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Covid-19: niente sarà più come prima. E la farmacia?

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È una tempesta perfetta quella provocata dal Coronavirus, i cui effetti non mancheranno di modificare il comportamento e le aspettative di tutti, cittadini, lavoratori e operatori sanitari. Pensiamo a quanto il distanziamento sociale e il lockdown hanno modificato il nostro modo di vivere e di lavorare, l’accesso agli ospedali e alle strutture sanitarie -farmacie comprese- gli stessi rapporti con i medici. Nulla sarà più come prima e, inevitabilmente, ci ritroveremo in un nuovo scenario.

Nuovo sarà anche il modo di proporre e di fare sanità, tutto ancora da definire. Ma rimaniamo in ambito farmacia: Nre, ricetta elettronica sia rossa sia bianca, home delivery, locker, nuovi servizi digital, omnicanalità, sono i primi passi verso innovativi modelli di servizio, che sottendono un diverso scenario operativo. La farmacia si è sempre adattata ai tempi, si è evoluta insieme alla società e si è conformata alle aspettative del paziente/cliente. Il quale oggi dimostra di avere nuove attese, anche perché i rischi alla salute causati dal Covid-19 lo hanno reso più reattivo nei confronti della propria salute e più pretenzioso nei riguardi di un sistema sanitario che oggi vuole più presente ed efficiente. E lo stesso sarà anche nei riguardi della farmacia.

La sua domanda è di una sanità più preventiva (la pandemia ci ha trovato impreparati), maggiormente personalizzata (pensiamo ai nuovi farmaci ad personam) e partecipata, con operatori sanitari coordinati in partnership. Basta, allora, silos e compartimenti stagni, professioni chiuse, mancata collaborazione tra medici e farmacisti (quanto triste il contenzioso sui vaccini). Ma dire basta non basta, bisogna arricchire la professione di nuove competenze, pilastri a sostegno di nuovi ruoli. La storia ci consegna immagini di un farmacista preparatore, poi educatore sanitario e soprattutto dispensatore del farmaco, ma domani?

Bello e giusto pretendere il ritorno di tutti i farmaci in farmacia, ma non si possono dimenticare i nuovi traguardi scientifici, i farmaci innovativi, i biologici, i farmaci agnostici, destinati a percorrere altre strade. Così come non va sottovalutata l’avanzata irruenta dell’e-commerce, o la presenza di Amazon Pharmacy, momentaneamente tamponata dalla legge che vieta le vendite online dei farmaci di prescrizione. Ma, si sa, le leggi cambiano e sempre seguono le richieste della società e del consumatore.

Ecco, allora, le domande da farsi: il farmacista sarà sempre e solo distributore? Il cittadino avrà sempre bisogno di questa farmacia o da un “sanitario” laureato pretenderà altro? O anche altro, nel senso che essere esperti del farmaco va bene, ma forse non basta più, serviranno altre funzioni. Sono domande che bisogna incominciare a farsi, per non diventare obsoleti o farsi prendere in contropiede. E la recente diatriba all’interno della categoria su alcune innovazioni -tipo le vaccinazioni in farmacia e l’home delivery- dimostrano la difficoltà a guardare avanti. Le innovazioni, giuste o sbagliate che siano, vanno affrontate, analizzate, verificate e non aprioristicamente rigettate. Forse sarà il caso di considerare la “Farmacia dei servizi” con meno pigrizia, o supponenza, e meditare sulla necessità di “darsi una smossa”.

Dopo il Coronavirus neppure la farmacia potrà essere come prima. Forse dovrà diventare vero presidio territoriale (nei fatti e non a parole), capillare e accessibile ben più delle Case della salute, efficace nella prevenzione e nella cura dei piccoli disturbi, terminale per screening e termometro della situazione sanitaria sul territorio. Queste novità rappresentano certo un pericolo, ma anche una speranza. Comunque sia è un errore continuare a guardare indietro, alzare barriere a difesa di superate rendite di posizione, rimpiangere un passato che non tornerà più. Perché solo guardando avanti la farmacia potrà costruire il proprio futuro.

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