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Furti in farmacia di nuovo in crescita. E le differenze inventariali costano al retail 3,5 mld all’anno

Filiera

Tornano a crescere, in Italia, i furti ai danni delle farmacie del territorio: 570 nel primo semestre del 2022, +1,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno passato, e 974 nel 2021, +4,3% sui dodici mesi precedenti. È la fotografia che arriva dall’ultimo Rapporto dell’Ossif, l’Osservatorio intersettoriale sulla criminalità istituito dall’Associazione banche italiane (Abi) e partecipato tra gli altri da Federfarma, Confcommercio, Federdistribuzione e Poste italiane. L’andamento è in controtendenza rispetto ai tre anni precedenti, nei quali si sono sempre registrati numeri in calo, ma il totale dei casi registrati rimane comunque il più basso dal 2015, eccezion fatta per il 2020 che però è stato l’anno del lockdown (vedi sotto).

 

 

A livello territoriale la Lombardia si conferma la regione più colpita con 194 furti nel 2021, seguita da Lazio (128) e Campania (120), che mostra l’incremento più significativo sul 2020 (+43%). Undici le regioni che evidenziano una contrazione rispetto al 2020, con le prime tre posizioni occupate da Marche (-62%, da 34 a 13 episodi), Puglia (-32%, da 56 a 38) e Piemonte (-11%, da 97 a 86). A livello provinciale, invece, sono Milano e Roma le più colpite nel 2021, con 115 e 110 episodi rispettivamente. Il territorio del capoluogo lombardo è anche quello che mostra la recrudescenza più cospicua (+60%), a Roma invece i furti restano stabili. Seguono le province di Napoli con 87 casi (+47%), Torino con 50 (-22%) e Catania con 43 (+169%).

 

 

I dati dell’Ossif offrono un resoconto attendibile del gravame rappresentato dai furti in farmacia, ma non mappano il fenomeno parallelo e ugualmente oneroso delle cosiddette differenze inventariali, ossia gli ammanchi di prodotti e merce da addebitare a furti esterni (in particolare il taccheggio) e furti interni (addetti e personale) oltre che a rotture ed errori. Qui l’unica fonte disponibile è il Rapporto sulla sicurezza nel retail di Crime&Tech (spin off dell’università Cattolica del Sacro Cuore) e Transcrime, i dati però hanno il difetto di risalire al 2020 e considerare un ventaglio di canali del commercio che non comprende la farmacia. L’indagine, in ogni caso, rivela che nel retail (gdo compresa) le differenze inventariali pesano per l’1,41% del fatturato annuo complessivo, ossia circa 3,5 miliardi di euro.

 

Cause delle differenze inventariali secondo la survey Crime&Tech

 

Secondo il Rapporto (che si avvale di due fonti, una survey online cui hanno partecipato 33 gruppi aziendali del retail e della gdo e un database di oltre 150mila eventi criminali registrati nei punti vendita tra il 2019 e i primi sei mesi del 2021) le perdite inventariali sono causate il più delle volte da furti esterni e in misura minore da errori amministrativi, da furti interni o da scarti e rotture. Tra i furti esterni, a loro volta, il caso più frequente è il taccheggio, quindi il furto di necessità e il furto con scasso. Infine, tra i taccheggi la modalità preferita è la rimozione delle etichette con allarme radio o elettromagnetico, seguita dal grab and run (prendi e scappa) e dall’occultamento della refurtiva nei vestiti o in borse o zaini. «Rimane minoritario» osserva il Rapporto «l’uso di borse schermate, anche se in questi casi il valore economico della merce rubata è solitamente maggiore». Dal 2019 al 2021, dice ancora il Rapporto, Campania, Abruzzo e Lombardia sono le regioni dove i taccheggi hanno registrato le incidenze maggiori.

 

Sistemi usati per superare i controlli, anni 2019-2021

 

Tra le misure di sicurezza, infine, la più adottata a livello di punto vendita è la videosorveglianza (97% del campione della survey), seguono i sigilli alle porte e i controlli alle uscite di emergenza (90%), le barriere antitaccheggio (87%), i servizi di doorman o portierato (84%) e i sistemi di allarme gestiti da terze parti (84%). Per quanto riguarda le misure di protezione dei singoli prodotti, le più utilizzate sono le etichette antitaccheggio (83% dei rispondenti), quindi gli scaffali chiusi o le vetrine (54%).

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