Distribuzione intermedia: razionalizzazioni e servizio differenziato per uscire dalla crisi

Filiera

Fino a oggi le farmacie sono state “viziate” dai grossisti della filiera con livelli di servizio – si vedano le 3-4 consegne giornaliere – che non hanno eguali negli altri comparti del retail. Ma le criticità che oggi gravano sulla distribuzione intermedia obbligheranno presto le aziende del settore a una ristrutturazione dei costi, a cominciare dalla chiusura di alcuni magazzini e dalla riduzione delle consegne. Lo ha detto Paolo Bertozzi, partner e head of industry pharma di TradeLab, intervenendo alla II Convention nazionale di Farmà Plus, il network del gruppo Farvima che raggruppa 250 farmacie indipendenti concentrate principalmente nel Centrosud.

Di salute del comparto intermedio si è parlato parecchio nell’evento siciliano (oltre 430 le presenze), dove farmacie e aziende del pharma si sono confrontate sui temi che caratterizzano l’attualità di filiera. «La parola chiave oggi è “coopetizione”» ha detto Gaetano Cardiel, il presidente di Sofad (la cooperativa cui fa capo Farmà Plus) «vogliamo essere assieme all’industria catalizzatori di open innovation con l’obiettivo di fare della farmacia la leva di una vera territorializzazione del Ssn».

Open innovation significa anche guardare alle nuove frontiere della tecnologia senza pregiudizi: «La farmacia non deve avere paura dell’Intelligenza artificiale» ha detto Renato De Falco, vicepresidente del gruppo Farvima «perché invece può supportarla nella crescita. Oggi il farmacista non può più limitarsi alla dispensazione ma sulle nuove competenze della professione pesa il problema del personale che manca».

Ma quali sono le criticità che più impensieriscono le aziende della distribuzione intermedia? «A parte costo del denaro e aumenti di energia e materie prime» ha detto Mirko De Falco, amministratore delegato del gruppo Farvima «l’attenzione è puntata sulla crescita della complessità che caratterizza il nostro scenario: le farmacie continuano a sgomitare per uno 0,20 in più o in meno, le catene si stanno dotando di ce.di per gestire una quota crescente dei loro ordini (Hippocrates e Dr.Max, ndr), l’online erode fette crescenti di mercato».

Come se il contesto non fosse già abbastanza “sfidante”, le aziende della distribuzione devono poi fare i conti con margini risicati e livelli di indebitamento elevati, che discendono dagli investimenti e dalle immobilizzazioni della merce stoccata. «Integrazioni e acquisizioni, così come la chiusura dei magazzini ridondanti, sono l’evoluzione che ci si deve attendere» ha spiegato Paolo Bertozzi «ma arriverà presto anche il momento in cui i distributori cominceranno a selezionare, facendo pagare il servizio alle farmacie meno fedeli».

Acquisizioni e fusioni, ha continuato Bertozzi, agevoleranno la formazione di oligopoli, ma costringeranno anche le farmacie a interrogarsi sempre più spesso sull’opportunità di acquisti meramente speculativi. «Bisognerà fare più attenzione da chi si va a comprare quando non si ordina dal proprio distributore di riferimento» è il ragionamento «perché se il distributore è associato a un altro network si rischia di fare il gioco di un concorrente». Occorrerà fare attenzione anche all’online: «Oggi il canale digitale vale circa il 6,5% del mercato commerciale della farmacia» ha ricordato Bertozzi «è una dimensione che ne fa un competitor da tenere sotto osservazione».

Quanto alla “exit strategy” con cui liberarsi dall’attuale morsa rappresentata da indebitamento ed erosione dei margini, i piani di Farvima vanno a incidere su logistica e retail assieme: automazione dei magazzini, ampliamento del network Farmà Plus, sviluppo della marca privata. «Vogliamo rendere più efficienti le nostre strutture per portare valore alle farmacie clienti» ha detto ancora Mirko De Falco «e puntiamo a investire sul brand Farmà Plus per incrementarne la riconoscibilità del network tra i consumatori e lavoriamo sulla private label per differenziare la nostra offerta».

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