Comunicare male, un lusso che la farmacia proprio non può permettersi. Soprattutto nei servizi

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L’ultima analisi di Sellout Garage sulle parole chiave più utilizzate dagli italiani quando cercano online le farmacie che fanno servizi, pubblicata da Pharmacy Scanner il 28 luglio, e prima ancora l’indagine del Censis per Federfarma sulle opinioni dei nostri connazionali riguardo alla farmacia, dicono entrambe la stessa cosa: i farmacisti comunicano male. Su internet usano parole chiave errate, linguaggi freddi e testi che non intercettano i bisogni del cliente. E dal vivo, al banco, la situazione non cambia molto: spesso ci si affida all’improvvisazione, senza alcuna competenza specifica di comunicazione.

Eppure, la farmacia oggi non è un’istituzione chiusa in se stessa. È un punto vendita, un’impresa retail che compete con altri canali e che, come tutti i retailer, dovrebbe investire su marketing, linguaggio, relazione. Dire che i siti delle farmacie sono “brutti” o “inadeguati” è riduttivo. Il vero problema è che dietro quei siti manca cultura comunicativa.

I contenuti online sembrano scritti per soddisfare il farmacista, non il cliente. Al banco, il dialogo con il cittadino spesso si riduce a una transazione: farmaco–scontrino–arrivederci. Nelle aziende del retail, invece, si studia come comunicare: dall’uso delle parole al tono di voce, fino alle tecniche di customer care. In farmacia questo investimento raramente esiste.

Il risultato? Siti web inutili e interazioni deboli, incapaci di generare fiducia e fidelizzazione. Molti siti di farmacia sono cloni: template standard, foto stock, testi generici. Non guidano il cliente, non raccontano i servizi, non generano traffico. Peggio ancora, trasmettono l’idea che la farmacia non abbia nulla di originale da dire.

Negli ultimi anni ho sempre sottolineato come il sito web sia spesso considerato dalla farmacia come un “di più”, quando invece dovrebbe essere un’estensione naturale del farmacista: uno strumento per spiegare, rassicurare, creare percorsi chiari, per poter lavorare 24 ore su 24 attraverso il web, che non dorme mai. Attivando strategie vincenti, grazie al digitale si può fare davvero tanto.

Se la farmacia vuole crescere, deve iniziare a ragionare come qualsiasi altra impresa retail.

  • Formazione: i farmacisti devono imparare a comunicare. Non basta la competenza scientifica. Servono competenze innovative di interazione, storytelling, tecniche di relazione.
  • Strategia: il sito web non può essere un bigliettino da visita online. Deve essere un canale vivo, con call to action, prenotazioni, reminder, servizi spiegati con esempi concreti.
  • Coerenza: ciò che il cliente trova sul sito deve essere lo stesso che percepisce al banco.

Non mancano i tentativi di supporto: Federfarma, attraverso il proprio portale e i servizi digitali, offre strumenti e linee guida per aiutare i farmacisti a comunicare meglio. Eppure, troppo spesso questi strumenti non vengono sfruttati. È come avere a disposizione una cassetta degli attrezzi e lasciarla chiusa in un cassetto.

Il problema, ancora una volta, non è la mancanza di risorse, ma la carenza di una vera cultura comunicativa: senza la consapevolezza che comunicare è parte integrante del lavoro quotidiano, nessun portale o manuale potrà davvero fare la differenza.

Oggi la farmacia ha un’urgenza: smettere di considerare la comunicazione un accessorio. Che sia online o al banco, è ciò che fa la differenza tra chi vende un prodotto e chi costruisce una relazione. Se la cultura comunicativa resta al palo, altri player (marketplace, piattaforme digitali, parafarmacie online) continueranno a farsi strada sul web a discapito delle farmacie. Comunicare male è un lusso che la farmacia proprio non può permettersi.

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