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Il Tar Lombardia: non c’è Pianta organica per il laboratorio galenico

Filiera

Non ci sono norme che vietano alle farmacie di ubicare il proprio laboratorio galenico in «locali di supporto» separati fisicamente e distanti dalla sede principale, anche oltre i confini della zona identificata dalla Pianta organica. A patto che questi locali costituiscano «un unicum a livello funzionale e organizzativo, cioè siano parte del complesso aziendale», e non sia consentito l’accesso al pubblico. E’ quanto afferma la sentenza con cui il Tar Lombardia ha accolto il ricorso di una farmacia milanese contro il provvedimento dell’Asl che le aveva negato l’autorizzazione ad allargare il proprio laboratorio in un immobile ubicato in un comune contiguo al capoluogo lombardo.

Il contenzioso risale all’ottobre 2018, quando la farmacia, specializzata nella produzione di preparati magistrali e di sacche per la nutrizione parenterale, chiede all’azienda sanitaria il permesso di trasferire parte della propria attività galenica in nuovi locali: i titolari dispongono già di due appartamenti nello stesso edificio dove ha sede la farmacia, ma lo spazio non basta più e quindi si punta a spostare una parte della produzione in nuovi locali, reperiti in uno stabile a uso artigianale che sorge a San Donato Milanese, nell’hinterland.

La richiesta rimane “parcheggiata” negli uffici dell’Asl per parecchi mesi, poi nel giugno 2019 l’Azienda sanitaria comunica alla farmacia la «sussistenza di motivi ostativi all’accoglimento» della domanda, anche sulla scorta di un parere del ministro della Salute risalente a maggio. «Il quadro legislativo in materia farmaceutica nel suo complesso» è la motivazione «non consente l’utilizzo di locali esterni alla farmacia e non collegati alla stessa. La sede farmaceutica è un unicum, anche dal punto di vista strutturale e logistico, deputato a fornire al proprio bacino di utenza l’assistenza farmaceutica nell’ambito del Ssn». In particolare, «nell’ordinamento non sono previste deroghe che consentano che parte della farmacia (ancorché non destinata all’accesso all’utenza) possa essere collocata al di fuori della sede assegnata».

La farmacia impugna il provvedimento di fronte al Tar Lombardia che nella sentenza del 22 aprile scorso (00659/2020) ne accoglie le tesi. «Da una disamina della normativa» scrivono i giudici «non si ricava affatto una chiara incompatibilità della separazione fisica di una parte del laboratorio galenico con la restante parte della farmacia, né si ricava la necessità che, ai fini del corretto espletamento del servizio farmaceutico, debba sussistere un collegamento fisico, oltre che funzionale, tra tutti i locali della farmacia, inclusi quelli che nulla hanno a che vedere con l’accesso degli utenti». In altri termini, la legge stabilisce che il decreto di autorizzazione all’apertura indica la località nella quale la farmacia deve avere sede ed è valido soltanto per quest’ultima, «ma senza ulteriori indicazioni preclusive di una articolazione della stessa su più locali non fisicamente collegati». D’altronde, «non è affatto essenziale per la corretta erogazione del servizio una continuità fisica fra tutti i locali della farmacia, purché vengano assunte iniziative e adottati modelli di gestione rispettosi delle norme tecniche di Buona conservazione e Buona distribuzione dei medicinali, che consentono di tutelare la sicurezza, la conservazione e l’integrità dei prodotti».

Il diniego dell’Asl, si legge ancora nella sentenza, si risolve quindi «nell’imposizione di un vincolo illogico e irragionevole alla libertà del farmacista, professionista e imprenditore, di organizzare la propria farmacia nel modo più efficiente, secondo la propria autonoma valutazione». Come ribadito anche di recente dalla giurisprudenza amministrativa, infatti, «la disciplina in tema di esercizi farmaceutici deve contemperare due esigenze, non sempre convergenti: da un lato quella all’organizzazione e funzionamento del servizio farmaceutico secondo modalità tali da garantire la sua conformazione a standard qualitativi adeguati, tenuto conto delle implicazioni rispetto alla tutela della salute degli utenti; dall’altro quella dei titolari degli esercizi farmaceutici a perseguire idonei livelli di redditività nell’attività farmaceutica e nell’esercizio del diritto di iniziativa economica di cui essa costituisce espressione».

Infine, concludono i giudici, non è pertinente al contenzioso la sentenza del Tar Puglia richiamata dall’Asl milanese come precedente: la questione esaminata in quel caso, infatti, riguardava l’erogazione di prestazioni analitiche di prima istanza in locali aperti al pubblico, un’eventualità che non si pone per il laboratorio galenico della farmacia milanese (la cui produzione verrebbe poi dispensata dalla farmacia in Milano e non altrove).

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