Farmacisti, Unioncamere e Almalaurea: carenza sempre più grave e senza inversioni

Filiera

I laureati dell’indirizzo chimico-farmaceutico (quindi farmacisti e Ctf) sono in assoluto la categoria per la quale segnala difficoltà di reperimento il maggior numero di imprese: le riporta il 77% delle aziende che li cercano secondo l’aggiornamento di giugno dell’Indagine Continua di Unioncamere sulla domanda di lavoro nelle imprese italiane. Nessun’altra categoria si avvicina a tale valore: i laureati con indirizzo sanitario e paramedico vengono dati per carenti dal 63,8% delle imprese che li cercano, i diplomati con indirizzo elettronico ed elettrotecnico risultano di difficile reperimento per il 63,6% delle aziende, seguono gli elettricisti con il 62,3% e i meccanici con il 61,4%.

L’indagine di Unioncamere (l’unione delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura) si basa su questionari inviati a cadenza mensile a oltre centomila imprese per raccogliere le loro stime sul fabbisogno di occupati per il trimestre a seguire. In particolare, alle imprese vengono richieste tre categorie di dati: situazione dell’occupazione (dipendente e non) alla data dell’ultimo aggiornamento delle fonti amministrative; contratti attivati per figura professionale e/o eventuali cessazioni previste nel trimestre successivo al mese di rilevazione; caratteristiche delle figure professionali previste in entrata nel corso del trimestre successivo al mese di rilevazione; tra le domande, una chiede esplicitamente se per le figure ricercate sussistono difficoltà di reperimento e quali sono i motivi (ridotto numero di candidati, inadeguatezza della formazione o delle competenze, altre ragioni).

All’indagine di giugno hanno partecipato 107.800 imprese, sulle quali però Unioncamere non fornisce indicazioni di dettaglio a parte la dimensione (il 70% di quelle che cercano farmacisti ha meno di dieci dipendenti). Non è quindi possibile sapere se e quante farmacie siano state coinvolte nella rilevazione, ma poiché si sta parlando di laureati dell’indirizzo chimico-farmaceutico il quadro che ne emerge dà comunque un’indicazione attendibile delle dimensioni del problema.

 

Unioncamere, nel 2023 difficile trovare farmacisti per il 73% delle imprese

 

Ma il censimento di Unioncamere è utile anche a ricavare una mappa delle carenze a livello regionale. L’indagine Continua, infatti, alimenta il sistema informativo Excelsior per l’occupazione e la formazione, una banca dati dove le risposte ai questionari mensili di Unioncamere vengono incrociati con i database di Inps e altri enti istituzionali. Ebbene, nel 2023 riferiva di difficoltà di reperimento della figura di farmacista (categoria Istat 2.3.1.5, relativa alle professioni che «applicano la conoscenza farmacologica nella preparazione, nella distribuzione e nella vendita di medicamenti e di farmaci, preparano o dirigono la preparazione di farmaci e di medicamenti prescritti da medici e veterinari seguendo le formulazioni stabilite, ovvero li distribuiscono in ospedali e farmacie») il 73% delle imprese intervistate, ma a livello regionale la media mostra oscillazioni significative (vedi mappa).

 

In Trentino il tasso più alto di aziende che non trovano farmacisti

Elaborazione Pharmacy Scanner su dati Sistema Excelsior di Unioncamere

 

Le cose sembrano andare meglio in Calabria e Marche, dove le imprese che segnalano difficoltà nel reperire farmacisti sono “solo” il 68 e il 69% rispettivamente; vanno decisamente male, invece in Trentino Alto Adige, dove lamentano carenze di personale laureato l’82% delle imprese, e in Veneto, dove la percentuale arriva al 77% (assieme all’Abruzzo).

Ma dai dati di Unioncamere relativi al 2023 e al giugno 2024 emerge anche un’altra evidenza, e cioè che sono sempre di più le imprese che fanno fatica a trovare farmacisti (lo segnalava il 73% delle aziende intervistate nel 2023, sono il 77% quest’anno). La carenza di personale laureato, in sostanza, sembra aggravarsi piuttosto che ridursi e l’ultimo Rapporto Almalaurea su profilo e condizione occupazionale dei laureati italiani parrebbe confermarlo: nel 2023, dicono i dati, dalle facoltà di farmacia e Ctf sono usciti poco più di 4mila laureati, oltre mille in meno rispetto a quanti se ne sfornavano nel 2018.

 

Rapporto Almalaurea, laureati in Farmacia e Ctf in costante calo

 

Sempre meno laureati, in sostanza, che anche per questo trovano sempre più facilmente lavoro: il tasso di occupazione a un anno supera l’84%, quello a cinque anni arriva al 91%. La retribuzione mensile netta, dal canto suo, raggiunge in media i 1.478 euro per gli occupati a un anno dalla laurea e i 1.709 euro (sempre medi) per gli occupati a cinque anni. Quanto alle caratteristiche del lavoro, dopo cinque anni dispone di un contratto a tempo indeterminato il 71% degli occupati, il 9,1% ne ha uno a tempo determinato, il 5,6% ha un’attività in proprio.

 

Inps, retribuzione media all’ingresso di un farmacista

 

A fronte di una carenza di laureati che anziché affievolirsi pare aggravarsi, diventa allora urgente avviare una riflessione sulle soluzioni da mettere in campo per invertire la tendenza. A smuovere le acque (sin troppo stagnanti, finora) aveva provveduto alcuni giorni fa Assofarm, l’associazione delle farmacie pubbliche, che per bocca del suo presidente, Luca Pieri, aveva messo sul tavolo tre proposte: innalzamento dei livelli retributivi dei farmacisti dipendenti, per «spingere i giovani a immaginare il proprio futuro professionale nelle farmacie private e pubbliche»; sviluppare meccanismi di welfare aziendale «che offrano benefit tangibili paralleli al salario e possano migliorare la qualità della vita dei dipendenti»; infine introduzione della figura dell’Assistente del farmacista, «figura già collaudata in altri Paesi europei e da creare attraverso una laurea breve». Reazioni delle altre sigle della filiera? Nessuna, a parte quelle (negative) delle associazioni dei non titolari.

«I dati che arrivano da Almalaurea e da Unioncamere non mi sorprendono» commenta Giulio Muro, head hunter di Profili ed editorialista di Pharmacy Scanner «e si spiegano con due ordini di motivi: primo, l’Italia è un paese che fa pochi figli, tutte le statistiche dicono che l’andamento negli anni potrà soltanto peggiorare, quindi pochi profili qualificati sul mercato che avranno molte offerte di lavoro con un potere negoziale nei confronti dei datori di lavoro molto forte; secondo, il canale farmacia, come tanti altri, necessita di un forte lavoro di Employer Branding a livello nazionale, bisogna cioè prima modificare alcune condizioni del mercato del lavoro (retribuzione, inquadramento, welfare) e poi riuscire a comunicarlo alla platea dei potenziali candidati. Si dice che le catene sono più brave a reclutare delle farmacie indipendenti, ma non è così: anche queste ultime possono essere competitive sul mercato del lavoro e conosco diversi farmacisti titolari che si stanno impegnando e, non senza difficoltà, stanno nuotando nella grande vasca del “cambiamento”».

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