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Deloitte: nella farmacia del futuro poca logistica del farmaco e molta medicina

Filiera

È mattina presto, Sam si sta lavando i denti prima di iniziare la sua solita giornata di lavoro. Il suo spazzolino intelligente rileva la presenza nella bocca di un principio d’infezione da Streptococcus pyogenes, che ancora non si è manifestata con il classico mal di gola. Tramite wi-fi, lo spazzolino invia un campione digitale del batterio al centro analisi, che conferma la diagnosi e trasmette a sua volta una segnalazione al medico curante. Nello stesso istante, l’assistente vocale dell’impianto domotico di Sam gli consiglia di tenere a bada i sintomi andando a prendere dal frigorifero, anche questo collegato al sistema intelligente della casa, uno yogurt a base di probiotici. Di lì a poco, il medico prescrive al computer una singola pillola di farmaco, formulata espressamente per attaccare il ceppo rilevato dallo spazzolino; la ricetta viene inviata alla farmacia ospedaliera competente per territorio che stampa il farmaco in 3D e lo recapita a Sam con un drone.

Non è fantascienza: è come potrebbero andare le cose in un domani neanche troppo lontano mettendo assieme tutto ciò che il progresso tecnologico ci prefigura oggi. Un’anticipazione del domani che verrà di cui si serve la società di ricerche Deloitte per immaginare contenuti e spazi della farmacia del futuro nel suo report  “The future of pharmacy – Disruption creates transformative opportunities and challenges”.

L’assistenza sanitaria, è l’assunto da cui prende le mosse il dossier (esemplificato nella parabola del nostro Sam), sarà stravolta dai cambiamenti che conquiste tecnologiche e intelligenza artificiale scateneranno a ritmo sempre più serrato: strumenti Iot (internet of things) come specchi intelligenti, spazzolini smart e servizi igienici sensorizzati invieranno in tempo reale dati e parametri sanitari mentre giriamo per casa o facciamo la toilette; nuove app per smartphone trasformeranno i nostri cellulari in veri strumenti diagnostici portatili, che individueranno e monitoreranno patologie come il diabete o le infezioni del tratto urinario; l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico, alimentati da enormi set di dati interoperabili, rivoluzioneranno i percorsi della ricetta medica. Risultato: la medicina di precisione consentirà trattamenti oggi impensabili, robot e droni permetteranno di recapitare i farmaci a casa dei pazienti ed entro la giornata, e a provvedere non saranno più le farmacie del territorio ma le strutture sanitarie (ospedali, case di comunità) che coordinano l’assistenza di primo livello.

La farmacia, in sostanza, rischia di essere disintermediata e i farmacisti, che oggi dedicano «una quantità sproporzionata del loro tempo» a ordinare scatolette e contare pillole, verrebbero messi nell’angolo da una nuova medicina – terapie digitali, pillole stampate in 3D con dosaggi personalizzati, editing genetico, nanofarmaci e via a seguire – che rivoluzioneranno non solo le cure, ma anche la filiera distributiva. Bando al pessimismo però, perché per Deloitte le novità che si prospettano offriranno ai farmacisti del territorio l’occasione per trovare nuovi ruoli. Di più, daranno loro l’opportunità di figurare nell’ecosistema delle cure primarie, occupandosi di prevenzione, educazione sanitaria, consulenza su farmaci e vaccinazioni, gestione delle cronicità e altri servizi cognitivi.

La chiave, spiega il rapporto, sta nel progressivo invecchiamento della popolazione, che comporterà un aumento della domanda di assistenza e quindi del fabbisogno di medici, che il sistema farà fatica a soddisfare. Il farmacista, quindi, potrà legittimamente candidarsi a vicariare il mmg in compiti che oggi competono a quest’ultimo come l’assistenza di base e la presa in carico di patologie come diabete, ipertensione e asma. «Questo richiederà modifiche normative», ammette il rapporto, ma è indubbio che oggi la figura del farmacista viene sempre più spesso riconosciuta tra quelle che erogano cure e il dilemma se consentire o meno a questo professionista di prescrivere è tema di discussione in molti Paesi.

Per Deloitte, in particolare, si possono ipotizzare per il farmacista del territorio tre aree di futura specializzazione: digitale, clinica e comportamentale. Il farmacista digitale aiuterà pazienti e fornitori a selezionare, implementare e gestire terapie digitali e soluzioni non farmacologiche, come i cosiddetti superalimenti; il farmacista clinico si specializzerà nella gestione e trattamento di malattie complesse e di pazienti “policronici”, con una profonda conoscenza della genetica; il farmacista comportamentale, infine, si dedicherà alla salute mentale e agli stili di vita necessari per rimanere in salute.

La farmacia, è in sostanza la predizione che arriva da Deloitte, è destinata a evolversi verso ruoli che oggi non sono neanche del tutto immaginabili e di certo non appartengono alla sensibilità dei legislatori. La tradizionale funzione di luogo per la dispensazione al dettaglio di farmaci potrebbe perdere d’interesse nel futuro prossimo, a vantaggio di funzioni strettamente connesse all’erogazione di cure e assistenza di concerto (ma forse anche in competizione) con le altre figure sanitarie del territorio. La digitalizzazione sarà il volano principale di tali trasformazioni e in tale contesto il farmacista potrà affermarsi nel ruolo di intermediatore verso quelle persone (anziani in particolare) che faranno fatica a utilizzare le tecnologie digitali o si rifiuteranno di farlo.

«Sono ormai anni che sentiamo parlare di Iot e stampanti 3D che, anche a domicilio, produrranno su misura quanto occorre al paziente» commenta con un po’ di scetticismo Alessandro Orano, ceo di di Skills Management «ma finora applicazioni concrete e realmente impattanti ancora non si sono viste. Direi quindi che Deloitte disegna un futuro molto lontano per noi, anche perché per gli italiani la relazione umana resterà a lungo fondamentale e su quello lo spazio a disposizione del farmacista finirà addirittura per ampliarsi. Certo non ci si potrà limitare a dispensare passivamente farmaci ma ci si dovrà ritagliare un ruolo sempre più importante di pilastro fondamentale dell’assistenza territoriale. E qui, quando Deloitte parla di intermediazione, non sbaglia: ci vorrà sempre un professionista della salute per aiutare il paziente/cliente a fare prevenzione, capire in profondità una terapia, fare uno screening, integrare la cura con altri prodotti (integratori, personal care). Il futuro sarà ricco di opportunità».

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