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Gli italiani riscoprono il negozio, ma il negozio deve capire gli italiani

Consumatore

E’ vero, c’è un problema tra la gente ma non è quello di cui parla l’omino Conad. E’ qualcos’altro: torna a crescere la fiducia degli italiani per l’esercizio di prossimità, per il negozio di vicinato, ma tra le aspettative con cui il consumatore entra nel punto vendita e quella che poi è l’esperienza concreta rimane un gap, un che di insoddisfatto. E’ quanto emerge dall’indagine internazionale Total retail survey 2017, che Pwc ha condotto per la parte italiana su un campione rappresentativo di oltre mille individui.

 

La prima evidenza a emergere netta è che gli italiani tornano a tributare al negozio i consensi di un quadriennio fa: il 51% delle persone intervistate, infatti, dichiara di fare acquisti (alimentari esclusi) in un punto vendita del retail quotidianamente o almeno una volta alla settimana; è una percentuale inferiore soltanto di due punti a quella registrata nell’edizione 2013 della survey, ma rispetto ai due anni seguenti, 2014 e 2015, è un recupero considerevole.

Attenzione però: la ricerca di Pwc riferisce anche di un’evoluzione nelle aspettative degli italiani. Oggi infatti il consumatore, quando entra in un punto vendita del retail, si attende innanzitutto che gli addetti alla vendita mostrino «una profonda conoscenza dei prodotti». L’esigenza è citata nel 73% delle risposte (multiple) provenienti dagli intervistati, seguita dalla richiesta di ricere «offerte real-time e personalizzate» (70%) e poter «verificare rapidamente la presenza del prodotto in un altro negozio oppure online».

Ed ecco il problema: l’esercizio di prossimità riscuote consensi, ma quando i consumatori devono dichiarare il proprio livello di soddisfazione rispetto alle attese espresse, emerge un’evidente distanza. Qualche esempio? Il 73% del campione mette in testa alle proprie preferenze la conoscenza dei prodotti da parte del personale addetto alle vendite, ma solo il 58% sostiene di avere avere avuto riscontri in linea con l’aspettativa; il 70% vorrebbe offerte personalizzate e in tempo reale, solo il 45% afferma di avere trovato quanto voleva. Attenzione poi: un’analisi delle risposte per genere, rivela che sono le donne le più esigenti in materia di servizio, ed è un dato da non sottovalutare visto che le donne sono anche coloro che più spesso acquistano in farmacia.

La conclusione cui invitano i dati, è che oggi i retailer devono cambiare orizzonti e priorità. «Finora» spiega Erika Andreetta, partner Pwc e consulting leader Italia per il consumer «l’attenzione degli operatori era concentrata sulla distribuzione geografica dei punti vendita e sul merchandising, per avere il giusto assortimento sullo scaffale. Oggi invece la prima domanda da porsi è se il team sia allineato per affrontare le nuove priorità». In altri termini, occorre investire sulle competenze, anche digitali: il personale di vendita deve rispecchiare il cliente e se un retailer non è rivolto agli strumenti social e digital, non risulterà attrattivo per le generazioni meno anziane.

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