Il corso di laurea in farmacia è datato 2007. In quell’anno non si prospettava una crisi economica, la bolla dei sub prime non era ancora esplosa, l’iPhone era sul nascere e l’iPad solo in gestazione, i virus Sars ed Ebola lontani da noi, app ed evoluzione digitale in fieri. In sanità poi i cambiamenti in quel periodo sono stati rilevanti, sia nell’ambito della ricerca (pensiamo alle terapie Car.T), sia delle competenze professionali, che peraltro la pandemia Coronavirs ha ultimamente modificato. E allora, il bagaglio educativo fornito dal corso di laurea al neo farmacista è ancora valido, oppure merita di essere modificato?
Pensiamo all’offerta proposta dalle nuove frontiere della medicina. Durante la pandemia il 50% dei medici ha lavorato in remoto ed è passato dal 5 al 10% l’uso delle televisite, mentre in farmacia è entrata alla grande la ricetta elettronica e si sta diffondendo, seppur a macchia di leopardo, il Fascicolo sanitario elettronico (al momento se ne contano 18 milioni). E per quanto riguarda il cittadino? Il 79% dichiara di cercare in rete informazioni sui corretti stili di vita, il 74% sulle malattie e il 73% sui farmaci e terapie. Ancora qualche dato: l’Osservatorio Innovazione digitale in sanità, della School of management del Politecnico di Milano, ci informa che la pandemia ha dato una grande accelerata alla spesa per la Sanità digitale. Nel 2019 era cresciuta del 3%, raggiungendo 1,43 miliardi di euro, e oggi il 47% dei responsabili delle aziende sanitarie ritiene di dover aumentare gli investimenti. In particolare, il 37% delle strutture sanitarie sta sperimentando il tele-monitoraggio (27% nel 2019) e il 35% la televisita (15% nel 2019).
Grande sviluppo anche per le applicazioni: già molti medici consigliano ai pazienti app per migliorare attività fisica (44%), per ricordarsi i farmaci (36% dei medici specialisti e 37% dei Mmg) e per monitorare i parametri clinici (35% specialisti e 40% Mmg). E una buona percentuale poi è interessata a ricevere direttamente dai pazienti dati sui parametri clinici (51% degli specialisti e 30% dei Mmg) e sull’aderenza alla terapia (48% specialisti, 26% Mmg). Per non parlare di startup che offrono servizi e applicazioni in ambito salute (l’Osservatorio ne censisce 302 a livello internazionale) e che ricevono un finanziamento medio di 6,8 milioni di dollari, soprattutto per soluzioni che migliorano l’attività fisica (21,6 milioni), l’alimentazione (18,5 milioni) e la salute della donna e la gravidanza (12,7 milioni). Il futuro, quindi, ci riserva una grande sfida, il lento ma costante sviluppo delle terapie digitali, insieme alla diffusione di soluzioni tecnologiche nell’ambito della medicina preventiva, della gestione del paziente cronico e dell’aderenza terapeutica. Il 57% degli specialisti e il 50% degli Mmg, infatti, ritengono che le terapie digitali avranno un impatto rilevante nei prossimi cinque anni.
La farmacia può restare fuori da questa trasformazione digitale? L’Osservatorio Innovazione digitale in sanità del Politecnico indica proprio la farmacia come uno dei canali d’accesso ai servizi sanitari: il 24% del campione dei cittadini analizzati ha pagato visite o esami e ha ritirato i propri referti in farmacia, il 21% ha prenotato una prestazione, mentre risultano meno utilizzati i servizi di telemedicina in farmacia. Più interessanti in prospettiva risultano poi i servizi legati all’attivazione del Fascicolo sanitario elettronico (18%) e la consegna a domicilio dei farmaci (18%).
In generale, però, emerge una conoscenza limitata, se non addirittura assente, degli strumenti che permetteranno di utilizzare la tecnologia digitale, soprattutto nell’ambito delle competenze necessarie alla gestione dei Big data e dell’intelligenza artificiale (Ai), con il rischio di creare pericolose diseguaglianze digitali. “La costruzione di un ecosistema di Sanità connessa basato sulle soluzioni digitali in grado di generare dati, raccoglierli, integrarli e valorizzarli rappresenta la sfida principale del nostro sistema sanitario per i prossimi anni” afferma Paolo Locatelli, responsabile scientifico dell’Osservatorio. “Oggi è un ambito ancora da sviluppare, con pochi investimenti, competenze carenti e sistemi poco integrati e interoperabili. Per raggiungere questo obiettivo dovranno collaborare tutti gli attori del sistema salute, dalle istituzioni alle aziende ospedaliere, dai cittadini alle università e ai centri di ricerca”.
Ecco un obiettivo impellente anche per la farmacia, che peraltro da sempre si vanta di essere ben attrezzata sul piano della gestione informatica del farmaco: la Banca dati Federfarma, per esempio, è un punto di riferimento sui consumi, e la ricetta elettronica, la tracciatura del farmaco, l’informatizzazione di tutte le farmacie già ci pongono in pole position. È allora sul piano delle competenze universitarie che bisogna intervenire. Il cosiddetto “aggiornamento dei saperi”, peraltro, è un tema che sta a cuore alla Fofi e ai suoi dirigenti e, quindi, diventa consequenziale sollecitare il ministero dell’Università e Ricerca ad aggiornare il corso di laurea in farmacia. Un impegno sempre più urgente, perché l’accelerazione impressa dall’evoluzione digitale impone, anche alla formazione di base, di assicurare alla professione una crescita al passo con i tempi.