplice lettura: nel 2025, riferisce un articolo di Pharmacy Scanner, il 71% delle farmacie messe in vendita appartiene alle catene. Un’inversione di tendenza significativa, perché a rivalutare la propria presenza sul mercato non sono più solo le indipendenti, ora è il turno znche dei gruppi più strutturati, quelli che negli ultimi dieci anni hanno puntato su acquisizioni, standardizzazione e logiche di scala.

Questo non rappresenta un campanello d’allarme in senso stretto, ma un segnale. Un segnale che dice: il contesto cambia, i modelli vanno aggiornati, la sostenibilità non nasce solo dalla dimensione ma dalla capacità di generare valore percepito dal territorio. La farmacia entra così in una fase nuova: una fase in cui non basta esserci, occorre essere rilevanti, riconoscibili, utili.

Il nuovo baricentro del retail: farmacista e cliente

Dentro questo scenario, emerge una verità semplice: il cuore del retail farmacia oggi sono due attori, il farmacista e il cliente. Tutto il resto — tecnologia, layout, assortimento, politiche commerciali — dovrebbe orbitare attorno a loro.

Il farmacista

È la risorsa più preziosa del canale: un professionista di prossimità, un punto di riferimento sanitario, l’interprete più attento dei bisogni reali delle persone. Per valorizzarlo davvero, i format devono offrirgli spazio, strumenti e contesto: ambienti che favoriscano la consulenza, processi che facilitino l’ascolto, una comunicazione capace di restituire al cittadino la profondità della sua competenza. E c’è un aspetto che merita attenzione: la formazione sulla relazione. Per troppo tempo ci si è concentrati soprattutto su aspetti tecnico-commerciali, mentre oggi i modelli di retail più evoluti investono in modo deciso sulle competenze relazionali, sull’empatia, sulla capacità di guidare il cliente lungo un percorso di salute. È questa la direzione che permette al farmacista di esprimere pienamente il proprio valore.

Il cliente/paziente

Non cerca solo prodotti. Cerca risposte, chiarezza, prevenzione, accompagnamento. E spesso non trova un modello che gli permetta di vivere la farmacia come luogo di salute continuativa. Per questo la sfida dei prossimi anni è chiara: creare format capaci di far incontrare questi due protagonisti in modo più efficace, soprattutto nell’ambito dei servizi. La farmacia dei servizi ha un potenziale enorme ma ancora inespresso. La normativa esiste, il bisogno è evidente, la domanda cresce. Eppure la farmacia dei servizi non ha ancora compiuto quel salto di scala che tutti aspettano. Non per mancanza di opportunità, ma per mancanza di un vero modello operativo. Un format orientato ai servizi dovrebbe prevedere:

  • ambienti dedicati alla consulenza e alla prevenzione;
  • percorsi chiari e visibili per il cittadino;
  • processi che semplificano la fruizione;
  • strumenti per valorizzare il ruolo del farmacista;
  • continuità tra prodotto, servizio e relazione.

Senza queste basi, la farmacia dei sÈervizi rimane un insieme di iniziative sparse, non un’identità riconoscibile.

Telemedicina e diagnostica di prossimità come leva per ridefinire il format

Una delle direzioni più interessanti riguarda l’integrazione sempre più diffusa di tecnologie di telemedicina e diagnostica rapida all’interno della farmacia. Strumenti capaci di restituire esiti refertati e parametri clinici immediati, utili per screening, monitoraggi e percorsi di prevenzione. Non si tratta solo di innovazione tecnologica, si tratta di una nuova modalità di relazione nella quale ogni rilevazione diventa occasione di dialogo, ogni dato rafforza la presa in carico, ogni monitoraggio consolida la fiducia del paziente nel farmacista. È un modo diverso di “fare retail”, perché trasforma il punto vendita da luogo di transazione a luogo di interpretazione della salute.

Conclusione: il futuro della farmacia appartiene a chi sa ascoltare

La trasformazione del settore non va temuta: va interpretata. Le dismissioni delle catene non raccontano un declino, ma un cambio di paradigma. Dicono che i modelli vanno ripensati, che la relazione va messa al centro, che la sostenibilità si costruisce attraverso i servizi e non solo attraverso i prodotti.

La farmacia del futuro nascerà dalla capacità di potenziare il farmacista, ascoltare i bisogni del cliente, progettare format che facilitino l’incontro tra competenza e persona, costruire servizi che accompagnino il cittadino verso la salute, giorno dopo giorno. Il futuro non è nell’omologazione. Il futuro è nella prossimità fatta bene, nella relazione che crea valore, in un modello di farmacia che sceglie di diventare — finalmente e concretamente — il vero hub della salute del territorio.

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