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Home delivery, da Cerveteri la case-history di una municipalizzata che ha saputo reggere allo tsunami di covid

Filiera

Rimettiamo il calendario indietro di quattro mesi: sono i primi di gennaio e voi, dopo un paio di anni di analisi e valutazioni, inaugurate con la vostra farmacia un nuovo servizio, il recapito a domicilio dei farmaci. Gratuito per anziani e mamme, a pagamento per tutti gli altri in base a una formula tipo Amazon Prime. Partite ai primi di gennaio, come detto, e otto settimane dopo scoppia il finimondo, cioè l’emergenza epidemica, le zone rosse, gli isolamenti e le quarantene. E-commerce e home delivery diventano la “risorsa rifugio” per milioni di italiani e i volumi di richieste e recapiti che nel vostro business plan pensavate di raggiungere in più di sei mesi si concretizzano da un giorno all’altro. E dopo appena due mesi dal via, vi ritrovate già a gestire decine e decine di consegne al giorno, da recapitare a clienti che risiedono non soltanto in città ma anche nel resto della provincia e pure oltre, visto che vendete anche via internet. Fosse una storia vera, meriterebbe di esser analizzata come una case-history di management della farmacia, uno “stress test” assolutamente non voluto dal quale altri farmacisti possono trarre riflessioni e indicazioni. E visto che in effetti quella di cui abbiamo parlato è proprio una storia vera, tanto vale allora approfondire con Claudio Ricci, amministratore unicoo di Multiservizi Caerite spa, la municipalizzata controllata al 100% dal comune di Cerveteri (in provincia di Roma) che ha in gestione le cinque farmacie pubbliche della città. E che, a gennaio, si era lanciata nell’home delivery per poi trovarsi davanti, due mesi dopo, lo tsunami del coronavirus.

Ricci, viene da dire che avete inaugurato il servizio in un momento che peggiore non si poteva…
Quando si dice il caso: avevamo iniziato la fase progettuale a settembre, per la fine dell’anno erano state fatte tutte le scelte operative, l’8 gennaio siamo partiti. E poi, sappiamo tutti quello che è successo.

Prima di parlare dell’epidemia passiamo in rassegna quelle che lei ha definito le scelte operative…
Cominciamo dai corrieri, allora. Avevamo due opzioni: affidarci a una delle tante società di delivery già presenti sul mercato oppure servirci di fattorini e mantenere internamente il controllo degli ordini. Abbiamo optato per quest’ultima opzione, perché vogliamo avere la regia della customer care: è nostro il database dei clienti, gestiamo noi la loro fidelizzazione, decidiamo noi su quali prodotti spingere.

Con cinque farmacie, come gestite gli ordini?
Abbiamo deciso di utilizzare la farmacia numero 5 come una sorta di hub, sul quale convergono tanto gli acquisti dal sito di e-commerce che abbiamo inaugurato ad aprile – Farmaci.me – quanto dal call center telefonico che può utilizzare chi ha poca dimestichezza con internet.

Tariffe per chi chiede l’home delivery?
Over 75 e mamme con bimbi fino a tre anni non pagano, per gli altri c’è un abbonamento annuale di 25 euro più 2,50 euro a consegna (che diventa gratuita sopra i 50 euro di spesa) e 1,50 euro se si richiede anche il passaggio dal medico per la ricetta. Queste tariffe sono frutto di ponderate valutazioni effettuate nella fase progettuale: quanti ordini gratuiti avremmo potuto gestire ogni giorno? Dove fissare quindi l’asticella e quali fasce di clientela tenere fuori dalla gratuità perché comincino a imparare?

Imparare che cosa?
Ci sono persone che non colgono il valore del tempo: con il recapito ti faccio risparmiare tempo, ti consento di utilizzarlo meglio a tuo beneficio. Giusto allora che si paghi per un servizio di questo genere.

E ora parliamo della disruption scatenata dall’epidemia…
Dico solo una cosa: oggi effettuiamo in media 60 consegne al giorno, numeri che nel nostro business plan pensavamo avremmo raggiunto soltanto a settembre-ottobre. Le consegne vengono effettuate dal lunedì al venerdì dalle 11 alle 13 e dalle 16 alle 17.30, il sabato dalle 9.30 alle 11.30.

Quante sono le richieste a pagamento?
Pochissime, in meno di quattro mesi si sono iscritti al servizio più di 460 utenti ma di questi il 99,4% appartiene alle fasce che usufruiscono della gratuità. Il 56,5% degli iscritti sono donne, l’età media è di 67 anni.

E le richieste di delivery dal sito?
Anche in questo caso poche, anche perché la piattaforma è online da meno di un mese. La maggior parte degli ordini passa ancora dal call center.

E come avete fatto a reggere allo tsunami di queste settimane? Con le dovute proporzioni, la gdo è stata messa al tappeto…
E’ solo una questione di organizzazione. Inizialmente avevamo messo su e-commerce e delivery due persone, un farmacista dedicato alla gestione del sito e degli ordini e un corriere iperspecializzato che gestiva il ritiro ricette e consegnava. Eravamo pronti a incrementare gli addetti, ma ci ha salvati il nre.

In che senso?
Con la dematerializzazione del promemoria, non c’è quasi più bisogno di passare dal medico per ritirare la ricetta. Nel nostro business plan avevamo previsto che questa incombenza avrebbe assorbito il 25% dei costi complessivi del servizio di delivery, perché chi si reca in studio non è detto che venga ricevuto subito, il medico si dimentica di fare la ricetta e così via. Ora che basta inviare il pdf della ricetta o il nre, i costi legati a questo adempimento sono crollati al 5%. E così, chi prima si occupava soltanto di raccogliere le ricette può coprire oggi anche le consegne.

In questo momento l’online sta tirando parecchio. Una volta finita l’emergenza che accadrà?
Non si tornerà indietro, il progressivo spostamento della farmacia sul digitale è irreversibile. E’ il motivo per cui abbiamo lanciato a gennaio l’home delivery e ad aprile il sito di e-commerce. Anche se consideriamo quest’ultima risorsa complementare all’offline.

Nessun piano di crescite vertiginose nel digital?
Guardi, l’unica leva per avere successo nell’online è il marketing: investo 200 e ne porto a casa 201. Non è ciò che ci interessa: il nostro obiettivo è quello di utilizzare home delivery e commercio a distanza come strumenti complementari che sostengono il conto economico delle nostre farmacie. Ora che c’è l’emergenza epidemica, poi, diventano anche un’opportunità per gestire il distanziamento sociale e gli accessi, oppure per venire incontro ai timori dei più anziani».

 

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