I mmg vogliono continuare a fare visite e ricette a distanza. Schoenheit: omnicanalità non più rinviabile

Filiera

I farmacisti titolari si rassegnino: una buona parte dei medici di famiglia che, nella fase 1, hanno tenuto aperti i loro studi soltanto alle visite prenotate e hanno fatto a distanza quasi tutti il resto (consulti, pareri diagnostici e soprattutto ricette, inviate per mail, sms o altro ancora) continuerà a lavorare allo stesso modo anche nella fase 2. Lo dice il sondaggio condotto su un campione di 740 medici di mg dall’Osservatorio sull’innovazione digitale in Sanità e dalla Fimmg, la Federazione italiana medici di medicina generale (il più rappresentativo tra i sindacati di categoria): il 51% dei generalisti dice di avere lavorato da remoto nella fase 1 e giudica positivamente l’esperienza, sia per quanto riguarda la condivisione di dati e informazioni sia per la velocità di risposta alle richieste urgenti. Ma soprattutto, la ricerca rivela che sono caduti barriere e pregiudizi sul digitale: se prima dell’emergenza il 56% dei mmg usava Whatsapp per comunicare con i pazienti, ora il 69% dice che utilizzerà piattaforme video per parlare a distanza con i pazienti.

Con l’epidemia, d’altronde, i medici hanno dovuto cambiare radicalmente modalità di lavoro: il 93% cita i consulti telefonici, l’86% ha dovuto riorganizzare l’attività in studio per limitare i rischi di contagio, il 75% ha modificato il rapporto con il paziente, il 73% ha cambiato modalità di valutazione dei problemi clinici, il 72% ha utilizzato più canali per gestire la relazione con l’assistito. Il 40% dei mmg, così, ritiene che questa esperienza di medicina “a distanza” sarà utile anche a emergenza finita, ma occorrerà migliorare le dotazioni: la maggior parte degli intervistati disponeva già di smartphone (88%) e pc portatile (73%), solo il 47% ha una connessione di rete sicura (Vpn) e il 27% è fornito di strumenti di call-conference.

Ma l’emergenza covid ha iniettato abbondanti dosi di digitale anche nella comunicazione medico-paziente. Sebbene e-mail, sms e Whatsapp fossero già impiegati diffusamente, lockdown e distanziamento hanno accresciuto l’interesse dei curanti per tali strumenti:  il 91% dei mmg vorrebbe utilizzare in futuro la posta elettronica per parlare con i propri pazienti, il 66% guarda a Whatsapp; tra gli specialisti, invece, esprime interesse per l’e-mail il 50% degli intervistati, il 29% cita gli sms, il 43% Whatsapp. Stessa apertura tra gli assistiti, come rivela un altro sondaggio condotto dall’Osservatorio assieme a Doxapharma: circa un quinto degli italiani dice che in futuro userà il digitale per parlare con il medico, soprattutto Skype (il 23% per comunicare con il proprio mmg e il 21% con lo specialista) o piattaforme proposte dal medico (24% mmg, 23% specialisti). «Affinché l’uso di queste piattaforme si possa diffondere in futuro» commenta Chiara Sgarbossa, direttore dell’Osservatorio innovazione digitale in Sanità «sarà molto importante che sia il medico stesso a proporle, in aggiunta ai canali fisici e tradizionali».

Sulle farmacie, così, plana l’invito a non aspettare una restaurazione che non ci sarà. E a lavorare invece nella stessa direzione che stanno imboccando i medici di famiglia. «Le nostre ricerche» spiega a Pharmacy Scanner Gadi Schoenheit, vicepresidente di Doxapharma «dicono che nella fase 1 una minoranza di farmacie – circa il 20% – ha saputo interpretare  il cambiamento in atto e ha fatto a sua volta ricorso a online e digital per comunicare con il paziente, consigliare prodotti e costruire una nuova relazione con il medico. Come ho detto si tratta di una minoranza, cui si contrappone una maggioranza che spesso ha fatto fatica. Ma nella fase 2 questa è la strada da imboccare».

In sostanza, anche per la farmacia è arrivato il momento di ragionare in termini di omnicanalità come già sta facendo la gdo. «Con la differenza» avverte Schoenheit «che in farmacia c’è un professionista: è su questa figura che va costruito il vantaggio competitivo con Amazon, non si può essere concorrenziali su e-commerce e home delivery se in mezzo non c’è la relazione professionale con il paziente. E’ una riflessione che oggi vale soprattutto per le piccole farmacie».

 

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