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Cross-selling e rotture di stock, l’Sos del cliente “paziente”

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Gran bella cosa il crooss-selling, una di quelle attività che può garantire il win-win, cioè entrambi vincitori, sia il farmacista, sia il cliente. Ovviamente se ne apprezzano i risultati quando questa tecnica viene utilizzata come servizio professionale aggiuntivo, che consente al cliente di soddisfare i propri bisogni a tutto tondo, e non quando diventa mera strategia di vendita, per far lievitare lo scontrino e ingolfare di prodotti il dissanguato acquirente.

Mi racconta un amico che è andato in montagna a sciare e si è fermato in una farmacia lungo la risalita. Bravissimo il farmacista, dice, perché lo ha assistito con cura e competenza, “ma in quella farmacia non ci tornerò più”, confessa. E perché mai? “Perché il farmacista è stato troppo bravo: mi sono fermato per acquistare un solare d’alta quota e mi ha rifilato prodotti per 380 euro”. Creme, solari, doposole, pomate per eventuali contusioni e così via, con un’abilità che il frettoloso amico non è riuscito ad arginare. “Potevi rifiutare tanta offerta” preciso. “Ma avevo fretta” replica “e poi era così gentile e competente che mi sembrava di umiliarlo ma, soprattutto, non pensavo mi costasse tanto”.

Certo, il troppo storpia. Soddisfare i bisogni del cliente consigliando il prodotto complementare all’acquisto originale, evidenziando i benefici della proposta aggiuntiva, significa completare l’atto di vendita in modo professionale. Ma può bastare una semplice informazione sulla disponibilità di altri articoli accessori per far nascere l’intenzione all’acquisto, senza insistere troppo. Perché il cross-selling è una tecnica da usare con discrezione, senza esagerare, e il cui successo deriva unicamente dalla soddisfazione del cliente (e non da quella del cassetto). È così che si consolida la relazione con il pubblico e si fidelizza il cliente.

E già che ci siamo, consentitemi un’altra osservazione. Capita anche al cronista di aver bisogno di un farmaco e di doversi quindi recare in farmacia. Ma, si sa, questa professione obbliga spesso a viaggiare e, pertanto, non sempre ci si può recare nella propria usuale farmacia, dove essendo un cliente abituale, abituale lo diventa anche quel determinato farmaco (quindi presente e disponibile). Altrove, invece, è un problema. E così capita ormai sovente di faticare a trovare subito il prodotto desiderato e di essere obbligati a ripetuti doppi viaggi: l’invito ormai usuale, infatti, è di tornare nel pomeriggio, o qualche ora dopo, giusto il tempo di far arrivare il farmaco dal grossista.

Capisco la necessità di non ingolfare il magazzino, capisco l’opportunità di non immobilizzare il capitale, ma attenzione a non esagerare con le rotture di stock: obbligare il paziente a ritornare più volte per trovare un farmaco non è certo un buon servizio. Anche qui forse va trovata la giusta via di mezzo, se si vuole competere con il nuovo che avanza e che certi errori è abituato a non fare.

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