Datamatrix, le incombenze delle farmacie: tutto quello che si sa, che non si sa e che andrà capito

Filiera

Identificativo univoco, attivazione e disattivazione, validazione. Sono i nuovi vocaboli con cui le farmacie dovranno familiarizzare da qui al 9 febbraio, quando entrerà in vigore il nuovo sistema di tracciatura europeo basato su datamatrix (o qrcode che dir si voglia). Il decreto legislativo approvato in via preliminare dal Governo l’altra settimana ha fatto uscire il tema dai tavoli di lavoro istituzionali cui era rimasto finora circoscritto e l’ha ribaltato sugli operatori della filiera. Si è così scoperto che, per quanto il sistema fosse in uso già da un lustro in una ventina di Paesi europei e da un decennio fosse noto che nel 2025 sarebbe stato il nostro turno, in Italia a oggi sono pochi a saperne e molti a saperne ben poco (Federfarma ha persino avviato un sondaggio tra gli associati per appurare il livello di preparazione). E così, per capire quali ricadute – economiche e organizzative – farmacie e imprese del settore rischiano di dover sopportare, non c’è altro che andare in giro a chiedere e mettere poi assieme – non senza alea – le mezze risposte che si ottengono.

Partiamo dalle farmacie: a quanto pare, sono quelle che nella transizione da bollino (adesivo del Poligrafico) a identificativo univoco (il datamatrix stampato sulle scatole di farmaci con e senza ricetta a cura dei produttori) dovrebbero patire i minori disagi; come già avevamo scritto, ci sarà necessariamente un periodo di “interregno” in cui circoleranno contemporaneamente vecchie e nuove confezioni, quindi i farmacisti dovranno disporre di apparecchi in grado di leggere entrambi i codici. «Tutti i lettori più recenti possono già farlo» assicura a Pharmacy Scanner Alessandro Avezza, country manager di Cgm Italia «diciamo che la farmacia che ha scanner non più vecchi di due o tre anni può stare tranquilla. Chi non ce l’ha o vuole aggiungerlo a qualche nuova postazione, è bene che contatti il proprio fornitore per verificarne la funzionalità». E in ogni caso, un nuovo modello ha costi che oscillano tra i cento e i trecento euro. «Se lo scanner in dotazione è un modello con lettore fornito di telecamera allora non servono adeguamenti» conferma Daniele Barbato, project manager di Pharmagest Italia «può darsi che qualche titolare al momento dell’installazione abbia fatto disattivare la lettura 2D, ma nel caso basta farla riattivare».

Questo però lato hardware, perché riguardo alle possibili ricadute (e costi) lato software resta un grosso punto interrogativo. «A oggi mancano i decreti attuativi e le specifiche tecniche» osserva Avezza «siamo nel buio più totale e temiamo che ancora una volta le risposte ci arriveranno soltanto sul filo di lana. In ogni caso, finché non sappiamo quale lavoro ci aspetta, non possiamo stimare i tempi di rilascio e quindi il rispetto della scadenza prevista». «Siamo coinvolti nei tavoli istituzionali» aggiunge Barbato «ma i punti ancora da chiarire sono tantissimi».

Restano al momento senza risposta anche i dubbi originati dalle esperienze maturate dai Paesi dove il sistema di tracciatura europeo è già in uso da un quinquennio. In Germania, per esempio, nel primo anno di operatività sono stati registrati più di 25mila falsi positivi, cioè confezioni che hanno fatto scattare l’allarme da contraffazione quando il farmacista ha passato allo scanner l’identificativo univoco; ai successivi controlli sono risultate genuine (errori umani o ritardi nel primo caricamento dei codici datamatrix, è stato poi appurato) ma per diversi mesi i farmacisti tedeschi hanno avuto il loro daffare. E ce l’hanno avuto anche i colleghi francesi: Oltralpe la transizione al sistema europeo è partita con circa un anno di ritardo ed è transitata per una fase di rodaggio particolarmente lunga, nella quale le farmacie hanno sperimentato ripetuti rallentamenti dell’archivio centrale degli identificativi, che costringevano ad attendere diversi minuti prima che il gestionale autorizzasse la dispensazione della scatoletta.

