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E ora ChatGpt studia da piattaforma “social”: quali opportunità per la farmacia

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Sta facendo chiacchierare parecchio addetti ai lavori e non la notizia, circolata nei giorni scorsi sulle riviste di informatica, secondo la quale  nel codice della versione beta (pre-lancio) della nuova app di ChatGpt figurerebbero funzioni che lasciano presagire – per la piattaforma AI più famosa al mondo – una svolta “social”. Stiamo parlando di strumenti come profili utente, sistema di messaggistica, notifiche, stanze di conversazione e altro ancora, elementi cioè che appartengono più agli ambiente di networking che a un assistente virtuale. Non c’è ancora un annuncio ufficiale, ma i segnali emersi finora sono piuttosto chiari: a quanto pare ChatGpt, da strumento di dialogo tra uomo e intelligenza artificiale potrebbe diventare uno spazio dove gli utenti interagiscono tra loro, con l’AI a fare da mediatore.

È un’evoluzione rilevante: l’intelligenza artificiale si trasformerebbe da interlocutore “intelligente” a infrastruttura sociale, un luogo di incontro e scambio. Una svolta che, se confermata, avrebbe conseguenze profonde per tutti i settori, compreso quello della farmacia. Finora infatti la piattaforma di AI ha svolto le funzioni di un personal assistant: gli facciamo una domanda, lui risponde. Una relazione privata, lineare, senza altri interlocutori. Una versione “social” cambierebbe tutto: il sistema permetterebbe a più utenti di dialogare tra loro, creare gruppi tematici e scambiarsi informazioni, con l’AI a semplificare, riassumere, collegare. Un luogo dove la conoscenza non passa più solo dall’algoritmo, ma anche dalla comunità che lo abita.

Per OpenAI, la società che ha lanciato ChatGpt, la scelta risponderebbe a una logica precisa: oltre a prolungare il tempo di permanenza degli utenti, una piattaforma con funzioni social favorirebbe la creazione di contenuti condivisi, aumenterebbe la raccolta di dati utili a migliorare i modelli e aprirebbe nuove forme di monetizzazione, come community verticali o stanze premium. In altre parole, trasformerebbe l’intelligenza artificiale in un ecosistema vivo, non più soltanto un servizio.

Per le farmacie, l’impatto potenziale di una simile evoluzione sarebbe significativo. Immaginiamo che una farmacia possa avere un profilo ufficiale su ChatGpt con tanto di nome, logo, descrizione, orari. Un paziente potrebbe contattarla direttamente su tale profilo per chiedere consigli, informazioni o prenotare un servizio. Potrebbe ricevere notifiche, partecipare a discussioni su temi di salute, seguire la farmacia in spazi dedicati. Sarebbe un modo nuovo per coltivare relazione, fiducia e prossimità, con un canale che unisce la praticità del digitale alla competenza umana del farmacista.

Resta però un principio fondamentale: la farmacia vive del rapporto diretto con il cliente, e il punto vendita rimane il cuore dell’esperienza. Per questo, se sistemi di questo tipo dovessero realmente affermarsi andranno comunque progettati con estrema precisione, strategia e competenza, affinché il digitale non diventi un nemico per la relazione che ogni farmacista ha con il cliente, ma la sostenga e la valorizzi, trasformandosi in un ponte capace di portare le persone all’interno del punto vendita.

In uno scenario di questo tipo, la farmacia potrebbe affermarsi come un nodo attivo all’interno di un ecosistema di conversazioni intelligenti. Possiamo immaginare per esempio un paziente entrare in una “stanza” dedicata al benessere intestinale, al sonno o alla prevenzione cardiovascolare, porre domande e ricevere risposte dalla farmacia, magari integrate dal supporto di un assistente AI che filtra, riassume e contestualizza. La farmacia diventerebbe così un punto di riferimento non solo fisico, ma cognitivo: una presenza autorevole e accessibile anche nel mondo digitale.

L’altra opportunità riguarda la dimensione professionale: un ChatGpt social potrebbe ospitare vere e proprie community di farmacisti, spazi di confronto e aggiornamento continuo. Con l’aiuto dell’AI, le conversazioni verrebbero sintetizzate, organizzate e collegate ad articoli, linee guida o corsi di formazione. Sarebbe una forma di apprendimento collaborativo, più dinamico e immediato rispetto ai modelli tradizionali.

Naturalmente, non mancano le criticità. Le conversazioni tra farmacista e paziente coinvolgono dati altamente sensibili, e proprio qui si giocherà la partita più delicata. Sarà indispensabile definire regole precise su privacy, consenso e responsabilità professionale, evitando che l’intelligenza artificiale possa rispondere in autonomia a domande di natura clinica o gestire informazioni personali senza adeguate tutele. È verosimile che, se la piattaforma dovesse davvero evolvere in chiave social, l’ostacolo principale sarà proprio questo: trovare un equilibrio tra innovazione tecnologica e rispetto di un ambito che, giustamente, resta tra i più regolamentati.

Anche la gestione operativa rappresenta una sfida: un canale attivo di messaggistica va presidiato con continuità, con tempi di risposta e ruoli definiti. Oltre a questo si intravede un forte rischio di disinformazione, tema che abbiamo cominciato a conoscere tutti con i social “classici” e che in spazi aperti può diffondersi rapidamente.

Tornando a noi, come sempre il vero pericolo, per la farmacia, non è il cambiamento ma l’inattività. Chi resta fermo rischia di essere tagliato fuori da un’evoluzione che sta ridisegnando il modo in cui le persone si informano, comunicano e si prendono cura di sé. È quindi il momento di osservare, sperimentare e prepararsi. Cominciamo a costruire competenze di base sull’intelligenza artificiale, alleniamoci a comunicare in modo conversazionale, impostiamo procedure interne e sperimentiamo costantemente per scoprire ogni novità del mondo AI.

Guardando più avanti possiamo anche immaginare un ecosistema in cui farmacie, medici e pazienti convivono nello stesso spazio digitale, scambiandosi informazioni e costruendo percorsi di salute condivisi. Ma naturalmente sono ipotesi: quando una tecnologia evolve così velocemente non sappiamo quale traiettoria che potrebbe prendere. Ciò che è certo invece è che la farmacia, per la sua natura di presidio territoriale e punto di fiducia, può diventare l’interfaccia umana di questa rete, quella che traduce la complessità tecnologica in consigli semplici e concreti ricoprendo ancora e sempre il ruolo di guida del cittadino nel proprio percorso di ricerca e mantenimento della propria salute.

Forse ChatGpt non diventerà mai un social nel senso tradizionale del termine, ma la direzione sembra tracciata: l’intelligenza artificiale sta passando da semplice strumento a vero e proprio contesto, da assistente personale a piattaforma di relazione. Per la farmacia questo rappresenta uno stimolo a evolversi, a ripensare il proprio modo di dialogare. In futuro non si tratterà più soltanto di comunicare, ma di costruire e gestire conversazioni sul tema della salute, creando connessioni autentiche e community attorno ai bisogni reali delle persone.

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