Collaboratori, con carenze volano le partita iva. Esperti: farmacie più sensibili su qualità del lavoro

Filiera

Il Corriere della Sera, in un articolo di qualche settimana fa, ha provato a fare una stima: sarebbero circa 200 i posti vacanti nelle farmacie italiane, che titolari e catene fanno fatica a coprire a causa della carenza di laureati gravante sul canale da un paio di anni almeno. E se un tempo alla farmacia che aveva bisogno di assumere bastava il passaparola per trovate un buon numero di candidati, oggi colmare i buchi in organico è un vero calvario. Basti dire che il quotidiano milanese, nell’articolo del 23 maggio di cui parliamo, contava sulla pagina web “Lavora con noi” di Dr.Max 15 posizioni scoperte, su quella di NeoApotek 32 e su Boots sette. Siamo tornati a consultare le stesse pagine a una ventina di giorni di distanza e la situazione resta più o meno la stessa: Dr.Max annovera attualmente 14 proposte di lavoro, NeoApotek 27, Boots sempre sette (tre da direttore e quattro da farmacista collaboratore).

Il problema assilla anche le catene che attualmente sono in via di sviluppo (Farmagorà, per esempio, riporta sul suo sito quattro posizioni scoperte) e ovviamente le farmacie indipendenti, sulle quali per fare numeri servirebbero indagini ben più laboriose.

Che all’origine di tutto ci sia un eccesso di domanda (da parte delle farmacie) a fronte di un’offerta sempre più asfittica (di farmacisti che cercano occupazione in farmacia) è un fatto ormai acclarato. Ma sono da registrare anche l’evoluzione che, sempre nell’offerta, stanno progressivamente emergendo proprio in virtù della discrasia di cui s’è detto. La più importante: sono sempre meno i farmacisti collaboratori che cercano un’assunzione a tempo indeterminato e sempre di più quelli che, invece, preferiscono lavorare a partita iva. Lo hanno detto i due ceo di Hippocrates, Davide Tavaniello e Rodolfo Guarino, in una recente conferenza stampa e lo confermano a Pharmacy Scanner addetti ai lavori ed esperti.

«È vero» ammette Emanuele Mormino, coach e fondatore di Pharmaway «soprattutto i più giovani preferiscono oggi lavorare in farmacia da libero professionista piuttosto che da dipendente. La paga oraria è migliore, di un terzo abbondante, e se si usufruisce del regime dei minimi il netto diventa più conveniente. In più c’è la flessibilità – puoi anche lavorare in più farmacie – e disponi di una forza contrattuale maggiore».

«Questa non è la realtà che osservo io» ribatte Giuseppe Chiappetta, amministratore di Lavorare in farmacia srl, società bresciana specializzata nel recruiting «è vero piuttosto che se un tempo la partita iva era la scelta abituale di chi preferiva fare poche ore in farmacia, oggi invece è la strada preferita da chi vuole essere indipendente e lavorare molto».

«Attenti a dire che lavorare a partita iva è meglio» avverte dal canto suo Santo Barreca, responsabile gestione e sviluppo di Unica, la rete di Unico spa «è vero che tra la paga oraria base di un collaboratore dipendente e quella di un libero professionista ballano circa dieci euro, però oggi chi assume a tempo indeterminato è ormai solito offrire a un farmacista con una buona esperienza superminimo, bonus e benefit. E non dimentichiamo che in caso di malattia il dipendente ha i giorni pagati, il collaboratore a partita iva no. Insomma, ognuno faccia bene i suoi calcoli».

Resta comunque il fatto che, attualmente, le farmacie hanno meno difficoltà a trovare una partita iva piuttosto che un tempo indeterminato. «Io credo che dobbiamo affrontare la realtà» osserva Barreca «oggi lavorare in farmacia non attrae più come prima. Covid ci ha messo il suo, ma anche il prolungamento degli orari ha peggiorato la situazione: i giovani hanno altre priorità, non tutti hanno voglia di stare al banco fino a sera o il sabato e la domenica. Se i titolari di farmacia non si sforzano di capirlo, dal problema non si esce».

Concorda Mormino: «Oggi molti farmacisti considerano il lavoro in farmacia aberrante e preferiscono cercare altro. Pesa l’allargamento degli orari, ma anche la pigrizia di parecchi titolari che non hanno saputo cogliere per tempo il cambiamento e non si sono attrezzati. Urge armarsi di un’altra sensibilità verso i bisogni personali dei propri collaboratori: distanza dal posto di lavoro, bambini da recuperare a scuola eccetera. E ciò significa organizzare meglio i turni, assicurare una rotazione adeguata, considerare le esigenze di tutti. Oggi non si può più trascurare il concetto di qualità dell’ambiente di lavoro».

«Su formazione e gestione dei collaboratori non c’è ancora una cultura diffusa» è il parere di Chiappetta «soprattutto le piccole farmacie non sono abituate a investire sull’aggiornamento. D’altronde, nella maggior parte dei casi la formazione la ricevono in regalo, dalle aziende del comparto».

«So di farmacie dove ci sono tre titolari associati e un solo collaboratore» interviene di nuovo Barreca «oggi non si può più evitare di chiedersi quali siano le opinioni di quest’ultimo sull’ambiente in cui lavora». Altro tema oggi non più trascurabile, quello della progressione di carriera. «Nelle farmacie con più di cinque dipendenti si possono immaginare percorsi orizzontali» osserva Barreca «ma nei colloqui di lavoro che facciamo per le nostre farmacie quello della carriera è un tema toccato da quasi tutti i candidati. Molti, per esempio, si inforamno sulla possibilità di dividere l’orario di lavoro tra banco e direzione di rete. Oggi la farmacia è un’impresa che deve sforzarsi di capire cosa vogliono i suoi collaboratori e qual è la loro scala di valori».

 

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