L’autunno è ancora di là da venire ma sono già in tanti, tra gli addetti ai lavori, a ritenere che per la filiera farmaceutica la stagione entrante sarà decisamente “calda”. Almeno per il comparto che oggi rappresenta senza ombra di dubbio la sua componente più fragile, ossia la distribuzione intermedia, alla quale qualcuno ha già appiccicato l’etichetta di “grande malata” del sistema (quella che sino a pochi anni fa era attribuita volentieri alla farmacia).
Esagerazioni? A passare in rassegna i bilanci 2022 di alcuni tra i principali distributori del farmaco non parrebbe: sugli otto che abbiamo selezionato (vedi tabella sotto) due chiudono l’anno in passivo (Alliance Healthcare e Unico) e gli altri mostrano utili che – con la sola eccezione di Unifarm – equivalgono a meno dell’1% dei ricavi totali. Stessa valutazione riguardo al margine operativo, ossia il parametro che misura la redditività di un’azienda e dunque i risultati della gestione caratteristica.
A confronto i conti 2022 di otto aziende della distribuzione farmaceutica
Ed è proprio questa considerazione che motiva gli attuali allarmi: i ripetuti rialzi impartiti dalla Bce al costo del denaro (lo ricordiamo, dallo 0 al 4% in 12 mesi) hanno martoriato il settore della distribuzione intermedia che rischia di ritrovarsi a fine anno con l’acqua alla gola se non peggio. Non c’è dunque da stupirsi se, alla ripresa post-vacanze, siano tornate a circolare voci di interventi sui costi delle consegne alle farmacie o sugli interessi applicate alle dilazioni. Tra giugno e luglio si erano già mosse Cef e Sofarmamorra, ora altri grossisti stanno facendo le loro riflessioni e nelle settimane a venire potrebbero uscire allo scoperto.
«Quello che arriva sarà un autunno molto difficile per il comparto» ammette Walter Farris, presidente di Adf (Associazione distributori farmaceutici) «prima il covid, poi la guerra, i prezzi delle materie prime e il costo del denato hanno messo in ginocchio la sostenibilità del comparto. Ci siamo rivolti ripetutamente al Governo per ottenere ristori o crediti d’imposta, ma finora senza successo. Intanto le aziende continuano a tirare la cinghia e a fare leva su quello che c’è. La filiera deve rendersi conto che uno dei suoi segmenti fa acqua, finisce per fare acqua tutto il comparto».
«Ci aspetta senz’altro un autunno caldo» aggiunge Antonello Mirone, presidente di Federfarma Servizi «perché i fattori di crisi che hanno caratterizzato la prima parte dell’anno non si sono attenuati ma semmai acuiti. E così, nelle nostre vesti di amministratori di cooperative, dobbiamo intervenire per ripristinare la sostenibilità delle nostre aziende. E le opzioni nel nostro caso sono due: o si ribalta una parte dei costi sulla filiera a valle, oppure si taglia il livello di servizio, con un inevitabile peggioramento della qualità».
Per entrambi i presidenti, in particolare, è probabile che nei mesi a venire si intensificheranno gli interventi volti a razionalizzare la rete dei magazzini e dei depositi. Anche se, osserva Mirone, le cooperative hanno a disposizione un’alternativa che è già oggetto di valutazioni. «Grazie al nostro comune dna di cooperative» spiega «potrebbe risultare più facile mettere a punto collaborazioni e condivisioni di risorse con cui evitare ridondanze e duplicazioni. Magazzini e consegne condivise aiuterebbero a ridurre i costi senza intaccare il livello di servizio e nell’ambito della nostra associazione abbiamo già aperto alcuni tavoli per approfondire progetti e soluzioni».