Discorso a parte, come è già stato detto nel precedente articolo, per le farmacie-grossiste: Regolamento Ue e decreto legislativo, infatti, dicono a chiare lettere che quando la confezione transita non da distributore a farmacia che la rivende ma da distributore a distributore (incluse le farmacie con autorizzazione 219), chi movimenta è tenuto a verificare l’autenticità del codice univoco od annullarlo (disattivarlo) se il medicinale è un reso commerciale, se è da avviare alla distruzione, se è destinato a essere venduto in mercati extra Ue o altri casi ancora. Di conseguenza, grossisti e farmacie con 219 dovranno essere attrezzate per ottemperare a tali obblighi, pena sanzioni decisamente pesanti, il che significherà oneri non indifferenti per l’hardware (ma secondo diverse fonti la maggior parte delle aziende sarebbe già pronta) e riorganizzazioni del personale e del lavoro interno non indifferenti.

Quanto ai problemi tecnici di cui s’è detto, che non tutti siano stati risolti lo ammette anche la Relazione del 4 luglio scorso con cui la Commissione Ue ha riferito al Parlamento europeo su falsificazione dei medicinali e azioni di contrasto: attualmente, si legge, in sei Stati membri è consentito alle farmacie di distribuire le confezioni anche se il sistema ha rilasciato un alert, mentre altri «hanno istituito sistemi nazionali paralleli di gestione degli avvisi». I dati diffusi nel marzo scorso da Emvo (l’ente europeo che riunisce i gestori nazionali degli archivi dei codici e amministra il database centrale) dicono poi che in sette Paesi il tasso degli alert lanciati dal sistema oscilla tra lo 0,16% e l’1,17% (in sostanza, da uno a dieci allarmi circa ogni mille scatole scansionate, quando l’obiettivo a livello Ue è di avere un tasso non superiore allo 0,05%).

Comunque la si veda, resta il fatto che l’ingresso nel sistema datamatrix non è eludibile: sempre secondo i dati Emvo del marzo scorso, in tutti i Paesi che hanno adottato la tracciatura Ue sono più di 4.100 i grossisti collegati e 116mila le farmacie; infime invece le percentuali di coloro che sono rimasti fuori: appena lo 0,023% dei grossisti e lo 0,013% delle farmacie.

Meglio allora concentrarsi sulla parte del bicchiere mezza piena: come hanno confidato a Pharmacy Scanner alcuni dei tecnici che stanno lavorando alla transizione, il nuovo sistema aiuterà le farmacie a gestire in modo più efficiente i loro stock, perché al contrario degli attuali bollini del Poligrafico il datamatrix stampato sulle confezioni recherà anche lotto e data di scadenza del prodotto; di conseguenza, chi ha il magazzino robotizzato o si organizzerà per leggere gli identificativi anche in entrata (anziché solo in uscita, cioè all’atto della dispensazione) potrà ordinare gli stock non solo per referenza ma anche per lotto e periodo di validità; sarà quindi più facile monitorare i prodotti in scadenza e – con i distributori organizzati allo stesso modo – non sarà più possibile dare resi al grossista sbagliato. Stesso discorso per ciò che concerne le movimentazioni destinate al commercio parallelo e quelle del cosiddetto “grey”: poiché il Regolamento prescrive che gli unici identificativi che i distributori non devono verificare e disattivare (in uscita) o attivare (in entrata) sono quelli delle confezioni che transitano nella filiera verticale (produttore-grossista-farmacia-paziente), tutti i farmaci che prendono sentieri diversi verranno tracciati e lasceranno un’impronta. Un po’ di trasparenza in più che non dovrebbe guastare.

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